Schegge di Paura: recensione del film con Richard Gere
Schegge di Paura è liberamente tratto dal giallo Primal Fear di William Dehl e si va ad inserire in quel già rodatissimo filone americano di thriller giudiziario.
Schegge di Paura, legal-thriller del 1996, non a caso pellicola d’esordio di un cultore del genere come Gregory Hoblit (Il tocco del Male, Sotto Corte Marziale e Il Caso Thomas Crawford), è stata un’opera messa sotto la lente di ingrandimento in più occasioni, avendo costituito una sorta di crocevia o punto di incontro di importanti “strade” cinematografiche.
Il film è liberamente tratto dal giallo Primal Fear di William Dehl e si va ad inserire in quel già rodatissimo filone americano di thriller giudiziario, ormai capillarmente presente su grande e piccolo schermo. Merito della pellicola è quella di introdurre degli elementi poi ripresi da numerose altre, che hanno deciso di avventurarsi tra le aule di tribunale e nelle sale degli interrogatori.
Arricchito da un cast d’eccezione, comprendente nomi come Richard Gere (Pretty Woman, Ufficiale Gentiluomo e Chicago), Frances McDormand (Fargo e Tre Manifesti a Ebbing, Missouri) e Laura Linney (The Truman Show, La Famiglia Savage e Mystic River). Schegge di Paura segna l’inizio della straordinaria carriera sul grande schermo di un giovanissimo Edward Norton (Fight Club, La 25° Ora, America History X, Birdman) una folgorazione per il novello regista e probabilmente protagonista della miglior interpretazione tra i suoi colleghi sul set, tanto che ricevette la sua prima nomination all’Oscar per Miglior Attore Non Protagonista e vinse il suo primo e unico Golden Globe come miglior attore non protagonista.
Schegge di Paura: troppo facile per essere vero
Martin Vain (Richard Gere) è un brillante avvocato sulla cresta dell’onda. Infatti, dopo aver abbandonato l’ambiente ipocrita e malsano della procura distrettuale, ha trovato fama e fortuna come avvocato difensore nel suo studio legale indipendente. All’indomani dell’ennesimo caso vinto, gli si presenta l’irresistibile opportunità di difendere il giovane Aaron Stampler (Edward Norton), arrestato per il brutale omicidio dell’arcivescovo di Chicago.
Nonostante l’esito del processo sia scontato a causa delle prove schiaccianti contro il ragazzo, l’avvocato Vain decide di difendere con le unghie e con i denti il suo assistito, da lui ritenuto innocente contro tutto e tutti. Quello che l’avvocato non sà è che per arrivare in fondo al caso dovrà scontrarsi con l’unico pubblico ministero in grado di metterlo in difficoltà, la sua ex fiamma Janet Venable (Laura Linney), e fare i conti con gli angoli più oscuri e nascosti della mente di Aaron. Un ragazzo sopravvissuto alla vera natura di un uomo ritenuto dalla comunità un santo sulla Terra e custode di un segreto ben più terribile di quanto si possa immaginare.
In questa corsa ad ostacoli, l’avvocato Vain troverà un fondamentale alleato nella neuropsicologa Molly Arrington (Frances McDormand), la quale gli permetterà di guardare oltre la faccia da boyscout di Aaron. Primo passo di un cammino capace di mettere in dubbio tutti i suoi ideali.
Schegge di Paura: l’avvocato gentiluomo
Richard Gere interpreta un protagonista interessante, controverso e in continua evoluzione per tutti i 120 minuti della pellicola. Dando vita ad un nuovo punto di riferimento per le rappresentazioni future degli avvocati protagonisti di questo filone di genere.
Il profilo tracciato da Hoblit per il personaggio di Martin Vain è quello di un uomo di esperienza, un playboy dotato di una cinica ironia, ma che nasconde un cuore buono e degli ideali genuini. Un uomo che si è dovuto scontrare con la realtà della politica e con i poteri forti, che non si fanno scrupoli a mettere le mani anche su un elemento sacro come la giustizia.
La riluttanza con la quale accetta la presenza della verità all’interno dell’aula di tribunale si sposa con la sua maestria nel manovrare ogni singolo cavillo della legge, confondendo a volte la giustizia personale con quella uguale per tutti. La sua personalissima rivalità con l’avvocato Venable e il suo rancore verso coloro che gli hanno fatto perdere la fede nella sua professione, gli faranno più volte perdere di vista l’obiettivo per il quale si dovrebbe rincorrere la verità.
Nonostante questo però l’avvocato si riscoprirà essere un uomo giusto, in cerca di un motivo per riprendere quegli ideali capaci di redimerlo e riportarlo sulla via che lo ha ispirato per la prima parte della sua carriera: difendere gli innocenti.
Schegge di Paura: presunzione di innocenza
Se volete giustizia andate in un bordello, se volete farvi fottere andate in tribunale.
Con questa frase si apre Schegge di Paura, la pronuncia l’avvocato Vain e riassume perfettamente il concetto di giustizia intorno al quale è brillantemente costruita la pellicola. Hoblit mette in scena un thriller cult, elegante, ben costruito e che non disdegna scene di azione e battute di spirito; ingredienti leggeri per trattare tematiche classiche, d’accordo, ma comunque pesanti. Salvo poi virare su un finale inaspettato e mozzafiato.
Schegge di Paura: il significato del finale
ATTENZIONE, SEGUONO SPOILER! L’avvocato Martin Vain fonda le sue vittorie nei processi sulla convinzione che alla giuria non frega nulla della verità, quindi perché dovrebbe fregare a lui? Ognuno è innocente fino a prova contraria e il suo compito è semplicemente quello di provare l’innocenza, non di verificarla.
La sua carriera burrascosa e le sue esperienze gli hanno fatto praticamente dimenticare cosa sia condurre un caso per fare giustizia, salvo quando si trova a difendere Aaron. Per la prima volta dopo tanto tempo Vain deciderà di mettere da parte se stesso e il suo modus operandi per cercare di salvare un giovane bisognoso del suo aiuto più di chiunque altro.
Il suo errore sarà vedere nella vittoria del processo una luce alla fine del tunnel, un modo per tornare a credere nel suo lavoro. In realtà egli è solo una pedina di un teatrino messo in piedi dalla stessa persona che doveva essere la soluzione del superamento di un’ambiguità ormai divenuta insopportabile nella sua visione della giustizia. Il finale metterà Vain di fronte a Roy, il vero e unico vincitore del processo, testimonianza vivente dell’errore dell’avvocato, al quale non rimane altro che cambiare ancora.