Berlinale 2019 – System Crasher: recensione del film di Nora Fingscheidt
La regista Nora Fingscheidt ha portato alla Berlinale una storia di abusi, violenza e bambini dimenticati. Ecco la nostra recensione di System Crasher
Nella lingua inglese c’è una parola che descrive perfettamente System Crasher: tear-jerker. Certo, è traducibile con strappalacrime, ma in questo il termine anglosassone rende meglio l’idea. E il film tedesco, che ha debuttato per la stampa europea l’8 febbraio alle Berlinale, ne è un esempio parecchio lampante.
La storia è quella di Benni, una bambina dall’infanzia travagliata (anche se mai davvero esplicitata al pubblico) che, come spesso accade, è affidata ai servizi sociali. Benni è violenta, problematica, disturbata. È una System Crasher, un bug nel sistema.
System Crasher: un film che trasuda delicatezza
Il film è diretto da Nora Fingscheidt, una delle tante registe che quest’anno hanno graziato il festival tedesco e c’è poco da fare: la mano femminile è palese. System Crasher è delicato, tenero, straziante. Viviamo con cuore materno o paterno la frustrazione del vedere una bambina, vittima delle circostanze, essere destinata a un tragico oblio. Benni è dimenticata. Dimenticata dalla madre che a sua volta avrebbe bisogno di aiuto. Dimenticata dal sistema per scarsità di mezzi e, forse, interesse. È dimenticata da quegli educatori che, purtroppo, si costringono a togliersela dalla testa: ricordarla farebbe troppo male.
Come la sua giovanissima protagonista (interpretata da Helena Zengler, brava da impazzire) il film è lui stesso una rottura: la bambina è all’apparenza Angelica, con occhi azzurri e capelli biondi, ma in un attimo potrebbe sbattere sanguinosamente la testa di un bambino contro il muro. Ha calzini rosa, maglioncini color cipria e una giacca fucsia, ma non esiterà un attimo a puntare un coltello contro se stessa e contro gli altri.
Assistiamo alla ricerca di attenzione di Benni, che come una forsennata urla a pieni polmoni ed esige quell’amore che la vita le ha negato. L’urlo le esce dalla gola, rauco, come il verso di un animale, come se quella bambina fosse stata allevata dai lupi. E invece no, Benni è passata da una casa famiglia all’altra e ogni volta è stata mandata via senza se e senza ma. E come biasimarli? Chi vorrebbe tenersi in casa una bambina che ti costringe a dormire con un occhio aperto?
System Crasher: un film di denuncia con un finale aperto
Nel corso del film Benni prova a redimersi, ma non ci riesce mai. Non sa come fare. Non capisce cosa di lei disturbi gli altri. Si rende conto di soffrire di attacchi d’ira criminali, ma la sua mente da bambina non ne coglie la gravità. Esige di essere vista e ascoltata, a costo di spaccare il naso al vicino di banco. E quei momenti di violenza sono repentini, sia nella testa della bambina, sia sullo schermo, come se fossero una cosa sola. Proviamo ad anticipare, a prevenire ciò che accadrà, ma è impossibile.
Quindi guardate System Crasher appena potete e come potete, ma fatelo a vostro rischio e pericolo. Vi sentirete esposti, colpevoli di una colpa che non esiste, coinvolti nella storia di Benni e contagiati dalla frustrazione di coloro che vorrebbero aiutarla, ma che non ne hanno le facoltà. Guardate il film e pensate alla sua trasposizione nella realtà e a come – in maniera alquanto pop – abbia provato a denunciare una situazione che esiste eccome. Poi, da che ci siete, divertitevi con il finale aperto e provate a immaginare il destino di Benni.