Storia di una notte: recensione del film con Anna Foglietta
Paolo Costella, regista e sceneggiatore italiano, dirige Storia di una notte, che si può definire come il primo film drammatico, senza contare i numerosi film dove ha partecipato in veste di sceneggiatore: Fino alla fine, L’ordine del tempo, Il primo giorno della mia vita, A casa tutti bene, insieme a molti altri. Storia di una notte racconta l’elaborazione del lutto a seguito di un incidente che uccide il primogenito di una famiglia di tre figli. Interpreti principali Anna Foglietta e Giuseppe Battiston, seguiti da Massimiliano Caiazzo, Biagio Venditti e Giulietta Rebeggiani. Storia di una notte non si limita a descrivere i tentativi di superare una terribile perdita, ma va oltre, quando, a distanza di anni, un altro evento si abbatte su una famiglia ancora eternamente provata da quel dolore. Il film arriva in sala dal 30 aprile 2025.
Storia di una notte è l’intreccio di più storie e sentimenti che si susseguono nel corso di un’unica notte che sembra infinita

Storia di una notte è un dramma intenso, toccante e commovente, inizialmente anche difficile da decifrare. Forse perché riesce a non cadere nella trappola del melodramma, del film retorico, nel tema dell’elaborazione del lutto che sembra dover rispettare sempre un piano. Il vero dolore nel film di Paolo Costella infatti non si vede: modalità e intera vicenda si scoprono dopo, nel giro di pochi secondi, in un flashback dove, nello stesso momento, la loro vita è prima in un modo. Un attimo dopo è in un altro. Il presente di Storia di una notte è a distanza di due anni da quel tragico incidente, quando un altro dei tre figli della coppia rischia la vita. “Sta succedendo di nuovo” dice la bambina, Sara, la più piccola e i genitori, ormai estremamente lontani, si trovano a riunirsi in un’altra tragica situazione. Tutto accade, riaccade, torna alla mente, si ricorda e si vive quella notte, in un’ospedale buio, vuoto e isolato. Dove attesa e silenzio si fondono nell’oblio di una speranza che svanisce.
Sono infatti proprio l’attesa e il silenzio quei coefficienti che come risultato hanno l’incomunicabilità. Tema preferito per rappresentare l’adolescenza oggi, ma che Costella trasporta con facilità e naturalezza a un altro momento della vita. La sofferenza, e la paura soprattutto, nei confronti di un altro figlio che rischia la vita portano i due protagonisti a chiudersi ancor di più, a non dirsi nulla, a non parlarsi neanche con gli occhi, entrambi spenti. La sceneggiatura è infatti essenziale e mostra come pensieri e parole si possano perdere in quei corridoi lunghi e interminabili di un ospedale eternamente avvolto da ombre, un’oscurità che lo fa apparire quasi sinistro, oltre che desolato, proprio come sono i personaggi: soli con se stessi. L’emotività e la sensibilità in Storia di una notte è glacialmente paralizzata, immobile, stagnante e inerte come un blocco di ghiaccio. Ecco che anche l’ambientazione è rappresentazione di ciò che provano le figure coinvolte: vette innevate, colline e alture ricoperte da un manto bianco, strati, ammassi, centimetri e centimetri di neve, mentre una bufera rende sordo e spaventoso il sibilo del vento.
Gli equilibri che hanno bisogno di essere distrutti prima di venir ricomposti e ritrovati

Storia di una notte è un film intimo che punta l’attenzione sull’interiorità dei suoi personaggi, un’interiorità che appare svuotata ed esanime. Un racconto immersivo, che è autentico in ciò che narra, ma che nella forma e anche nella messa in scena opta per una moderazione che trae vantaggio dalle interpretazioni. Una recitazione che punta sugli sguardi, sui piccoli gesti, sui sospiri e i ricordi, anch’essi contenuti. Devastati e a volte come sfiniti. Basti pensare alla figura di una sempre straordinaria giovanissima Giulietta Rebeggiani, l’allegoria contrassegnata di una nuova generazione: una sincerità che, senza nascondersi, senza diplomazie o mezzi termini, cerca di ritrovare quel senso di famiglia perduto. Di ricordare ai loro genitori che qualcosa è rimasto, e che, in qualsiasi caso, si propone come unica possibilità di ricucire rapporti familiari che nel tempo si sono come frantumati e ridotti a brandelli. Un momento chiave nel film è proprio nel paradossale desiderio di rompere quell’attesa snervante, di agire in nome di una volontà comune. Nell’eventualità che il giorno dopo si trasformi nell’inizio di una nuova solitudine che ha ormai stabilito il proprio dominio. Nell’inconsapevole convinzione che alla fine della notte, qualcosa finirà, che sia questo positivo o negativo.
Storia di una notte: valutazione e conclusione

Lo stile di Costella, come nella scrittura, è misurato ed equilibrato anche nella regia, nei tempi di ripresa dove si vede la notte procedere lentamente, aspettando una luce, in un cielo nero, che tarda ad arrivare. La stessa luce che potrebbe riportare luminosità a quelle vite già spezzate. I toni freddi della fotografia si legano infatti con esemplare oggettività a un’angoscia che è ossessiva, all’incredulità di vivere, di nuovo, quella disperazione. Tutto questo in un luogo che ne rappresenta la realtà imparziale e inconfutabile. In Storia di una notte è quindi tutto studiato, la sceneggiatura è inscindibile dalla regia, dalla fotografia, dal montaggio alla recitazione. Se in alcuni momenti sembra che al film manchi qualcosa è la stessa perenne assenza che tutti provano. L’ospedale diventa quasi un non luogo e i personaggi dei non personaggi che realmente non sanno, non possono e non vogliono vivere quella situazione. Un incidente che si rivela più complicato del previsto si sovraccarica così di crudeltà, maledizione e fatalità. Sta realmente accadendo di nuovo?