Shining – Extended Edition: recensione della versione estesa dell’opera horror di Kubrick
Recensione di Shining - Extended Edition, la versione da 144 minuti dell'opera horror di Stanley Kubrick tratta dall'omonimo romanzo di Stephen King e con protagonista Jack Nicholson.
Shining di Stanley Kubrick è un horror del 1980, prodotto e scritto dallo stesso regista statunitense insieme a Diane Johnson, riadattandolo dall’omonimo romanzo di Stephen King del 1977.
Considerato uno dei capolavori assoluti del cinema horror, al 2° posto nella classifica assoluta dei migliori film del genere secondo Time Out, è diventato, con il passare degli anni, oggetto di culto, protagonista di numerosi documentari (tra cui Making The Shining e Room 237) e argomento di discussione di innumerevoli dibattiti tra addetti ai lavori. Molte volte paragonato alla sua versione letteraria sia in termini lusinghieri che meno perché significativamente distante e, per questo, perfino disconosciuto dallo stesso King.
Oltre alla straordinaria interpretazione di Jack Nicholson nei panni del signor Torrance e delle scene iconiche, rimaste nella storia del cinema americano, Shining di Kubrick viene ricordato per l’uso rivoluzionario che si fà della steady cam, la composizione delle inquadrature e della scenografia e per la sperimentazione di nuove tecniche di montaggio.
Sono molte le notizie, le curiosità e i fraintendimenti che girano intorno al lavoro di Kubrick (dalla genesi produttiva fino all’accoglienza di pubblico e critica), come la questione delle varie versioni della pellicola; discussione che si è riaperta da poco proprio per l’arrivo in Italia di quella che è stata battezzata come Shining – Extended Edition. Data la natura dell’articolo, di questo parleremo, ma, intanto andiamo per ordine.
Come già detto, il cast del film è guidato da Nicholson e accanto lui recitano Shelley Duvall, Danny Loyd e Scatman Crothers, vincitore di un Saturn Award. La fotografia è firmata da John Alcott, mentre la variegata e trasversale colonna sonora è stata in gran parte curata da Wendy Carlos, un innovatore tra i primi artisti di musica elettronica, e, tra gli altri, dal compositore Krzysztof Penderecki, vincitore del secondo Saturn Award del film.
Per Shining, la Duvall e lo stesso Kubrick si sono aggiudicati un Razzie Awards a testa. La pellicola ha un sequel del 2019 dal titolo Doctor Sleep, diretto da Mike Flanangan e con protagonista Ewan McGregror, tratto anch’esso dall’omonimo romanzo di Stephen King, che uscirà nelle sale italiane il 31 ottobre.
Shining: la trama del film
Jack Torrance, ex insegnante e aspirante scrittore, accetta un incarico come guardiano invernale dell’Hoverlook Hotel, un albergo situato in un luogo isolato sulle montagne del Colorado ed in cui, negli anni ’70, è avvenuta una terribile tragedia. Infatti il guardiano invernale dell’epoca uccise brutalmente sua moglie e le sue due figlie di 8 anni per poi togliersi la vita.
Una volta arrivato il momento, Jack si trasferisce insieme alla moglie Wendy e a suo figlio Danny, il quale possiede una sorta di capacità extrasensoriale conosciuta come “la luccicanza”, che conferisce a chi ce l’ha un potere di preveggenza e telepatia. A spiegare questo al ragazzo è il capocuoco afroamericano dell’albergo Dick Halloran, anch’egli dotato di tale dono, il quale lo mette in guardia dell’avvicinarsi alla camera 237.
Danny avverte sin da subito la natura malvagia del luogo in cui lui e la sua famiglia dovranno passare l’inverno, cercando di resistergli e di combatterlo. Purtroppo per lui però suo padre Jack ne cadrà invece vittima con estrema facilità e comincerà presto a sperimentare delle visioni che lo inciteranno a scagliarsi contro la sua famiglia, proprio come accadde anni prima al guardiano precedente.
Shining: la questione delle versioni
Erroneamente è stato riportato su diversi siti di informazione come questa nuova versione di Shining fosse quella originale o integrale, ma d’altronde questo è il modo in cui è stata presentata dalla Warner. Quella arrivata nelle sale cinematografiche nostrane è invece la versione da 144 minuti, ovvero quella che lo stesso Kubrick rimontò dopo appena poche settimane dal’uscita nelle sale americane del film, tagliando, apparentemente su ordine della Warner, la scena finale ambientata in ospedale.
Esistono quindi 3 versioni della pellicola: quella integrale da 146 minuti, quella rimontata poco dopo, da 144, rimasta in distribuzione per il pubblico canadese e nordamericano e, infine, quella riservata alla distribuzione estera, della durata di 119 minuti, tagliata e rimontata personalmente dallo stesso Kubrick.
Con tutta probabilità la versione integrale rimane dunque la prima di quelle descritte, mentre l’identità reale della director’s cut rimane ancora avvolta nel mistero: alcuni dicono che quella da 144 minuti sia una versione figlia delle decisioni della produzione e che dunque sia il montato internazionale quello più vicino alla visione del regista, mentre altri affermano il contrario.
Fatto sta che non è vero che dopo 39 anni dall’uscita di Shining è arrivata finalmente alla luce la versione integrale; semplicemente è arrivato all’estero il montato riservato fino ad ora solo al mercato canadese/nordamericano.
Shining: la “Extended Edition”
Sono circa 25 i minuti di scene inedite aggiunte in questa versione della pellicola, doppiate per la versione italiana nuovamente da Giancarlo Giannini (la voce di Nicholson sin dalla versione del 1980). In maniera sostanziale, oltre qualche aggiunta di inquadratura e di sequenza nelle scene di dialogo, si avverte una maggior rallentamento nella prima parte del film, più o meno prima che la famiglia Torrance parta per l’Hoverlook Hotel.
Il risultato è una pellicola più massiccia, più divulgativa e più piena, soprattutto per quanto riguarda la spiegazione della luccicanza di Danny, portando lo spettatore a scoprire un po’ di più il mondo intorno al potere del bambino. Le fasi della sceneggiatura horror sono più scandite e si avverte un maggior respiro rispetto al terribile senso di claustrofobia che invade lo spettatore nella versione da 119 minuti, sfuggente e soprattutto troppo veloce e discreta per essere vista arrivare. La classica sensazione del “te ne accorgi solo quanto è troppo tardi.” Oltre a questo, le scene inserite permettono di gustarsi qualche altra sequenza derivata dalla sperimentazione del montaggio nella pellicola.
In senso assoluto il film diventa più gustoso e accattivante ed è comunque una versione che ogni cinefilo dovrebbe vedere, anche solo per poter mettere gli occhi addosso a qualche altro frammento del cinema kubrickiano. Dall’altra parte la versione da 119 minuti coglie l’originalità narrativa del film in un panorama come quello del cinema horror, evidenziandone la natura sfuggente, ammaliante, veloce e liquida.
Due facce di quello che rimane comunque un capolavoro senza tempo: una un po’ più ferma, chiarificatrice e ampia e un’altra più oscura, claustrofobica e disorientante.
A voi la scelta.