Russell Howard: Lubricant – recensione dello show comico Netflix

Tra i pregi principali di Netflix c’è sicuramente quello di aver sdoganato da un lato i documentari (permettendo la visione di prodotti altrimenti invisibili, candidati agli Oscar compresi), e dall’altro le stand-up comedy, ovvero gli spettacoli comici in cui i performer di turno snocciolano il loro repertorio solitamente all’interno di un teatro / palazzetto davanti ad un pubblico attivamente coinvolto. La cosa più vicina a questa forma d’arte in Italia la vediamo grazie a Zelig, anche se si tratta perlopiù di sketch della durata di 8-10 minuti.
Il comedian da stand-up invece si esibisce di norma per un’ora o poco più, e predilige la satira corrosiva, ai limiti dell’offesa. Il britannico Russell Howard ha raggiunto la definitiva consacrazione grazie proprio ad uno show diffuso su Netflix nel 2017 intitolato Recalibrate, in cui satireggia tra gli altri la Regina Elisabetta e Trump, tirando in ballo argomenti quali pedofilia, terrorismo e bestialità di vario genere. Eppure la sua è una comicità improntata all’ottimismo, come dimostra anche il nuovo Lubricant, su Netflix dal 14 dicembre.

La risata è il lubrificante che rende la vita vivibile

Russell Howard: Lubricant - Cinematographe.itSu Netflix sono presenti al momento qualcosa come 250 stand-up, ma Russell Howard: Lubricant rappresenta una novità assoluta: lo speciale è infatti suddiviso in due parti, Lubricant e Finché potremo. Un’ora di stand-up pura, girata all’Apollo Theatre di Londra, e un’ora di documentario sul momento più difficile della carriera di Howard: la cancellazione del suo tour a causa della pandemia di Covid-19. Un’approfondimento, quest’ultimo, inusuale, dettato anche dalla volontà di ragionare sul senso del suo lavoro in assenza di performance live.

Come molti altri comici, anche Howard – tra le pieghe del suo umorismo surreale – inserisce piccole lezioni morali, scoperchiando i torti della nostra società. Se in Recalibrate l’invito era quello a “ricalibrare” (per l’appunto) il nostro modo di pensare, in Lubricant l’obiettivo è sottolineare l’importanza della risata, anche e soprattutto alla luce degli ultimi due anni di restrizioni e paura. Si scherza su chi ancora non si è vaccinato (“No Vax è il nome che diamo a tutte le persone che sono morte”), si deride Boris Johnson e si spara a zero su razzismo e omofobia.

Tra palco e lockdown: la comicità come ancora di salvezza in Russell Howard: Lubricant 

Russell Howard: Lubricant - Cinematographe.itIl fuoco incrociato non risparmia neanche la sua famiglia o se stesso (Howard è affetto da uno strabismo piuttosto marcato, ma lui preferisce parlare più affettuosamente di lazy eye, “occhio pigro”), ed è interessante constatare come quindi la sua irriverenza non faccia prigionieri. Tutti possono – e, anzi, devono – poter essere presi in giro su tutto, e oltre alle parole conta molto anche la fisicità. Quello di Russell Howard è un vero e proprio “corpo comico”, la mimica facciale e la gestualità assumono un ruolo fondamentale. È un gioco che sembra costruito essenzialmente sull’improvvisazione, ma in realtà è tutt’altro: la seconda ora di show – che assume anche la funzione di “dietro le quinte” – ci racconta una preparazione quasi maniacale.

La stand-up per Howard è quasi una religione, un dogma, una parte inscindibile non solo dalla sua carriera ma anche dalla sua vita. Per questo il viaggio di Finché potremo attraverso il lockdown assume anche i contorni dell’indagine sociologica (anche se a tratti si avverte qua e là un eccesso di autocelebrazione e compiacimento): la lotta di Russell per poter fare ancora ciò che più ama è una missione necessaria per la sopravvivenza. Ci viene detto esplicitamente: «Se avete l’opportunità di aggiungere qualcosa di sciocco al mondo, fatelo. La vita è una lotta, e le cose stupide sono una tregua». Da questo punto di vista, regalare un’ora e mezza di magia, assurdità, leggerezza e immaginazione non è mai stato così importante.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 4
Sonoro - 4
Emozione - 3

3.5

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