Secret Team 355: recensione del film con Penélope Cruz e Jessica Chastain
Jessica Chastain, Penélope Cruz, Lupita Nyong’o, Diane Kruger e Fan Bingbing sono le protagoniste di Secret Team 355, un thriller al femminile meno originale e spiazzante di quanto non suggerirebbero le pur notevoli premesse.
In sala in Italia dal 12 maggio 2022 per 01 Distribution, Secret Team 355 è il thriller su misura per questi tempi rivoluzionari. Diretto da Simon Kinberg, che di solito fa lo sceneggiatore e prima di oggi lo avevamo visto dietro la macchina da presa solo in X-Men-Dark Phoenix (2019), niente di troppo soddisfacente, va detto, il film cerca di offrire una sintesi ragionevole tra il vecchio e il nuovo, sbilanciando il rapporto a vantaggio del secondo ma senza scuotere troppo le fondamenta dell’edificio (di genere).
Ai margini, gusti e forme saldamente radicati nella tradizione, ma questo non è un problema. Gira il mondo gira, la fumosa cospirazione che mette a rischio la pace e i fondamenti della vita civile, l’espressione di una crudeltà folle e squinternata ma non per questo meno pericolosa. La violenza, i bei vestiti, la fuga dall’ordinario, la solitudine canonica dello 007 che sa far bene il suo mestiere. Questa è la periferia, poi c’è il cuore dell’operazione, dove invece si nasconde una reale volontà di cambiamento, quanto sincera non è questione da dibattere in questa sede o magari sì. Con un super cast al femminile che comprende Jessica Chastain, Penélope Cruz, Lupita Nyong’o, Diane Kruger e Fan Bingbing, il film proietta un discorso ideologico abbastanza preciso sul fondo (conservatore) di genere e realizza una parità di rapporti necessaria e benvoluta. I vizi e le virtù del modello di riferimento sono i soliti.
Secret Team 355: tocca alle donne fare squadra e risolvere i problemi creati dagli uomini
C’è qualcosa di profondamente sincero e molto rinfrescante, in una storia che si permette di rimettere a posto le cose e rincondurre l’universo maschile nell’alveo dell’utilità originaria che ricordiamolo è duplice 1) utensili da cucina e 2) ostacoli da liquidare e pure di fretta. Assomiglia molto alla realtà questa cosa qui, come andrebbero le cose in un mondo alla rovescia non è dato saperlo. Secret Team 355 ha le sue idee in proposito e ci tiene a farcele sapere, senza troppo gusto per le sfumature. C’è un’arma tecnologica in grado di causare un mucchio di problemi e l’unica speranza è affidata al coraggio e all’inventiva di un gruppo di donne formidabili. Che però, prima di entrare in scena nella maniera più pirotecnica possibile, devono capire come mettere alle spalle diffidenze e reciproche incomprensioni e fare squadra. Se gli uomini nel corso della storia hanno fatto il bello e il cattivo tempo, è anche per via di queste trappole misogine, ci ricorda il film.
La distribuzione delle personalità offriva spazio a caratterizzazioni interessanti, concretamente la storia non trova il tempo di far volare le sue protagoniste oltre lo stereotipo anche perché c’è un messaggio e un discorso politico da portare avanti, con tanti saluti alla purezza del modello spionistico (ancora, non è un male). Jessica Chastain, l’americana, ha gusto per la leadership, un carisma solido e spazi di vulnerabilità importanti. Diane Kruger, la tedesca, ha le battute migliori, l’azione più interessante, un vissuto incasinatissimo (gli americani le chiamerebbero daddy issues). L’inglese Lupita Nyong’o è un genio tecnologico e questo basta. La colombiana Penélope Cruz sarebbe tecnicamente quella ordinaria, non solo per la professione (psicologa), ma anche per un quadro di vita familiare che la tormenta e la accompagna lungo il corso della storia e che tradisce uno dei temi portanti del film, il conflitto evitabilissimo ma molto radicato tra realizzazione professionale e privato. Fan Bingbing è cinese, autorevole ed entra nella storia in maniera molto ambigua. Di maschi che contano qui ce ne sono due, Sebastian Stan ed Édgar Ramírez, modelli di una virilità ora insinuante, ora più pacata. Comunque vulnerabile.
Secret team 355: una premessa rivoluzionaria, da sola, non basta
Secret Team 355 spiegato bene (?), c’entra pure la Marvel. Al netto dei profondi limiti di filosofia e d’impostazione del prodotto seriale, al di là di una concezione della femminilità abbastanza stereotipata, la farà o no una certa differenza, per centinaia di milioni di sguardi femminili, un immaginario cinecomic in cui è una donna la creatura più potente dell’universo? La parità e la giustizia, a volte, prendono sentieri particolarmente opportunistici. L’onestà e la sincerità delle intenzioni del film di Simon Kinberg è certamente mediata da un oceano di compromessi, dall’implacabilità degli algoritmi al fiuto molto comodo per l’aria (femminista) che tira, alla matematica di specifiche combinazioni produttive. Certo è che Secret Team 355 sbatte in faccia a un pubblico importante un manifesto femminista travestito da action serrato, senza preoccuparsi troppo della sottigliezza. Basta?
Non del tutto, no. La sfida al patriarcato non prende mai il centro della scena se non sul finale, un paio di eccessi didascalici che fanno rimpiangere un trattamento più ambiguo della materia. Secret Team 355 partecipa della generale tendenza di un cinema americano molto spettacolare e molto commerciale che sa guardare nella giusta direzione. Ma che, arrivato a dama, non sa che farsene, della giusta direzione. Oltre la confezione dell’action con un chiaro messaggio livellatore e politico, qui c’è poco. La regia di Simon Kinberg plasma un’azione confusa e poco incalzante, una galleria di caratterizzazioni a due dimensioni, anche se gli sfondi esotici (Parigi, Londra, Shanghai, il Marocco) hanno la loro parte di fascino. L’illusione del film è la promessa e la forza redentrice di un’offerta cinematografica finalmente inclusiva e paritaria, come se questo bastasse a riscattarne debolezze e zone d’ombra. Non funziona così. Non è sufficiente alludere a quanto sia complicato, per una donna, conciliare casa e lavoro. Non basta immaginare Penélope Cruz nei panni di una donna ordinaria, è un’attrice e il suo lavoro consiste nel farci credere anche l’impossibile se necessario, ordinaria e alle prese con qualcosa di molto fuori del comune. Secret Team 355 si limita a fare il primo passo, cerca parentesi di umorismo davvero preziose dentro le pause del racconto, ma non vuole decollare. Un’occasione mancata per l’action al femminile, mostrare ai colleghi maschi com’è che si fanno davvero le cose.