Scappo a casa: recensione del film di Enrico Lando
Scappo a casa è una commedia di Enrico Lando che affronta il tema dell'immigrazione. Aldo Baglio veste i panni di un razzista costretto, presto, a cambiare punto di vista.
Sebbene non sia la prima volta che un componente del trio composto da Aldo, Giovanni e Giacomo si ritrova a far parte di un film per il cinema da solo, è sicuramente la prima volta che questo allontanamento combacia con l’interpretazione di un ruolo di particolare rilievo nel film stesso. Dopo Giovanni Storti in Ci vuole un gran fisico, è la volta di Aldo Baglio, ora assoluto protagonista di Scappo a casa. Il film, diretto da quell’Enrico Lando regista de I Soliti Idioti (sia la serie andata in onda su MTV dal 2009 al 2012 che i due film generati dal grande successo in tv) e di Quel bravo ragazzo (2016), decide di cavalcare l’onda dei temi più scottanti del momento, fra cui quello dell’immigrazione.
Scappo a casa: Aldo Baglio nei panni di un razzista
In Scappo a casa Aldo veste i panni di Michele, meccanico che sogna la bella vita mentre conduce, in realtà, un’esistenza fatta di piatta routine e abitudini. Michele ama, tre le altre cose che gli permettono di ostentare ciò che in realtà non possiede, mostrare al pubblico dei social le sue cose: fra queste si contano tutte le automobili spacciate per sue, in realtà prese in prestito dall’autofficina in cui lavora, gli ipercostosi orologi (falsi) e le belle donne che frequenta e che non fosse per alcuni siti d’incontri su internet non conoscerebbe neppure.
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Sessista e materialista all’estremo, a completare il profilo del maschio italiano di classe più incolta non può mancare la caratteristica primaria: è razzista. Perché Michele vorrebbe, ovviamente, che tutti gli immigrati tornassero “a casa propria” e vive degli slogan destroidi più classici e rinvigoriti negli ultimi tempi. Le cose sono destinate a cambiare dal momento in cui, per errore, viene arrestato a Budapest e scambiato per un tunisino. Da questo momento, Michele deve attraversare l’Europa dell’Est da clandestino per tornare in Italia.
Enrico Lando firma un’opera che fonde il genere comedy al dramma: l’umorismo del film è basato in gran parte sulla consueta e sempre vincente formula del contatto fra due universi opposti, che provoca un improvviso cambio di prospettiva (prima forzato, poi naturale), ma anche, ed è inutile negarlo, sull’apporto di Baglio, che non rinuncia alla sua inconfondibile parlata, alla sua gamma di espressioni ormai conosciute e a ogni suo marchio di fabbrica. C’è però, in Scappo a casa, un’estrema attenzione per quanto riguarda il livello puramente tematico, che abbraccia diversi punti essenziali dell’attualità e argomenti d’interesse nella cultura e nella politica italiana di questi tempi.
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Il primo, ma non l’unico, oggetto d’interesse di Lando è l’immigrazione, analizzata attentamente attraverso i toni della commedia e un linguaggio piuttosto semplice. Si tratta di una tematica derivante dalla natura stessa del protagonista: Michele è lo stereotipo (e per stereotipo non s’intende “modello di finzione”, in questo caso) che corrisponde al ritratto dell’italiano medio proveniente da un ceto basso a cui si abbina un tipo di forma mentis dannosa e retrograda che potrà essere arginata solo se a cambiare è l’ambiente.
Scappo a casa: premesse interessanti per una commedia non riuscita
Oltre alle interessanti premesse e al messaggio positivo, al di là di qualche momento riuscito a livello comico (che, comunque, non sembra sufficiente), va detto che Scappo a casa non è un film memorabile. La delineazione dei personaggi, tratteggiati tramite cambiamenti pilotati, è piuttosto superficiale e la componente “drammatica” non è sferzante quanto, data la materia trattata, dovrebbe. In ogni aspetto filmico, persino nella struttura drammaturgica, si respira un tipo “italianità” che nel genere della commedia delle ultime due decadi (e forse anche oltre) non rappresenta nulla di positivo, o di nuovo.
Scappo a casa sarà in sala a partire dal 21 marzo.