Senza Distanza: recensione dell’opera prima di Andrea Di Iorio

Un'opera prima molto promettente, realizzata con un piccolo budget e in una sola location, teatro dell'incontro-scontro fra due giovani coppie alle prese con la tormentata scelta fra amore e libertà.

Supponiamo di non essere nati in una società in cui trovare “la” persona giusta sia sinonimo di realizzazione e felicità. E in cui ascoltare profondamente i propri desideri sia l’unica vera priorità, a discapito di costrutti e condizionamenti duri a morire. Faremmo ancora le stesse scelte? Condizioneremmo la nostra vita per timore di un cambiamento e – paradossalmente – per la paura di non avere più un capro espiatorio esterno, responsabile delle nostre rinunce e fallimenti?

Senza Distanza, acuta opera prima di Andrea Di Iorio, propone un’indagine antropologica basata su quanto le imposizioni sociali siano radicate nel nostro Io, al punto di condizionare e spesso compromettere il raggiungimento degli unici obiettivi (nella maggior parte dei casi affatto utopistici) che permetterebbero di stare bene, senza autocondannarsi alla perenne insoddisfazione.

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Uno spunto narrativo nato dall’interesse del regista per le civiltà matrilineari, ancora esistenti, in cui non esiste il concetto – tanto dibattuto nel periodo storico attuale – della famiglia tradizionale, ma le donne mettono al mondo figli scegliendo dei compagni, e poi li crescono senza di loro, con i propri genitori e fratelli, liberandosi da obblighi o vincoli sentimentali alla base di tanta letteratura appassionante ma anche di altrettanta cronaca nera, laddove il concetto di amore è troppo spesso correlato con quello di possesso e dipendenza.

D’altra parte – riflette Di Iorio, la società patriarcale nasce quando l’uomo diviene allevatore sedentario e – osservando gli animali – si rende conto che i figli, pur partoriti dalle madri, possono essere generati solo grazie al seme paterno. Ciò porta l’uomo alla necessità di garantirsi i propri diritti e controllo sulla prole obbligando la donna alla fedeltà e alla verginità pre-matrimoniale. Con tutte le conseguenze non sempre positive del caso.

Quindi perché obbedire ancora, in tempi moderni, a costrutti risalenti alla notte dei tempi, che ci siamo imposti come etici ma che avevano una motivazione prettamente pratica, limitando drasticamente il nostro spazio di libertà e – di conseguenza – la nostra felicità? Senza Distanza tenta di rispondere attraverso i suoi personaggi confusi e poco onesti con loro stessi, alle prese con un soggiorno di coppia in un bed&breakfast in cui ogni stanza  (rigorosamente singola) corrisponde a una città del mondo, e quindi a un diverso fuso orario. Seguendo le regole di tale luogo sospeso dalla realtà, i protagonisti credono di poter affrontare e superare una sorta di prova generale per una relazione a distanza, necessaria alla piena realizzazione delle rispettive carriere. Ma sarà davvero questo ciò che troveranno?

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Andrea Di Iorio osserva abilmente da vicino insicurezze e desideri reconditi dei suoi protagonisti, soffermandosi su come sia la resistenza al cambiamento ciò che davvero limita lo spazio d’azione di queste coppie. Mina (Lucrezia Guidone) ed Enzo (Marco Cassini), Marco (Giovanni Anzaldo) e Catia (Giulia Rupi), sembrano di primo acchito felici, ma i loro sogni nel cassetto risultano fondamentalmente limitati dal loro stesso legame, destinato a diventare una catena, senza il coraggio di guardarsi profondamente dentro, liberi dalla malsana dipendenza reciproca.

La riflessione si allarga quindi alla definizione di sé in generale, portando l’eccentrico personaggio di Gaia (Elena Arvigo) ad assumere il ruolo di un atipico Es che obbliga i protagonisti a fare i conti con un Super Io severo e condizionante, nemico di qualunque movimento o reale evoluzione. Pronto a giudicare e a controllare attraverso lo strumento diabolico del senso di colpa, che obbliga a fare le proprie scelte in base a cosa è ritenuto giusto per gli altri, invece che per se stessi.

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Ricordando la determinante scelta dei protagonisti di Blue Valentine di Derek Cianfrance, fra la “stanza di Cupido” e “quella del Futuro”, in un altro hotel usato come ultima spiaggia per salvare una coppia, Senza Distanza presenta il prezzo del perseguire l’autenticità personale, che appare sempre meno caro della rinuncia alla propria personalità. L’alternativa è una menzogna che si racconta all’altro ma soprattutto a se stessi, convincendosi di poter controllare un mondo in eterna evoluzione, in cui non esistono regole e sicurezze a cui aggrapparsi. Basta imparare a rendersi conto che è proprio questa la buona notizia.

Senza Distanza ha avuto la sua anteprima internazionale presso la settima edizione del New York City Independent Film Festival. Ha vinto i premi per il Miglior Lungometraggio e la Miglior Attrice (Lucrezia Guidone) al Fano Film Festival e il premio per la Miglior Attrice (Lucrezia Guidone) al Melbourne Indie Film Festival, ricevendo anche le nomination per Miglior sceneggiatura e Miglior Attore Protagonista (Marco Cassini). Nel cast anche Paolo Perinelli.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3.5

3.4