Serpente a sonagli: recensione del film Netflix

Carmen Ejogo regge tutta l'impalcatura di un film che non sa essere né un horror molto spaventoso né un thriller particolarmente emozionante

Cosa faresti per salvare la vita a tuo figlio? Questa è la domanda posta dal thriller Netflix diretto da Zak Hilditch, Serpente a sonagli, che ci introduce in una realtà sventurata, quasi distopica, in cui una donna, Katrina, si trova ad un bivio esiziale.

Katrina (Carmen Ejogo) e sua figlia Clara sono in viaggio attraverso il Texas per iniziare una nuova vita. Mentre fa una deviazione, e si ferma per cambiare le gomme, sua figlia viene morsa da un serpente a sonagli. Incapace di chiamare il 911 e con un’auto guasta, non ha altra scelta che fidarsi di una strana donna che misteriosamente si prende cura di Clara. Sfortunatamente questo miracolo ha un prezzo: scambiare un’anima con un’anima.

Serpente a sonagli: il thriller Netflix diretto da Zak Hilditch

Serpente a sonagli Cinematographe.it

Scritto e diretto da Zak Hilditch, nella sua seconda collaborazione con Netflix dopo aver diretto l’adattamento cinematografico di 1922 di Stephen King, Serpente a sonagli è un thriller alle prese con la fragilità della morte. Le scene iniziali sono molto efficaci nello stabilire l’atmosfera e la tensione e a prefigurare tutto ciò che accadrà. La storia sottolinea con precisione la stretta relazione tra madre e figlia, che gioca un ruolo cruciale nella trama: Katrina per salvare la vita di sua figlia in cambio deve sacrificare l’anima di qualcun’altro. Lungo la strada la trama stabilisce ostacoli fisici (e mentali) che Katrina deve affrontare e che la costringono a fare scelte difficili: ciò che si palesa è una domanda moralmente impegnativa.

Serpente a sonagli: una totale mancanza di trepidazione e di un climax percepibile e concreto

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La premessa di questo film è estremamente interessante e offre molto spazio per creare suspense; tuttavia, nonostante l’idea alla base abbia un certo potenziale, Serpente a sonagli non raggiunge l’effetto previsto e non riesce a veicolare qualcosa di originale. La corsa contro il tempo non conferisce alla storia quel ritmo frenetico di cui aveva bisogno per aiutare a creare più agitazione e per mantenere lo spettatore inchiodato alla sedia.  L’atmosfera non raggiunge mai il livello di suspense che cerca, né la trama il ritmo frenetico che suggerisce, questo perché la paura di fondo non è abbastanza forte da ispirare davvero empatia e suggerire il pericolo e il timore che abitano la protagonista.

Serpente a sonagli non è un horror molto spaventoso né è un thriller particolarmente emozionante: la direzione del film è insignificante, è senza personalità e spreca le sue poche immagini forti in un modo piatto, insoddisfacente, il cui risultato finale è quello dell’alienazione dal prodotto finale. Inoltre è un film con scene obsolete, come quelle ospedaliere, una mancanza di veemenza, trepidazione sulla posta in gioco mortale, una mancanza di uno sviluppo e di un climax percepibile e concreto, in sintesi una mancanza di colpi di scena, che sono necessari per un thriller.

Carmen Ejogo regge tutta l’impalcatura drammatica del film

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La protagonista, interpretata da una brava Carmen Ejogo, regge tutta l’impalcatura drammatica del film, la sua recitazione è centrale come il suo personaggio, attorno al quale è costruito tutto l’impianto narrativo: nonostante questo l’esito è evidentemente insufficiente per elevare la storia dalla sua ineluttabile inconsistenza. Stesso destino infausto coglie l’ambientazione desertica: le immagini visivamente forti, assieme alle scene iniziali, vengono adoperate male e la cui bellezza estetica viene fin da subito dilapidata da un profilo espositivo sciatto, irrisolto e poco ispirato.

Regia - 2
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 2
Recitazione - 3
Sonoro - 1.5
Emozione - 1

1.8

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