Space Jam 2: New Legends: recensione del sequel con LeBron James

Gli anni passano e anche le modalità di racconto da utilizzare per rafforzare (o indebolire ulteriormente) un cult dell'infanzia. Space Jam 2: New Legends si prefissa come obiettivo quello di depotenziare ogni aspetto che aveva reso il primo film del 1996 un'avventura spensierata e magica.

Ci sono pellicole che hanno bisogno, secondo le logiche delle più grandi major, di una rispolverata. Un cambio di rotta necessario per alzare la posta in gioco e proporre una versione rivista e aggiornata di un determinato film-manifesto di una generazione. In Space Jam 2: New Legends, nelle sale italiane da giovedì 23 Settembre e distribuito dalla Warner Bros., cambia il protagonista – da Michael Jordan a LeBron James – e cambia la struttura narrativa nella sua interezza. Non si tratta più di un mondo dei Looney Toons in pericolo, con personaggi iconici tenuti in gabbia per generare del sano intrattenimento per conto del malvagio Mr. Swackhammer, come nell’originale del ’96, ma di un multiverso all’interno dei server della stessa Warner controllato meticolosamente da Al G Rhythm (Don Cheadle).

Space Jam 2: New Legends – la trama del film con LeBron James

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LeBron James, nel ruolo di sé stesso, non è un padre affettivo e comprensivo e non presta ascolto ai bisogni e alle esigenze di suo figlio Dom (Cedric Joe) che, animato dal desiderio impellente di sviluppare e ideare videogiochi sin dalla tenera età, vuole prendere le distanze dal mondo del basket e seguire un percorso da lui tracciato. Dopo un tour riservato alla famiglia James per gli studi della Warner Bros., Al G Rhythm sfrutterà qualsiasi strumento a sua disposizione per separare Dom da LeBron, convincendo il primo ad estendere la sua brillante mente fabbricatrice di idee e meccaniche di gioco, e intrappolarlo per sempre nei server dell’azienda assieme al padre. I Looney Toons, capitanati da Bugs Bunny, dovranno essere reclutati da LeBron per salvaguardare la sicurezza dei franchise e delle proprietà della Warner.

Dalle stelle alle stalle: un obiettivo comune portato a termine nel più superficiale dei modi

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C’è da chiarire subito che non si intravede più nessuna scintilla o guizzo interessante da trattare e stendere adeguatamente nella narrazione di questo claudicante sequel, realizzato con il solo intento di promuovere molte proprietà appartenenti alla grande casa delle idee Warner. In Space Jam 2: New Legends lo spettatore si trova immerso in un vasto oceano di saghe, personaggi iconici e easter egg tra i più disparati – si passa dall’universo DC con Batman, Superman e Wonder Woman ad Arancia Meccanica, da King Kong a veri e propri film di culto come Casablanca di Michael Curtiz senza un costrutto di base che dia senso a queste apparizioni – per generare stupore e meraviglia. L’effetto che si va a creare è l’esatto opposto di quello che si erano prefissati Malcolm D. Lee alla regia e ben sei sceneggiatori nelle retrovie, con conseguente spaesamento dovuto ad una trama vagamente accennata e un crescendo di situazioni bizzarre che non legano con il profilo di personaggi divertiti e divertenti.

Bugs Bunny, Lola Bunny, Daffy Duck, Titty e Silvestro, Taddeo e altri membri chiave della Toon Squad vengono totalmente sacrificati: non possiedono l’energia e la grinta giusta per elevarsi al di sopra del materiale di partenza, finendo per essere divorati – si intende proprio in senso letterale – dalla volontà della casa di produzione di intrattenere costruendo intere scenografie digitali ma senza integrare al meglio i suoi personaggi di riferimento. LeBron James, come protagonista assoluto, risulta una scelta alquanto discutibile, poiché non adatto a mantenere le redini salde di una produzione che viaggia con il cambio automatico, un sequel che mantiene alta l’attenzione solo attraverso l’esplosione e di effetti generati al computer, tenendo conto anche di un’intera sezione di trama disegnata in un finto 2D legnoso e poco organico.

Il sistema di gioco è fallato nell’universo Warner di Space Jam 2, anche strutturalmente parlando

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Il copione viaggia a velocità supersonica fra apparizioni improvvise di guest star e scenari esageratamente colorati, finendo più per stordire i personaggi in carne ed ossa che si prestano al seguito di Space Jam. Poche indicazioni di rilevante importanza dalla regia e una vetrina di espressioni lontane dall’essere convincenti caratterizzano lo sviluppo di una storia che appare improvvisata sul momento. Le regole, le fondamenta del mondo costruito attorno agli interpreti reali, la successione degli eventi e la risoluzione finale attraverso una partita di basket inconsistente nell’ideazione di un pathos crescente: tutti elementi che affossano una messa in scena traballante sul fronte dell’integrazione fra attori e Looney Toons.

Malcolm D. Lee si esprime attraverso la generazione casuale di svolte e cambi di ritmo, non imprimendo un suo giudizio e una sua visione – magari inserendo una graffiante ironia comprensibile dagli spettatori più adulti – nel macro universo di una major in costante espansione. Un numero imprecisato di easter egg è pronto ad invadere gli obiettivi delle cineprese e a colmare quante più lacune possibili nella stesura di un copione poco energico, che mostra i fianchi subito dopo la chiusura del primo atto. Una famiglia spezzata da eventi più grandi di loro, ma un protagonista tutt’altro che determinato a reggere il peso sulle sue spalle. Impegnati a seguire le orme di Ready Player One (2018) di Steven Spielberg, dall’introduzione al mondo virtuale al rendering di universi cinematografici in collisione fra loro, Space Jam 2: New Legends si perde in un bicchier d’acqua, offrendo solo un campionario di personaggi iconici ma senza rendersi fruibile come trama e costruzione di essa.

Regia - 1.5
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 2
Recitazione - 2
Sonoro - 2
Emozione - 2

1.8