Sweet Bobby: il mio incubo – recensione del documentario Netflix

L'inganno di catfish che ha coinvolto Kirat Assi per nove anni non viene raccontato con la giusta attenzione, ma cede al sensazionalismo

Sono i primi anni 2000, il periodo in cui Facebook è il social più utilizzato e la sensibilizzazione sui pericoli che si possono incontrare su internet è ai minimi storici. Ma anche se fosse stata messa in guardia, Kirat, la protagonista e voce narrante di Sweet Bobby: il mio incubo, il nuovo documentario true crime targato Netflix disponibile dal 17 ottobre 2025, non crede di avere nulla da temere.
Tratto dall’omonimo e famoso podcast, Sweet Bobby narra dell’assurda vicenda che vede coinvolta Kirat Assi in un intricato quanto inquietante caso di catfish.

La vicenda di Sweet Bobby

Sweet Bobby: il mio incubo. Cinematographe.it

Quando nel 2009 le arriva su Facebook la richiesta d’amicizia di Bobby Jandu, Kirat non nutre nessun sospetto. Dopotutto la famiglia di Bobby ha un’ottima reputazione nella comunità del Kenya da dove entrambi provengono e le due famiglie si conoscono per via della relazione tra la cugina di Kirat, Simran, e il fratello minore di Bobby. Inoltre Kirat risiede in UK come Bobby che, essendo cardiologo, vive tra Londra e il Kenya.
I due iniziano a parlare prima saltuariamente per diventare col tempo sempre più affiatati, fino a quando la loro relazione diventa romantica. Anche se i due non si sono mai visti, Bobby e Kirat hanno intenzione di sposarsi e di costruire una famiglia assieme. Dopo nove anni di bugie e di un folle piano, Kirat scopre la verità dietro il profilo di Bobby.

Quando il formato seriale avrebbe davvero fatto la differenza

Sweet Bobby: il mio incubo. Cinematographe.it

A differenza di molti altri documentari presenti su Netflix che sono in formato seriale, Sweet Bobby è un film della durata di un’ora e venti durante la quale vengono raccontate tutte le dinamiche della complessa vicenda, vengono presentate le persone coinvolte e viene allestito l’importante, seppur breve, contesto.
Il racconto di Kirat viene narrato in prima persona attraverso una lunga intervista che ripercorre le vicende in ordine cronologico, interrotta saltuariamente da ricostruzioni recitate e brevi apparizioni dei suoi familiari e delle altre vittime.
Le intenzioni di Sweet Bobby: il mio incubo sono quelle di concentrarsi sullo snocciolarsi della storia e, soprattutto, sul colpo di scena finale che permette a tutti i tasselli di incastrarsi. Al contrario della natura di molti documentari true crime, ci si sofferma poco sul contesto che ha portato Kirat ad aprirsi e a fidarsi di un conoscente. Il documentario non dà gli strumenti necessari per comprendere il punto di vista della donna e come sia stato possibile che la persona che si è finta Bobby sia riuscita ad influenzare Kirat per così tanto tempo.

Sono pochi i momenti in cui il lungometraggio si sofferma a spiegare cosa voglia dire per Kirat il matrimonio o quali siano i suoi sentimenti nell’essere una donna di 32 anni single e senza figli. Come ammette lei stessa, Kirat ha il desiderio di diventare moglie e di formare una famiglia sua, ma la narrazione e le interviste alle parenti coinvolte svelano anche che per le donne della loro cultura il matrimonio e la maternità sono fondamentali per definirsi realizzate.
Questo aspetto fondamentale e l’ansia che la donna prova però vengono solamente accennati a più riprese, ma non diventa mai una tematica del documentario né un argomento approfondito da nessuna delle parti coinvolte. Così come non sono approfondite nemmeno le dinamiche del catfish e delle dinamiche di potere che esso crea.

Sweet Bobby: valutazione e conclusione

Sweet Bobby: il mio incubo. Cinematographe.it

Per essere un documentario, Sweet Bobby è abbastanza superficiale e sensazionalistico. Racconta la storia in maniera quasi sensazionalistica, seppur minimale, piuttosto che concentrarsi sul dare gli giusti strumenti allo spettatore per capire tutte le dinamiche. Sia quelle di potere esercitate dal carnefice che sono state innescate per isolare Kirat e per installarle un senso di fiducia cieco in una persona che non ha mai visto, né come sia stato possibile per Kirat ritrovarsi in quella situazione. Il background della donna, la sua cultura e il potere subdolo esercitato dalla persona dietro Bobby sebbene siano aspetti fondamentali e che avrebbero meritato più spazio sono ridotti a degli accenni.
Sweet Bobby riesce a catturare l’attenzione grazie alla storia folle che racconta, non per il modo in cui lo fa.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 2
Recitazione - 2.5
Sonoro - 2.5
Emozione - 3

2.5

Tags: Netflix