Sotto lo zero: recensione del film Netflix di Lluís Quílez
La recensione dell’action-thriller spagnolo targato Netflix, diretto da Lluís Quílez e interpretato da Javier Gutiérrez. Disponibile sulla piattaforma a stelle e strisce dal 29 gennaio.
Di trasporti eccezionali di detenuti da un penitenziario a un altro sul piccolo e grande schermo ne abbiamo visti innumerevoli, ma mai e poi mai il trasferimento è andato liscio come l’olio. Qualcosa ha finito sempre con l’intralciare e stravolgere completamente i piani delle forze dell’ordine incaricate di portare a destinazione i soggetti che sono stati loro affidati. Del resto, l’evasione in tutte le sue forme e da qualsiasi luogo di carcerazione è diventata un vero e proprio must. Lo abbiamo visto ad esempio in Con Air, Nido di vespe o S.W.A.T. – Squadra speciale anticrimine e più di recente in Sotto lo zero, il film Netflix di Lluís Quílez, scritto dal cineasta spagnolo insieme allo sceneggiatore di Veronica, Fernahttp://netflix gennaindo Navarro.
Sotto lo zero: al centro della contesa armata un blindo e il suo pericoloso contenuto
In Sotto lo zero assistiamo alla cronaca di un assalto armato nei confronti di un blindo che trasporta sei pericolosi prigionieri. L’auto di scorta che lo precede viene presto messa fuori gioco e il camion si ritrova bloccato nel bel mezzo della notte in una strada deserta, con l’autista rimasto da solo a fronteggiare chi si trova dentro e fuori da un veicolo sulla carta inespugnabile. Da lì si può solo uscire, motivo per cui la prigione mobile diventa oggetto di una serie di attacchi in pieno stile home invasion. È chiaro sin da subito che lo scopo di chi o di coloro che sono all’esterno è quello di mettere le mani su qualcosa o qualcuno che si trova a bordo. E per farlo non è disposto a scendere a compromessi.
Temperature basse, pericolosi criminali e un ambiente ostile sono i nemici con i quali si dovrà confrontare il protagonista di Sotto lo zero
Disponibile sulla piattaforma dal 29 gennaio, l’opera seconda di Quílez dopo il barcollante Out of the Dark mescola nel proprio DNA il crime, l’action, il dramma e il thriller, con quest’ultimo a dettare le non regole del gioco e d’ingaggio. La verità ovviamente la conosceremo nella sua interezza solo in zona Cesarini, ma solo dopo avere assistito allo scontro senza esclusione di colpi tra il protagonista, l’agente Martin (interpretato dall’attore spagnolo Javier Gutiérrez, famosissimo in patria e noto al pubblico internazionale per i film La isla minima e per la serie Quello che nascondono i tuoi occhi) e una minaccia tanto interna quanto esterna. Una situazione che vede le posizioni dominanti capovolgersi in un battito di ciglia e le alleanze sciogliersi come neve al sole. Neve e ghiaccio che, al contrario delle alleanze dentro e fuori dal blindo, di sciogliersi non hanno nessuna intenzione. Sono le temperature basse e l’ambiente ostile il terzo nemico con il quale Martin dovrà vedersela e anche quello non fa sconti a nessuno.
La componente action è la scialuppa di salvataggio che tiene a galla un film incapace di mantenere la tensione alta
Ma se le temperature come ci ricorda il titolo del film sono basse per volontà di Madre Natura, non c’è nulla che invece giustifichi il continuo sali e scendi del termometro nella colonnina della tensione. Questo è un elemento determinante per la riuscita di un thriller, di conseguenza la discontinuità ne pregiudica la completa riuscita. In tal senso, di cliffhanger o di picchi di suspense non vi è traccia sulla timeline, con la scrittura che punta principalmente sull’effetto sorpresa dato da una manciata di sequenze disseminate qua e là per iniettare nelle pupille del fruitore qualche dose di adrenalina (il tentativo d’incendio, l’inseguimento con sparatoria, l’inabissarsi del blindo nel lago ghiacciato e la resa dei conti nel casale abbandonato). Per cui è la componente action la scialuppa di salvataggio che tiene a galla un film in cui l’incapacità di mantenere la tensione alta, oppure di sottoporla a una salita graduale ma costante, rappresenta il tallone d’Achille.
Carenza di originalità e qualche incongruenza sono il tallone d’Achille di Sotto lo zero
Il risultato non va oltre il mistery basico, che si lascia vedere ma senza entusiasmare. Le potenzialità sulla carta per fare di più e meglio c’erano tutte, anche se il plot gira e rigira fa confluire sullo schermo situazioni e dinamiche che provocano nello spettatore di turno più di un déjà-vu. Il ché denota una carenza di originalità, o quantomeno il tentativo da parte degli sceneggiatori di imboccare strade altre rispetto al modus operandi del filone nel quale Sotto lo zero si va a iscrivere. Senza contare quelle incongruenze che ne mettono in discussione la credibilità. D’accordo che al cinema tutto (o quasi) è consentito, ma che la cavalleria al gran completo arrivi solo a cose fatte e dopo svariate ore dalla scomparsa dai radar di un blindo su cui viaggiano pericolosi criminali, beh perdonateci ma lascia abbastanza perplessi.