Room No.7: recensione del film di Lee Yong-seung
La recensione di Room No.7, il film di Lee Yong-seung, film di chiusura dell'edizione numero 16 del Florence Korea Film Fest
La sedicesima edizione del Florence Korea Film Fest si è conclusa con la proiezione di Room No.7, una commedia thriller con cui il regista Lee Yong-seung combina irriverenza, comicità e drammi quotidiani per costruire una narrazione avvincente e dai continui plot twist.
Room No.7 combina irriverenza, comicità e disperazione quotidiana in una narrazione avvicente
Doo-sik è un ragazzo di mezza età in difficoltà economica: la sua attività di noleggio dvd per coppie in cerca di un po’ di intimità non va esattamente a gonfie vele e la ricerca di acquirenti interessati a rilevare il locale procede molto a rilento. Insieme a lui lavora Tae-jung, un giovane ragazzo in cerca di indipendenza dai genitori, anch’essi pieni di debiti. Per provare a dare nuovo sprint all’attività, Doo-sik assume un nuovo impiegato che, per un fortuito incidente, rimane ucciso in una delle salette private. Il proprietario del negozio cerca di salvare il possibile e nasconde il cadavere nella camera numero 7: proprio la stessa dove Tae-jung ha celato una partita di droga, per fare un favore allo strozzino con cui si è fortemente indebitato. Il gioco che si innesca tra i due procede a ritmo serrato in una disperata corsa contro il tempo.
Lee Yong-seung si mette alla prova con Room No.7, il suo secondo lungometraggio, per portare sullo schermo una vera e propria fuga dal destino, in cui varie storie personali e diversi linguaggi cinematografici e non solo. Il tono comico non è mai tralasciato, nell’alternanza tra episodi da slapstick e battute più linguisticamente elaborate. Il momento dei disperati tentativi di svitare i lucchetti che chiudono la misteriosa stanza 7, i piedi che continuano a spuntare dalla valigia, il personaggio del commissario che ricorda in modo molto marcato l’ispettore Gadget: questi sono solo alcuni dei divertenti sketch che tengono il ritmo costante lungo tutto il film. La comicità del film, però, non risiede solamente nei momenti più evidentemente ridanciani. Al contrario, il regista sceglie anche di costruire personaggi singolari, a cui non si può non voler bene nonostante tutto. A partire dai due protagonisti il carico di inadeguatezza alla vita sociale è subito chiaro, ma sono anche i personaggi collaterali ad apportare un notevole grado di caratteri improbabili: il commissario dal lungo impermeabile, il cameriere del bar con cui Doo-sik o, ancora, la carrellata di umanità varia che passa per i locali del negozio, tra cui la timidezza impacciata del giovane apprendista di origine cinese svetta sopra gli altri.
Il film è popolato da personaggi singolari, a cui non si può non voler bene.
A questo tono comico si giustappongono momenti thriller, non solo a livello di pura sceneggiatura, ma anche con sequenze dal grado di suspense crescente. Il ricordo del volto della giovane vittima e l’ansia claustrofobica scaturita dalla possibilità di restare intrappolati in una stanzetta buia e umida, per esempio, sono tra le immagini ad alto carico thrilling. Non sempre convincente nello svolgimento della trama, Room No.7 nutre lo spettatore con un ritmo forsennato che rischia quasi di confondere gli astanti, facendo leva anche su una palette cromatica tale da rendere le immagini che scorrono sul grande schermo parte integrante della sala cinematografica. Gli interpreti dei protagonisti, inoltre, esprimono al meglio le loro capacità attoriali rendendo giustizia a due personaggi all’apparenza semplici e lineari, a tratti ridicoli, ma dalle complesse stratificazioni date dal bagaglio di esperienze e di emozioni che ognuno di loro porta sulle spalle. E che costituisce anche il motore principale che li porta a compiere certe azioni e a decidere di continuare a lottare per salvarsi dal mondo e forse anche da se stessi.