Sottocoperta: recensione del film di Simona Cocozza
Yechenne, il protagonista del meravigliosamente malinconico This Mult Be The Place di Paolo Sorrentino, ci diceva che tristezza e tristezza non vanno d’accordo tra loro. Simona Cocozza invece con il suo coraggioso esordio al cinema di finzione ci racconta il contrario. Avrà ragione? In sala dal 5 settembre
Quanto spesso la nostra infelicità si manifesta sotto forma di profonda solitudine? E quanto spesso preferiamo nasconderla sotto strati senza fine di illusione, dunque costruzione di un immaginario altro, talvolta avendone coscienza, o altrimenti essendone vittime inconsapevoli? Ancora, quanto spesso può accadere di incontrare e legare con qualcuno che come noi si rifugia nella solitudine per non subire più il dolore e contraccolpo di tutto ciò che è attorno? Sottocoperta, l’ottimo esordio al cinema di finzione della nota documentarista e montatrice Simona Cocozza è proprio sulla base di queste riflessioni che dà vita ai destini solitari, confusi e inevitabilmente logorati di Fiorenzo (Antonio Folletto) e Matrona (Maria Pia Calzone), i due protagonisti assoluti del film.
Passato per il BIF&ST – Bari International Film Festival 2024, Sottocoperta è uscita nelle sale cinematografiche italiane a partire da giovedì 5 settembre, distribuzione a cura di Minerva Pictures.
Incontrarsi e forse innamorarsi, nonostante la solitudine, nonostante le insicurezze
La realtà che Sottocoperta mostra e racconta con estremo e preciso realismo – tornano qui il taglio e lo sguardo documentaristico di Simona Cocozza – è quella che ciascuno di noi si ritrova a vivere quotidianamente, sopravvivendole in modi differenti, subendone inevitabilmente meccanismi e frizioni, cui le risposte non bastano mai, spingendoci alla rabbia, alla frustrazione o altrimenti alla solitudine consolatoria e pacificata. Ma è realmente così pacificata la solitudine che Fiorenzo e Matrona celano l’uno servendosi della timidezza, mentre l’altra dell’instancabile piglio morale, femminile e familiare?
Probabilmente no. Ecco perché a entrambi risulta più semplice fingere. Quale menzogna migliore se non quella della fuga. Poiché lo sappiamo bene, no? Talvolta la fuga salva, che questa si trovi oltreoceano, o a qualche ora di distanza dal luogo che abitualmente viviamo e frequentiamo, o altrimenti perfino tra le mura silenziose e prive di qualsiasi ipotesi di conflitto delle nostre stesse abitazioni. Dunque se fuga e solitudine sembrano poter collaborare l’una al fianco dell’altra, non può che dichiarare sempre più forte, invadente e coraggiosa la propria presenza, una terza componente destinata a legarsi sempre più e infine a stravolgere le dinamiche dei due elementi fino a qui descritti, ossia l’amore.
Inteso come compagnia, ancor prima di carnalità, l’amore che Fiorenzo va cercando è rapidamente rintracciabile sul web, sottoforma di bambola iper realistica, che dovrebbe saper soddisfare qualsiasi genere di desiderio e voglia. Un desiderio che anticipatamente appartiene alla necessità di non sentirsi soli, non più, scansando la componente meno interessante della sessualità a partire dalle primissime sequenze, che ci permettono di conoscerne la timidezza e così le insicurezze, che appartengono in altro modo anche a Matrona, colei che nonostante tutto ne cela le intensità, mostrandosi incredibilmente forte e sicura di ciò che fa e desidera, pur non essendolo affatto, o almeno, non del tutto.
Passando per una sottile metafora di ciò che ciascuno di noi ha vissuto e osservato nel corso della pandemia da Covid-19, causa di moltissime complicazioni psicologiche soprattutto negli individui più giovani, Sottocoperta, abilmente scritto da Samantha Cito e Simona Cocozza e da quest’ultima diretto, è indagando a fondo le origini della solitudine, che finisce per scovare e approfondire le tracce dell’amore, o meglio, la necessità di ritrovarsi, ascoltarsi e legarsi in esse per non soccombere alla crudeltà della società e del mondo che ci circonda e che nonostante tutto scegliamo ancora e sempre di vivere.
Sottocoperta: valutazione e conclusione
Come spesso accade, specialmente oltreoceano è proprio il circuito cinematografico indipendente a saper fotografare al meglio e più sinceramente la realtà che ci circonda, permettendoci di conoscere al tempo stesso la natura più eclettica e di valore di interpreti che generalmente siamo abituati a ritrovare nei soliti ruoli, funzionali sì, eppure in qualche modo parziali e mai realmente soddisfacenti.
Così, anche in Italia è proprio il circuito indipendente cui certamente appartiene Sottocoperta a svelare fino in fondo la capacità interpretativa di due interpreti estremamente conosciuti come Antonio Folletto e Maria Pia Calzone, che qui gettano le maschere, offrendosi vulnerabili e per questo spigolosi e in un certo senso perfino fastidiosi. E qui rintracciamo il grande valore di un film come Sottocoperta. Il cinema ultimo offerto dal nostro paese, così come quello statunitense e via dicendo, quanto spesso ci costringe a confrontarci con il peso delle insicurezze? Con quei protagonisti che anziché vivere la vita secondo modelli supereroistici ed estremamente funzionali e vittoriosi, accettano le lacrime, i silenzi e la necessità di restare soli?
Fiorenzo e Matrona è a tutti noi che guardano e parlano, confessandosi e sconfessandoci rispetto alle nostre più ingenue e dolci contraddizioni, insicurezze e fasulle convinzioni d’essere soli, pur non essendolo affatto. Ritrovarsi dunque nella solitudine. Ritrovate in Fiorenzo, ritrovatevi in Matrona, niente più maschere, niente più bambole, piuttosto corpi, volti, voci e lacrime.
Una curiosa, stimolante e coraggiosa parabola sociale, sospesa tra favole e cinema del reale, valsa ad Antonio Folletto il premio al Miglior Attore al BIF&ST di quest’anno.
Si sorride e si riflette. Che bel film Sottocoperta di Simona Cocozza.