Storia di una ladra di libri – recensione del film di Brian Percival
“Lei era una di quelle poche anime per le quali mi domandavo cosa significasse vivere”. Il fluttuare tra le nuvole, la sensazione pacifica dell’essere sospesi nel cielo, e poi la repentina discesa in una Germania profondamente nazista alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale. Un paesaggio innevato e immobile che rievoca l’impotenza e l’immobilità di un popolo che non poteva far altro che obbedire e farsi sottomettere. E poi due grandi occhi blu, silenziosi, pronti a raccontare una storia con la sola forza dello sguardo. È così che ha inizio Storia di una ladra di libri.
Liesel Meminger (Sophie Nélisse) è una bambina che ha già provato il dolore e la perdita direttamente sulla propria pelle, a causa della morte del fratellino Werner. Figlia di una comunista, Liesel viene affidata ai coniugi Hubermann, Hans (Geoffrey Rush) e Rosa (Emily Watson), personaggi tipicamente tipizzati, di cui la madre è la classica donna burbera e severa, ma con un cuore d’oro nascosto, mentre il padre è un uomo gentile che tratta fin da subito la figlia adottiva come una principessa, chiamandola “Vostra maestà”. Storia di una ladra di libri ruota intorno alla passione di Liesel per i libri e la lettura, simboli che inneggiano, anche se velatamente, ad una ribellione nei confronti delle ingiustizie e della violenza.
Storia di una ladra di libri: la protagonista Liesel viene costantemente accompagnata dalla Morte, compagna che la osserva silenziosamente
Il regista Brian Percival, noto per aver diretto la serie tv britannica Downton Abbey, mostra, con il film tratto dal bestseller The Book Thief di Markus Zusak, una storia in cui amicizia, onestà, fratellanza, inquietudine e terrore s’intrecciano armoniosamente creando un’opera corale in cui il confine tra dolore e felicità diventa pericolosamente labile.
La vera narratrice della pellicola è la Morte, che con la voce in fuori campo, e mai personificata all’interno del racconto, fa percepire la sua forte presenza sia nel prologo che nell’epilogo. Si può considerare a tutti gli effetti un vero e proprio personaggio, se non la protagonista indiscussa, che osserva tutto silenziosamente, aspettando nascosta il giusto momento, per poi sbucare all’improvviso.
La tragicità della Morte è percepita molto di più nel romanzo, in quanto narra dettagliatamente la vita di Liesel, accompagnandola lentamente verso la fine, e mostrandosi sia come la nemica più temuta, sia la miglior amica di ogni uomo. Proprio all’inizio della pellicola c’è un’identificazione con la Morte, attraverso una soggettiva molto evocativa, in cui vediamo le persone sul vagone dal suo punto di vista, e soprattutto vediamo Liesel per la prima volta “con i suoi occhi”.
Nella pellicola, inoltre, lo sceneggiatore Michael Petroni ha rimesso insieme i pezzi del puzzle, presentando una narrazione lineare e chiara, che permette di seguire attentamente la vicenda nella sua integrità. Nel romanzo, al contrario, i fatti non sono narrati in ordine cronologico, creando momenti di confusione e disorientamento.
Storia di una ladra di libri è una storia che prevede, intenzionalmente, un forte coinvolgimento emotivo
La Himmelstrasse (Via del Paradiso) è, per ironia della sorte, la strada in cui la nuova vita di Liesel con i coniugi Hans ha inizio, e allo stesso tempo la via in cui tutto le viene portato via, ancora una volta. In una realtà immobile, quasi fuori dallo spazio e dal tempo, si fanno strada timidamente dei momenti musicali rivelatori, composti dal grande compositore John Williams (Jurassic Park, E.T. – L’extra terrestre, Indiana Jones, Schindler’s list, tanto per citarne alcuni), per cui la pellicola ha ricevuto anche una nomination agli Oscar del 2014.
Il cast magistrale dà solennità ad un costrutto narrativo già usato innumerevoli volte all’interno della cinematografia, e che viene presentato con lo scopo di portare gli spettatori ad un massimo coinvolgimento emotivo, che culmina con l’intensa drammaticità del finale.
Il vero significato della pellicola, però, risiede nella potenza della parola, della cultura e dell’arte in tutte le sue forme. Liesel fa di tutto pur di uscire dalla sua condizione di analfabeta: è una mangiatrice di libri, la sua ossessione è la parola scritta e la volontà di poterla usare. La determinazione, anche in uno dei periodi più oscuri della storia contemporanea, è l’arma più forte di ogni individuo. Liesel ben presto comprende quanto sia importante il potere della parola, distinguendo sapientemente tra il bene e il male.