Storia dal qui: recensione del film di Eleonora Mastropietro
Con Storia dal qui Eleonora Mastropietro realizza un delicato mosaico di immagini, parole e ricordi .
“Qui non c’è niente”; son queste le parole che vengono dette ad Eleonora mentre cammina tra le strada di Ascoli Satriano, un piccolo paese dell’entroterra pugliese. Non c’è niente, non c’ è il cinema, neppure il teatro, niente. Ascoli Satriano è il luogo che rinverdisce la retorica del “niente”, è il paese da cui la famiglia di Eleonora è partita negli anni dell’emigrazione, quelli durante i quali chi viveva nel sud Italia lasciava la casa, i parenti, la terra per trasferirsi al nord, dove tutto era più facile, dove si trovava lavoro, dove la vita si faceva, non la si subiva. Questo c’è dietro a Storia dal qui di Eleonora Mastropietro – nella sezione Nuove Impronte allo ShorTS International Film Festival di Trieste.
Storia dal qui: Eleonora Mastropietro torna ad Ascoli Satriano da adulta per conoscere quel paese
Eleonora ha subito l’emigrazione, è stata separata da un luogo senza che lei lo volesse, e oggi da adulta la regista torna in quelle zone, e guarda con occhi “stranieri” quel pezzo di terra, fatto di tradizioni, culture, parole, racconti, ricordi da lei conosciuti solo in parte. La piccola Eleonora ha poca memoria di Ascoli, però si ricorda quel viaggio di tanti anni prima, quando aveva incontrato Adele, la bambina del paese conosciuta nell’unico viaggio fatto nel sud, durante l’infanzia. Storia dal qui si aggrappa proprio a quella bambina, alle lettere che inviava ad Eleonora, alle parole in cui si scorge un mondo distante, misterioso, per molti versi, ma che la cineasta vuole indagare, conoscere ed incontrare; è proprio Eleonora Mastroprietro la narratrice e l’esploratrice di questo film e di questa terra ed è proprio Adele una sorta di pretesto per iniziare la ricerca (di una narrazione, di giorni passati, di una tradizione). In Storia dal qui c’è un bagaglio di racconti e testimonianze a cui la Mastropietro vuole e deve dare un volto, una forma, un contorno e poi, eventualmente, riempirlo del suo “nuovo” vissuto.
Storia dal qui: Eleonora Mastropietro a metà tra archivio personale e nuovi incontri
Inizia proprio dalle lettere di Adele la storia della videomaker, da quelle parole che volevano cucire un’amicizia, tenerla stretta, portarla avanti negli anni, che volevano rendere partecipe la sodale lontana di quelle piccole “cose” di fondamentale importanza per chi vive ad Ascoli ma non per chi vive da un’altra parte, ancor di più se si tratta di una metropoli come Milano. A quelle lettere Eleonora non ha risposto e non ha mai più reincontrato quella piccola compagna d’avventure ma in compenso ha costruito un racconto delicato e struggente che riverbera la calda luce pugliese, una lettera aperta ad un mondo lontano, a ricordi non vissuti pienamente, ad una terra che è tanto distante quanto, comunque, parte integrante di chi l’ha vissuta nelle parole e nella memoria degli altri.
Così Eleonora Mastropietro, oltre ai ricordi dei video della lei bambina, nelle immagini che fanno parte dell'”archivio” di ogni famiglia, nelle tranche de vie che come lampi di luce squarciano la sua memoria, incontra la “memoria attuale” di Ascoli, coloro che costruiscono la storia “moderna” e la cultura del nuovo paese, Serafina, Antonio, il fuochista, il piccolo Michelino, persone in bilico tra due mondi – pensiamo alla festa del ciuccio di San Potito. Coloro che incontra la Matropietro sono interpreti di un’Italia viva, vivace, che esiste, che porta avanti ciò che è con quei piccoli gesti con forza, passione e sentimento. I compaesani vivono la costruzione del ciuccio, e la festa ad esso collegata, come un rito ancestrale, come qualcosa che lega alla terra, al passato, a chi sono stati e a chi saranno, è una sorta di atto politico, un modo per dire: “sono parte di qualcosa” (una comunità) – coloro che lavorano alla “fabbrica” del ciuccio pensano di si sentono parte di qualcosa di importante e lavorano per la loro comunità non per gli “stranieri”. Resistono Serafina, Antonio, Michelino, nonostante tutto, nonostante i difetti di quel luogo, e ad ogni resistenza, conosciuta e riconosciuta, Eleonora si avvicina un po’ di più a quel mondo e incomincia a comprenderlo e a farne parte anche se per pochi istanti.
Storia dal qui: Eleonora Mastropietro realizza un delicato mosaico di immagini, parole e ricordi
Storia dal qui è un film sincero che sa mescolare varie anime: è un documentario, è una lettera d’amore ad un luogo e alla sua cultura/tradizione, è un modo per ricucire un rapporto che non si è ancora ricucito. La Mastropietro sta perfettamente in bilico tra tutto questo, lavora con emozione e rigore affondando a piene mani nel suo archivio e nelle immagini di oggi (le campagne in cui i suoi parenti e Adele giocavano si incontrano con quelle di oggi e incredibilmente non sono poi così tanto diverse). Da una parte legge le lettere ricevute, dall’altra si immerge totalmente nell’atmosfera foggiana ma ciò che unisce entrambe le spinte è un piglio pudico, coraggioso e amoroso. Da una parte incontra le persone, risucchiate dai riti quotidiani di Ascoli che è fatto proprio di questi, dall’altra scopre un paese lirico e sorprendente in cui sono rimaste intrappolate quella bambina e quell’amicizia che lei ha interrotto.
Storia dal qui è un flusso delicato, senza troppi freni, ma sa essere misurato, di immagini, parole, ricordi in cui l’importante è lasciarsi andare e condurre nella conoscenza di un luogo importante per la cineasta che dimostra il suo occhio asciutto ma anche sensibile.