Squali: recensione del film di Alberto Rizzi, basato sul romanzo I fratelli Karamazov di Dostoevskij

Profondo e carico di personaggi psicologicamente sfaccettati. Da vedere!

Squali, film diretto da Alberto Rizzi, dopo il lungometraggio Si muore solo da vivi e il cortometraggio Sleeping Wonder, è stato presentato alla 22ª edizione di Alice nella città, durante la 19ª Festa del Cinema di Roma. Il regista torna dietro la macchina da presa a distanza di 4 anni con un film complesso e stratificato, ispirato al romanzo I fratelli Karamazov, definito come il vertice delle produzione letteraria di uno dei più grandi romanzieri e filosofi russi di tutti i tempi, Fëdor Dostoevskij. Con un cast dove figurano Mirko Artuso, Stefano Scherini, Maria Canal, Diego Facciotti, Gregorio Righetti, Alessandro Apostoli, Sara Putignano e moltissimi altri, Squali è un film denso di metafore, simbolismi e significati.

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La poetica di Dostoevskij e il cinema di Alberto Rizzi

Squali - cinematographe.it

Un dramma, come il romanzo, dove si innestano temi tragici e temi di grande e controversa moralità. Squali è un film esistenziale, psicologico e traboccante di contraddizioni. Il paesaggio montuoso del Veneto: aperto, sconfinato, esteso e infinito è affascinante e incantevole, e si scontra con violenza con l’anima nera dei personaggi, che si materializzano non solo come individui, ma come identità irregolari, anormali, distorte e strane. E che per questo si isolano, si staccano, si separano. C’è il gruppo contro il singolo, l’amore contro l’odio, l’unirsi contro il dividersi e la fede contro l’ateismo. Inarrestabile e battente e questa ricerca di un vangelo, di un qualcosa di giusto e di vero che per il personaggio del fratello maggiore Demetrio è ciò che gli spetta per eredità, e che Leone non vuole dargli, per il secondo fratello Ivan è l’amore della sua vita che lo rifiuta, per il terzo fratello Alessio sono le parole della Santa e per la sorella minore Sveva è l’evasione e la fuga dall’ambiente e la casa familiare.

Tra Leone e i suoi figli c’è un divario insanabile e tutti i personaggi esprimono concetti e personificano nozione, immagini, astrazioni e impressioni. È spaventosa, eterogenea e articolata la complessità dell’animo dei protagonisti. Ogni interpretazione e ogni intesa è spinosa, intricata e contorta e se Leone viene visto capro espiatorio di tutti i mali, anche la sua figura ha la propria ampiezza: uomo insicuro, spregevole, incapace di provare amore e che forse mai lo ha sentito da parte degli altri. Una persona falsa, insidiosa, un impostore che ha bisogno di attaccare i figli sulle loro debolezze per non dover vedere le proprie. E se i suoi vizi, le sue colpe e il suo malessere sono estremizzati, esasperati e portati all’ennesima potenza è sempre dalla realtà che si parte. Non c’è niente di inverosimile o eccessivo, perché tutto e tutti sono inaspriti dal mondo che li circonda, dai rapporti che hanno sempre vissuto.

I temi universali e contemporanei di Squali 

Squali

Un film ambizioso e che non ha paura di osare, che si annida nella campagna veneta più mistica, esoterica e occulta. L’aborto di Sveva è legato a personaggi raccapriccianti e orribili che sbirciano da un angolo buio per osserva la prossima vittima venuta a bussare alla loro porta. Facendo capolino in una scena che le rende ancora più mostruose, simili a delle vere e proprie streghe che, con infusi, riti, o sortilegi, dovrebbero far scomparire, appunto, come per magia, la vita che stava crescendo dentro Sveva. Se delle persone così enigmatiche e orrende rappresentano la medicina, dove recarsi per abortire in segreto, non c’è da stupirsi che tutto, in Squali, sia avvolto dall’oscurità, da un buio che è interiore, da un arcano che pervade abitazioni, chiese e luoghi di ritrovo. Tutto è ermetico e ambiguo, falso e ipocrita, come la figura di Leone, che continuerà a causare dolore e sofferenza, rabbia e disperazione. Sfruttando, derubando e raggirando.

Ma Leone è alla fine solo il simbolo di un intero microcosmo, che nascosto tra le montagne di un Veneto diverso, quasi sconosciuto e mai visto, vive tranquillo, senza pagare il prezzo del proprio male, dei propri soprusi, del continuare a prendersi gioco della gente comune. Emblematica è la figura della Santa, oracolo di Alessio, sibilla della verità che mai proferisce parola, che si prostra ai piedi di Demetrio senza dare veramente una risposta. Come dar torto a chi ha vissuto nel terreno più rigoglioso dell’odio? Un odio così tanto forte e avvolgente, da non riuscire mai a trasformarsi in indifferenza? Quella che libererebbe i personaggi da quella fastidiosa emozione che ancora sentono dentro di loro. L’odio, lo sdegno e il rancore che mai svaniranno, e che si manifesta al massimo nei confronti del padre, è, nella tutta la sua irrazionalità, ciò che li fa sentire vivi. Finché sono capaci di sentire e provare qualcosa c’è ancora speranza.

I protagonisti di Squali sono tra i migliori personaggi mai scritti e riadattati

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La complessità dei protagonisti non si trova quindi nell’essere ormai svuotati di qualsiasi sentimento, ma del possedere i più ignobili, immorali e sinistri. Continuamente infettati da un’ostilità che si espande e che trasforma tutto ciò che, per decenni, avevano tenuto, angustiato, dentro di sé, in quell’iniziativa che cambierà per sempre le loro vite. Squali è un film da guardare con occhio attento, che utilizza movimenti di macchina ricercati, ma basilari, che indugia sulle panoramiche e sulle inquadrature paesaggistiche, artistiche, che sembrano a volte richiamare l’impatto istantaneo di un quadro. Girato con accortezza e destrezza, con molti dialoghi che servono a rappresentare il mondo interiore dei vari personaggi, Alberto Rizzi è accurato nell’immagine, nella costruzione della vicenda e nelle figure che la compongono. Con una fotografia che è immediata nell’effetto di una natura capace di brillare e rapire, ma anche narrativa, capace quindi di raccontare.

Un montaggio dilatato, che si prende tutto il tempo, che insiste sui piani d’ascolto e le reazioni di tutti i personaggi, primari e secondari, che appaiono nelle scene. La speranza che mai si era accesa in loro viene finalmente innescata. Anche da quegli stessi lugubri sentimenti che negli anni li avevano fossilizzati nel dolore, nel disagio, nell’avvilimento, e, più di tutto, nella rabbia. È sicuramente l’odio, il risentimento, il ribrezzo, i sentimenti più disonesti, marci e perversi ad accomunare i fratelli. Ma l’odio nei confronti di Leone appare come qualcosa di puro, come chi ha sopportato sulla propria pelle tutto il male e il veleno di cui quell’uomo era capace. Se Leone, il cui nome ha una valenza simbolica chiara, gli squali del film sono gli altri, primi fra tutti i figli che affamati e voraci trovano un nemico comune.

Squali: valutazione e conclusione

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Visionario e onirico la rappresentazione del paesaggio di Squali, un’ambientazione meravigliosa, seducente e magica, abbellisce un racconto buio, fatto di avidità, corruzione ed egoismo. Un non luogo, non subito riconoscibile, dove si fondono insieme antico e moderno, incorporeo e umano, trascendentale e concreto. Squali è un western senza tempo, perché è tremendamente attuale, ma disseminato di istinti primitivi, come gli impulsi e i bisogni che muovono i personaggi. Di elementi visivi arcaici come le case in pietra, l’ambiente rurale e la fitta vegetazione che si accresce per decine di migliaia di chilometri. Di dialoghi e concezioni che ricordano un mondo originario, remoto, ancora legato all’ipocrisia e all’ignoranza che albergano dove l’informazione non riesce ad arrivare. Come il romanzo da cui prende ispirazione, Alberto Rizzi esplora a fondo la psicologia dei personaggi, che sono poi la forza del racconto, e nel presentarli nella sua accezione inizialmente più negativa e primordiale, facendo nascere, pian piano, in loro quella ricerca di salvezza, redenzione e riscatto.

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Regia - 4
Sceneggiatura - 4.5
Fotografia - 4
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 3

3.8