TSFF 2021 – Settlers: recensione del film di Wyatt Rockefeller
Atterrato sugli schermi del 21° Trieste Science + Fiction Festival uno sci-fi in salsa western dalle idee confuse, incapace di trovare una strada che sia una da percorrere per dare un senso al tutto.
Se di cognome fai Rockefeller e appartieni anche se da lontano alla stirpe del magnate dell’industria petrolifera statunitense John Davison, allora non puoi non ritenerti ed essere ritenuto un uomo fortunato. Wyatt Rockefeller, che secondo l’albero genealogico del noto imprenditore è il bis bis bis nipote, avrà avuto i suoi vantaggi derivanti dall’asse ereditario, ciononostante per girare il suo primo lungometraggio da regista ha dovuto faticare e non poco. Per dare alla luce il suo Settlers, presentato in concorso alla 21° Trieste Science + Fiction Festival, ha ironia della sorte dovuto faticare più del dovuto per mettere insieme il budget necessario alla realizzazione, la stessa fatica impiegata a trovare una location dove ambientare la storia intorno alla quale ruota e si sviluppa, quella di una famiglia che dopo la distruzione della Terra a causa della guerra va a vivere in un’isolata proprietà alla frontiera marziana, che dovrà provare a difendere con tutti i mezzi a sua disposizione dal ritorno di uno dei legittimi proprietari.
Settlers è un sci-fi dispotico che si va a mescolare senza soluzione di continuità con i canoni del western e dell’home invasion
Girovagando alle varie latitudine, l’ardua scelta di dove andare a collocare e ricostruire il ranch nel quale si consuma questo dramma familiare ambientato sul pianeta Marte è ricaduta sul deserto sudafricano al confine con la Namibia. In questo luogo desolato e polveroso in cui i nuovi colonizzatori cercano di sopravvivere a un mondo sconosciuto e, soprattutto, agli uomini spietati che lo abitano, il cineasta americano ricrea la cornice di un sci-fi post-apocalittico che si va a mescolare senza soluzione di continuità con i canoni del western e dell’home invasion.
La visione di Settlers mette in evidenza le mancanze tanto nella scrittura quanto nella messa in quadro
Un processo di ibridazione che ha molti precedenti sicuramente più riusciti e che al contempo mettono in evidenza mancanze tanto nella scrittura quanto nella messa in quadro. Su entrambi i fronti il film presenta limiti evidenti e a quanto pare insormontabili. Da una parte la scrittura cerca continuamente appigli ai quali aggrapparsi per attrarre lo spettatore, cambiando registro ed esplorando il ventaglio dei generi a disposizione con immaginari annessi, ma senza trovare mai quello giusto. Nemmeno la divisione in capitoli a comporre un romanzo di formazione, quello della giovane protagonista, unita al cambio di prospettiva servono a dare consistenza alla storia e una linea guida più solida alla drammaturgia. Dall’altra parte, Settlers appare carente e privo di idee anche sul piano tecnico. In tal senso, Rockefeller fa il minimo indispensabile per portare a casa la scena, privandola di guizzi e soluzioni che possano in qualche modo rubare l’occhio dello spettatore.
Una timeline piatta e monocorde, tirata su da qualche parentesi action, dalla colonna sonora e dalle performance degli attori
Il risultato è una timeline piatta e monocorde, tirata su di tanto da qualche parentesi action (vedi primo assalto al ranch) e dalla colonna sonora di Nitin Sawhney. Persino l’impegno profuso dagli attori (su tutti la sempre all’altezza Sofia Boutella, qui nei panni della madre Ilsa) riesce a tamponare le falle di un’opera della quale ci dimenticheremo con la stessa velocità con la quale si dimenticano gli episodi spiacevoli.