Supernova: recensione del film con Colin Firth e Stanley Tucci
Recensione di Supernova, il film diretto da Harry MacQueen ed interpretato da Colin Firth e Stanley Tucci, al cinema dal 16 settembre 2021.
Due uomini. Un camper. Un viaggio. Questi sono alcuni degli elementi di Supernova, presentato alla scorsa Festa del Cinema di Roma, nei cinema dal 16 settembre 2021 – il film di Harry Macqueen (Hinterland) che racconta la grande storia di vita e d’amore di Sam (Colin Firth) e Tusker (Stanley Tucci), sessantenni, compagni da molto tempo, l’uno pianista, l’altro scrittore, il loro viaggio arrivato in un momento fondamentale dell’esistenza, la malattia diagnosticata a Tusker affetto da demenza precoce. Un viaggio, sì, Macqueen proprio a bordo di quel camper guarda non solo i luoghi fisici, reali, fuori dall’abitacolo, ma anche quelli dell’animo. Tucci e Firth danno corpo ad una coppia che litiga per le piccole cose e viaggia nella regione del Lake District in Inghilterra.
Supernova: un viaggio, un amore, una malattia
Supernova ci porta ad affrontare un tema importante, la malattia, una di quelle più lente, dolorose e inesorabili, la demenza senile – come non pensare a Ella & John di Paolo Virzì; in entrambi i casi il centro sono amore, casa su ruote e malattia -; quanto è difficile accettare di perdersi, di corrompere i contorni delle cose e delle persone? Quanto è difficile accettare di perdere chi si ama? Tanto, molto; sarà per questo che il film lento e inesorabile, alla guisa della patologia di uno dei due personaggi, si costruisce a poco a poco, di fronte agli occhi. Sarà per questo che la storia d’amore di Tusker che vuole partire per lasciarsi alle spalle i pensieri, insieme a Sam a bordo di un camper per visitare luoghi e persone importanti del loro passato comune, si mostra un po’ alla volta, tra un racconto fatto, parole dette, sguardi e intimità.
I piccoli vuoti di Tusker, un piatto che cade, bottoni che non entrano nell’asola, parole che uscivano facilmente ora sono bloccate in gola, pensieri che un tempo si scrivevano su pagine bianche ora si accartocciano gli uni sugli altri. Sta perdendo il controllo del suo corpo, di sé, della sua vita. Sam, devoto, guarda, sospira, patisce per Tusker, fatica ad accettare il declino inesorabile del compagno, la perdita dell’uomo che ama. Loro sono Tusker e Sam, lo sono sempre stati, inizieranno a perdersi, ma non per questo si ameranno di meno: lui glielo ricorderà, gli ricorderà tutto, ogni momento, ogni istante.
Nel corso del viaggio i due devono scendere a patti con sé stessi, con l’altro, con il loro amore, con la vita, ed il regista mostra questo con delicatezza e struggimento, entra tra le pieghe dei loro corpi, tra i loro abbracci caldi e sinceri e Tucci e Firth, grandi amici nella vita – è stato il primo a proporre il secondo al regista, sono stati gli attori a chiedere di scambiarsi le parti: Tucci avrebbe dovuto interpretare Sam, Firth Tusker -, riescono perfettamente a narrare la loro intimità fatta di silenzi, occhiate, mani che si uniscono. I due interpreti si fanno spazio nel camper, nelle stanze delle case di amici e parenti durante una cena, esplodono nella natura di fronte ai paesaggi meravigliosi, sotto le stelle, celebrate nel titolo di cui Tusker è amante e conoscitore, si presentano con tutto il loro amore, la loro disperazione, il loro disagio.
Supernova, un road movie che si rivela essere molto di più
Fin dai primi minuti Supernova si svela per ciò che è, un road movie, ma non è solo questo, supera e travalica i confini, perché si tratta di un viaggio siderale in quel piccolo spazio che unisce persone legate, quelle che si amano, un limitato ma gigantesco angolo di profonda devozione di due creature meravigliose. L’essere umano è un viaggiatore, lo sono Tusker e Sam, ma, lo dice il primo, lui ormai è diventato solo un “passeggero” e non gli basta, non è sufficiente per chi è sempre stato capitano della propria esistenza. Il film si fonda su un’ossatura forte e sicura, fatta di dialoghi densi, di parole non dette e dolorose promesse, di due anime che hanno una complicità fuori dal comune.
Macqueen sceglie una linea narrativa struggente e “immersiva”, dal fuori, fatto di paesaggi, mete, luoghi che hanno avuto un significato per la coppia, si arriva al dentro, quello della coppia stessa; il film è una sorta di spettacolo teatrale che si apre, di volta in volta, un po’ di più per poi mostrare il suo nucleo nel finale. Prima il quotidiano, la malattia quasi messa tra parantesi, poi la profondità del loro amore, le questioni profonde della malattia, le idee diverse sull’esistenza e sul modo in cui rapportarsi alle difficoltà. Al centro di tutto ci sono Tucci che mantiene una compostezza eroica, difende stoicamente e fieramente la propria dignità, la propria necessità di essere sé stesso fino all’ultimo giorno, e Firth che piange, urla, si dispera, perché è lui a rimanere, a dover assistere allo smarrimento del compagno. Tutto sta negli occhi persi di Sam che chiede, insiste, vuole prendersi teneramente e tragicamente cura di Tusker, vuole custodirlo, custodire loro, ciò che erano stati e che saranno comunque per sempre anche quando l’altro sarà appannato in un piccolo angolo nel corpo ormai privato del suo proprietario. Quello sguardo è un simbolo: lui, forse egoisticamente, vuole averlo sempre accanto a sé, non vuole vederlo andare via.
Il regista usa il viaggio fisico e spirituale dei due per riflettere sulla morte e sulla vita: Tusker spiega alla sua figlioccia l’esistenza terrena guardando le stelle – le svela come esse compongono anche il corpo umano causando l’incredulità della ragazzina -, le passa il testimone volendo lasciare a lei qualcosa, l’ennesimo insegnamento per cui la ragazzina si ricorderà di lui. Mette in scena lo scorrere del tempo, come aveva già fatto con Hinterland, suo film d’esordio, così come scorre il mondo attorno a loro, spettatori dello spettacolo della natura dal camper, ma i problemi restano, il loro amore resta. Arriva un momento però in cui non si può più andare avanti, bisogna terminare il viaggio, guardarsi in faccia e parlare, qui il luogo scelto è una casa in campagna, in Hinterland un cottage sul mare. Emblema del movimento delle cose, sono le stelle che sono sempre diverse eppure sono sempre le stesse, vengono osservate, guardate. Tusker insegna a Sam a guardare il cielo, a riconoscere le stelle, le costellazioni, a stendersi e ad ammirare. Supernova parla del coraggio di accettare le cose anche se non vanno sempre come vorremmo, della libertà di fare le proprie scelte, del rispetto per l’altro: non si può ricattare o imporre nei rapporti d’amore.
Un film delicato che non straborda mai oltre i confini di Firth e Tucci
Supernova è una delicata e malinconica poesia, un racconto di vita che attraversa terre fisiche e umane in modo da capire bene l’intimità alla base del rapporto dei protagonisti ma senza rompere quell’alchimia. Macqueen sceglie la via della grazia e della semplicità, non corre mai per narrare questa storia, resta sempre un passo indietro lasciando a Tusker e a Sam la dignità dei sentimenti. Tutto ciò si costruisce sugli schemi e con l’impostazione del road movie; uno dei punti forti della storia è la tensione struggente che si legge nei piccoli gesti, negli sguardi disperati, nei silenzi assordanti dei due, di chi non è pronto a lasciare andare e di chi vuole ancora avere il controllo sulla propria vita. Supernova è un film solido, commuovente e recitato magnificamente, non si ha mai la sensazione, la supponenza di poter giudicare, esprimere un giudizio, non si invade il cerchio d’amore, di stima che lega i due, ci si tiene a distanza pur partecipi.