LFF 2018 – Sorry to Bother You: recensione del film

Una commedia grottesca, divertente, assurda e drammatica che racconta l'altro lato del capitalismo, con l'interpretazione di Lakeith Stanfield che si rivela il motore principale del film.

Cassius “Cash” Green è un giovane afroamericano che vive nel garage dello zio con la sua fidanzata. Dopo numerosi colloqui di lavoro viene assunto in un’azienda di telemarketing, all’interno della quale deve riuscire a vendere vari tipi di prodotti telefonicamente per poter fare carriera e raggiungere i piani alti. Il successo però sembra impossibile per un nero immerso in una realtà prevalentemente bianca, fondata sullo sfruttamento del più debole e del diverso. Pertanto Cash si rende conto che deve esprimersi con una “voce bianca” per sperare di scalare la vetta all’interno dell’azienda. Quando la sua carriera decolla però, egli scopre una verità scioccante che si prepara a rivoluzionare il mondo per sempre.

Dopo l’idea geniale alla base di Scappa – Get Out di Jordan Peele, Boots Riley dirige Sorry to Bother You, presentato in anteprima al London Film Festival 2018. Entrambi i film mescolano il genere thriller e horror per affrontare concetti rilevanti come il razzismo sistematico e l’oppressione. Presentano una realtà oscura del lavoro in una società capitalista dove le forze malvagie si travestono e agiscono nell’ombra. Infatti in questo thriller sociale il villain non è solo una persona, ma un’idea insidiosa alla radice della società stessa. Lakeith Stanfield che qualcuno ricorderà in Get Out e nei panni di Snoop Dog nel film Straight Tutta Compton, regala un’interpretazione eccentrica e convincente che si rivela il motore principale del film. Accanto a lui Tessa Thompson che troveremo nel cast del prossimo spin-off di Men in Black e Armie Hammer nei panni di un’antagonista folle, egocentrico e ambizioso che ha un piano diabolico per commercializzare una forza lavoro di schiavi virtuali. Così non lo avete mai visto.

Sorry to Bother You: un mix di thriller e horror per parlare di razzismo e oppressione

Sorry to Bother You si conferma come uno di quei film anticapitalismo dove le persone vendono la propria anima per fare carriera, ma è anche una satira del nostro tempo che, come afferma lo stesso Riley “sfortunatamente non è cambiato abbastanza da rendere il film irrilevante”.

Il regista sceglie il registro della commedia grottesca vestita di un’estetica pop, per confezionare un incubo a occhi aperti che fa riflettere su molte tematiche sociali. Ambientato in una realtà alternativa corrotta, superficiale e schiava del dio denaro, Sorry to Bother You punta a sconvolgere il sogno americano, mostrando il lato più negativo e ottuso dell’America di Donald Trump, affogata nel pregiudizio e stregata dal bisogno spasmodico di uno stile di vita oltre le proprie possibilità economiche, a ogni costo. In particolare due idee di Riley rendono originale e stimolante la sceneggiatura di questo film: l’invenzione di WorryFree, un posto di lavoro simile a una prigione dove ognuno può avere vitto e alloggio assicurati per la vita, mentre compie il suo dovere dalla mattina alla sera; e il successo di uno show televisivo che appare più volte nel corso della storia, in cui gli ospiti vengono picchiati e umiliati in diretta, mentre il pubblico ride di loro e prova un piacere maniacale nell’assistere a una tale manifestazione di trash tv. Una allegoria della schiavitù precisa e allarmante.

Sorry to Bother You: una commedia grottesca con un cast impeccabile

Tuttavia l’esplorazione dell’identità nera e delle differenze razziali si può considerare solo una sottotrama, poiché Sorry to Bother You risulta anche una devastante condanna del capitalismo con personaggi che rinunciano alla propria libertà per l’indipendenza finanziaria. In passato film come Silkwood, Norma Rae o Roger & Me avevano presentato i sindacati come realtà forti e influenti, ma decenni di attacchi repubblicani a favore delle grandi imprese li hanno indeboliti, riducendo il loro potere. Il film di Riley è una commedia specchio distorto della società, con una fotografia pulsante e colorata e un ritmo dinamico e a tratti delirante.
Divertente, scioccante, assurdo e drammatico allo stesso tempo, racconta un capitalismo che promette felicità attraverso un consumismo sfrenato che distrugge la dignità umana.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.4