Spiral – l’eredità di Saw: recensione del nono capitolo della saga con Chris Rock
La vena poliziesca si avverte lungo tutto il corso della durata, ma la trama non risulta particolarmente solida nell'esecuzione. Tuttavia, si tratta di un gradito ritorno dell'Enigmista in un ibrido fra sequel e reboot.
In uscita Mercoledì 16 Giugno nelle sale italiane, Spiral, il nono capitolo della celebre saga horror di Saw trova terreno fertile per un rilancio dell’immagine e delle caratteristiche che la compongono. L’eredità dell’Enigmista si espande a macchia d’olio, con un modus operandi che attira l’attenzione di adepti pronti a ricalcare le sue orme. Il detective Ezekiel “Zeke” Banks (Chris Rock) deve fare i conti con una minaccia insidiosa che vuole mettere sotto scacco l’intero dipartimento di polizia della quale fa parte. Uno per volta, i suoi colleghi più stretti vengono rapiti e messi a dura prova in trappole complesse, dove bisogna confrontarsi con una moralità latente e imperante nel distretto. Il lascito di Jigsaw (Tobin Bell nei precedenti capitoli) ha spinto un misterioso killer ad operare silenziosamente, per condannare poliziotti corrotti e dalla fedina penale ben lontana dall’essere immacolata. Si partecipa così ad una corsa contro il tempo per stanare la minaccia, capire se proviene dall’esterno o se si tratta di una persona legata al passato di Zeke e di suo padre, l’ex ufficiale Marcus Banks (Samuel L. Jackson), e comprendere il nuovo metodo utilizzato e la motivazione del killer dietro alle barbare uccisioni.
Lo splatter non vuole dominare sullo sviluppo di Spiral: l’eredità di Saw
Per la riproposizione delle dinamiche della saga di Saw, sono stati chiamati gli sceneggiatori Josh Stolberg e Peter Goldfinger (Saw Legacy) e il regista Darren Lynn Bousman (Saw II, Saw III, Saw IV): la loro unione è essenziale per comporre un mosaico che riprenda le gesta dell’Enigmista, mantenendo però una componente mistery e poliziesca percepibile in ogni atto stabilito. Spiral ha il pregio di non premere l’acceleratore su ettolitri di sangue da riversare su schermo, perché le indagini e il profilo del nuovo killer trovano una loro dimensione più definita. Ora si deve proseguire con una storia reinventata per inserire elementi tipici del franchise (torture ingegnose, fotografia tendente al blu elettrico e al verde olivastro, tema musicale iconico da riservare per i colpi di scena) ma, al contempo, far interagire nuovi personaggi e attori di spicco fra loro all’interno delle meccaniche malsane della “copia dell’Enigmista”.
Possiamo trovarci di fronte ad un capitolo che funge sia da ponte di collegamento che trampolino di lancio di una saga che si pensava avesse concluso il suo arco narrativo con Saw 3D – Il Capitolo Finale (2010). Non è necessariamente un male questa operazione, perché da un lato troviamo un gioco al gatto e topo interessante da sviluppare su più episodi, dall’altra un proseguimento lineare di una dinamica che non stanca mai gli appassionati del franchise. Un detective dal passato turbolento, legato a doppio filo con le vittime che, puntualmente, cedono di fronte alle complesse macchina di tortura quasi impossibili da sbloccare. Spiral non tradisce le aspettative dal punto di vista della direzione e del setting, con un distretto da smantellare e pedine di un gioco al massacro che seguono false piste e vengono tenuti in pugno da un burattinaio a piede libero.
Un copione non particolarmente incisivo che punta sul carisma dei suoi interpreti
Nel tentativo di ripercorrere le gesta dell’Enigmista, il film di Darren Lynn Bousman va adagiandosi su uno script privo di mordente, che si affida ad un cast rinnovato per l’occasione: Chris Rock, famoso per le sue performance dirompenti in spettacoli comici e per ruoli di supporto in commedie di stampo demenziale, veste dei panni inediti e porta avanti un obiettivo che deve essere necessariamente condiviso con un altro grande nome, Samuel L. Jackson; un obiettivo mirato che si concentra sul funzionamento di un reboot che cambia sapore senza scombinare il fondamento della saga, che si tinge di nero per una morale e dei principi mal posti e non di un sangue che scorre copiosamente. Così facendo, il film procede spedito su binari convenzionali e con risvolti abbastanza deboli, che fanno fatica ad emergere con forza.
L’interesse orbita attorno ad interpreti che, per la prima volta, devono adeguarsi all’universo di Saw, e tutto è possibile: monologhi che spezzano la tensione, facce disorientate per sottolineare il drastico cambio di tono rispetto a ruoli svolti in precedenza, battute beffarde e linee di dialogo urlate per impreziosire il ritmo complessivo. Un compromesso accettabile, che generalmente si lascia seguire, ma poco incline al rafforzamento di un approccio thriller di livello. Si va ricalcando nuovamente l’immaginario di Seven di David Fincher, ricavandoci solo la condizione tragica di vittime in preda ad un killer che agisce come giustiziere imperfetto ma motivato nelle azioni da compiere. Un capitolo che, possiamo ammetterlo, non era necessario, ma viene sorretto da una confezione riveduta e corretta da un veterano della saga – un Bousman che si evolve con un budget maggiorato – e da trappole ancora efficaci che mantengono elevato il fattore intrattenimento.