Solo: recensione della prima puntata della minifiction con Marco Bocci
Andrà il onda il 9 novembre in prima serata su Canale 5 la prima puntata di Solo (QUI le anticipazioni), la minifiction in quattro episodi da 100 minuti ciascuno con protagonista Marco Bocci nei panni dell’agente sotto copertura dello SCO Marco alias Solo.
Solo tratta il fenomeno criminale della ‘ndrangheta calabrese dalla prospettiva inedita di un infiltrato che – lottando quotidianamente contro pericoli, paure ed insicurezze, mette la propria vita al servizio della lotta contro una delle organizzazioni criminali italiane meno penetrabili.
Marco è un eroe senza corazza, un uomo “solo” di fronte ad un sistema più grande di lui che può essere sgominato solo dall’interno, andando ad agire su quei legami familiari alla base della forza dell’organizzazione stessa.
La minifiction, prodotta da Taodue da un soggetto di Pietro Valsecchi e per la regia di Michele Alhaique, trae ispirazione dalle vicende reali di un uomo, un agente del Servizio Centrale Operativo che, sfruttando la conquistata fiducia di un esponente di una delle famiglie più potenti della ‘ndrangheta, ha avuto l’occasione di cercare di scardinarla dal suo interno.
Un’impresa ricca di intuibili insidie, giocata costantemente sul filo del rasoio della diffidenza dei criminali coinvolti, pronti a togliere fiducia a Marco da un momento all’altro, con conseguenze irreversibili.
Nel portare avanti la sua impresa, l’agente Solo finisce a Gioia Tauro, nel cuore dei traffici della famiglia Corona, detentrice del prezioso controllo del porto. Qui si troverà a dover compiere difficili scelte quotidiane, cercando di mediare le esigenze del proprio lavoro con una vita privata sempre più difficile da mantenere e gestire.
Solo: amore, moralità e senso del dovere alla base dei tormenti dell’agente Marco
La prima puntata di Solo si apre con l’agente romano dello SCO Marco in azione nei ranghi della malavita romana. Uno scambio d’armi finito nel sangue rappresenta la sua occasione per entrare nelle grazie di Bruno Corona (Peppino Mazzotta), esponente di spicco dell’omonimo clan calabrese, salvato da Marco durante un conflitto a fuoco.
Avrà così inizio la sua prima missione da infiltrato nella pericolosa famiglia, un viaggio che porterà l’agente a Gioia Tauro, dove riuscirà a conquistare sempre più la fiducia dei Corona, sotto l’occhio vigile della collega e compagna Barbara (Diane Fleri), motivata ad assistere a distanza il proprio uomo durante la pericolosa impresa e a riportarlo a casa sano e salvo.
Obiettivo dello SCO, fissato insieme all’Interpol, è fermare un traffico di eroina proveniente dalla Turchia e destinato al potente boss Rudi Iaccarino, un’operazione in cui i Corona servono da tramite. Ma la morte del boss garante dei fragili equilibri delle regione farà sì che i Corona si trovino a combattere un’indesiderata guerra contro il clan rivale dei Gargano, desiderosi di mettere le mani sul controllo del porto. Una battaglia senza limiti e senza esclusioni che porterà Marco e dover compiere scelte progressivamente più difficili per proteggere la copertura senza prevaricare la propria solida moralità.
Nel frattempo le vicende si complicano anche a livello personale: la sensuale e ribelle figlia minore dei Corona, Agata (Carlotta Antonelli) mette gli occhi su Marco e le sue attenzioni e provocazioni non passano inosservate agli occhi di Barbara che- dopo avergli lei stessa consigliato di entrare nelle grazie della ragazza- si trova a rischiare il proprio legame sentimentale…
Solo: una minifiction accurata ed avvincente
Solo ha il merito di offrire allo spettatore la possibilità di empatizzare immediatamente con Marco, rendendolo partecipe dei sui tormenti e delle difficili scelte che l’uomo deve compiere quotidianamente. Al servizio di questo taglio, la regia enfatica di Michele Alhaique che, pur con qualche eccesso nelle verosimiglianza delle scene d’azione ed il ricorso a scene molto didascaliche, si pone al servizio di un prodotto televisivo, contribuendo al giusto apporto di suspense e partecipazione emotiva.
La performance di Marco Bocci appare perfettamente assortita nelle intenzioni della fiction: per quanto l’attore sembri sempre più spesso interpretare se stesso, in Solo tale immedesimazione è funzionale al risultato da ottenere: far vivere al pubblico i retroscena della ‘ndrangheta dal punto di vista di un uomo normale al cospetto di un’impresa eroica.
La prima puntata centra quindi l’obiettivo, ponendo le basi della narrazione con tanta (ma non troppa) carne al fuoco e catturando l’attenzione dello spettatore con il giusto mix fra dramma personale e azione poliziesca, portandolo ad attendere con ansia la puntata successiva.
Solo appare quindi come un buon prodotto televisivo, da non perdere per chi è interessato a calarsi nei meccanismi più sottili ed invischianti della criminalità organizzata, vivendola dal punto di vista esterno ma coinvolto di un uomo qualunque dal coraggio eccezionale, emblema della silenziosa eccellenza delle nostre tanto criticate Forze dell’Ordine.