Sicario – Ultimo incarico: recensione del film con Anthony Hopkins
Se Anthony Hopkins vi chiedesse di uccidere per lui, voi lo fareste? Anson Mount lo fa, anche bene fino al giorno in cui le cose precipitano. Sicario - Ultimo incontro arriva su Prime Video il 22 aprile 2022.
In Italia si chiama Sicario – Ultimo incarico, ma per acclimatarsi più rapidamente sarà meglio riportare, almeno una volta, il titolo originale che sarebbe The Virtuoso. Confezione formula più introspezione, proposta interessante anche quando sa di già visto, genere thriller, patina noir e un po’ di indagine intima. Disponibile su Prime Video a partire dal 22 aprile 2022, nel cast Anson Mount, Anthony Hopkins e Abbie Cornish. Dirige Nick Stagliano. Il virtuoso qui sarebbe, senza accampare pretese di moralità che in situazioni del genere non stanno in piedi, il meticoloso protagonista. Assassino di professione con il culto di un lavoro ben fatto, una voce interiore ingombrante e una sorta di rifiuto inconscio a riconoscere le cose per quelle che sono.
Sicario – Ultimo incarico: un meticoloso killer professionista, un capo enigmatico, un mucchio di potenziali vittime
Non conosciamo il suo nome, Sicario – Ultimo incarico si guarda bene dal raccontarcelo. D’altronde il mestiere richiede la sua buona dose di privacy, una necessità logica e stringente. Bisogna restare aggrappati alla vita, costi quel che costi, controcampo ironico per chi della morte fa una professione. Anson Mount è un killer professionista al soldo di un capo enigmatico ma che in fondo paga bene, Anthony Hopkins. Si lavora con il minimo indispensabile di informazioni, ma con il tempo giusto, perché anche il più piccolo errore può risultare fatale. Il protagonista vuole fare le cose come si deve. Non lascia solo lo spettatore neanche per un minuto, c’è questa voce interiore, la sua voce interiore, che guida il racconto in ogni piega, precisando, illuminando, chiarendo. L’effetto è interessante, per cominciare. Poi si limita a replicarsi, con una certa stanchezza anche.
Non c’è ossessione per il controllo che tenga, di fronte a una giornata storta. Capita così, un colpo preparato troppo in fretta che degenera pericolosamente e nel mezzo ci scappano pure un paio di “danni collaterali”. Il contraccolpo esistenziale per il protagonista è piuttosto grande, ma purtroppo o per fortuna, tempi morti (!) nel grande business dell’omicidio non ce ne sono.
L’occasione per l’espiazione (professionale) arriva subito. Scarne coordinate e ciò che ne consegue. Tutto quello che sa Anson Mount, di questo sporco affare da portare a dama nella maniera più pulita possibile, è di raggiungere una certa tavola calda a una certa ora, capire chi è fuori posto e poi procedere. Non è così semplice. L’unica che sembra cogliere l’essenziale nel disagio dell’antieroe, senza afferrare nulla, paradossalmente, della posta in gioco, è la cameriera Abbie Cornish. Che per la verità solidarizza con l’uomo solo perché vuole andarci a letto nel più breve tempo possibile. La platea di indiziati non è vastissima, ma la faccenda è comunque complicata. C’è un tipo solitario, Eddie Marsan. Lo sceriffo, David Morse. Una coppietta, Diora Baird e Richard Brake. Chi è l’obiettivo? La regia di Nick Stagliano plasma il racconto sui ritmi ovattati e dilatati di una suspense mischiata a un accenno di riflessione intima. Non c’è un vero e proprio cambio di passo, il film sembra soffrire un po’ per questo.
Sicario – Ultimo incarico: scrittura e regia troppo piatte per servire adeguatamente la complessità del film
L’escamotage narrativo di affidare il racconto alla voce fuori campo del protagonista in teoria apre molte porte. Permette allo spettatore di entrare più agevolmente dentro un mestiere torbido e insinuante, traendone contemporaneamente il massimo del coinvolgimento e insieme un po’ di sano distacco morale. Non vanno così le cose. Il gusto per un lavoro ben fatto, che il professionista ostenta (un Anson Mount abbastanza convincente fisicamente ma piuttosto limitato sul piano dell’analisi intima) come una medaglia al valore, va a sbattere contro la vita che si muove costantemente in direzione ostinata e contraria. L’ironico accostamento non sprigiona nessuna succosa scintilla esistenziale.
Il tutorial sull’omicidio, di questo si tratta, si ferma alla prima stazione, è l’ossessiva ripetizione del voice over che toglie originalità all’operazione. Finiamo per non saperne granché. Parlare del lavoro è un buon modo per non parlare d’altro, ma per disegnare le mappe tortuose dell’anima del protagonista servivano una scrittura e un gusto per le sfumature diversi. L’operazione profondità rimane al livello delle buone intenzioni.
Anthony Hopkins viaggia col pilota automatico, è questione di puro carisma e di un talento consapevole al millimetro delle sue possibilità. Il minutaggio è risicato, la sua ombra sul film comunque si sente. Un terzo atto caotico e narrativamente poco ragionato smorza le premesse e le velleità emotive che una scrittura e una regia un po’ fiacche avevano comunque saputo ritagliare nella prima metà di Sicario – Ultimo incarico. C’è uno scarto pronunciato che separa una faccenda raffazzonata da un lavoro ben fatto. Qui si sente tutto.