Takeaway: recensione dell’ultimo film con Libero De Rienzo
La pellicola tratta il delicato tema del doping.
Takeaway, presentato in anteprima durante l’edizione 2021 della Festa del Cinema di Roma è il secondo film di finzione di Renzo Carbonera. Il film è stato poi proiettato in occasione del XIX edizione del BAFF – B.A. Film Festival, in corso presso Busto Arsizio dal 8 al 12 Novembre.
Il lungometraggio racconta la storia della coppia formata da Maria, interpretata da Carlotta Antonelli (Suburra – La serie), e da Johnny, interpretato da Libero De Rienzo (Smetto quando voglio). Lei è una marciatrice, mentre lui le fa da allenatore; quando, dopo un periodo di stop dovuto a un infortunio, decidono di tornare a gareggiare, Johnny convince la sua compagna a sottoporsi a una terapia dopante. Per assicurarsi di avere i fondi necessari per il costoso trattamento, i due coinvolgono nella faccenda anche i genitori di lei.
Takeaway: una storia diversa
La cosa che maggiormente colpisce di Takeaway è la scelta di Renzo Carbonera, che si è occupato anche della stesura della sceneggiatura, di non utilizzare la formula narrativa tipica dei film che trattano le tematiche dello sport e del doping. Nella pellicola non assistiamo infatti alla solita parabola dell’atleta, che passa da un primo momento di successo per arrivare alla inevitabile disfatta tramite la quale prenderà coscienza dei propri errori.
La vicenda lascia anzi in secondo piano l’aspetto agonistico e si concentra sulla descrizione dei rapporti umani che intercorrono tra i personaggi. Al centro della vicenda c’è quindi il rapporto ibrido, un po’ mentore-allieva un po’ compagno-compagna, che unisce i personaggi interpretati da Antonelli e De Rienzo; a questo è poi affiancato quello che unisce la madre e il padre di Maria (interpretati rispettivamente da Paolo Calabresi e Anna Ferruzzo).
A rendere simili queste due relazioni c’è la presenza della sostanza. Il doping che la protagonista assume per ottenere i risultati sportivi che desidera il suo allenatore è paragonato agli psicofarmaci che sua madre prende. Anche per quest’ultima le pillole sono necessarie per essere all’altezza delle aspettative che le vengono poste: senza di esse non è in grado di sopportare la sua vita, che sente di non avere scelto e sulla quale non ha controllo.
Infine, ha il carattere della dipendenza anche il rapporto stesso che unisce Maria e Johnny. In questo caso, l’uomo è sia sostanza che pusher, mentre la donna ha le caratteristiche della dipendente. In più di un’occasione, in cambio di una dose dell’approvazione di lui, essa è pronta a privarsi della propria libertà e a rimettergli le scelte riguardanti la sua vita. Solo sul finale, tramite un gesto estremo ma necessario, sarà in grado di liberarsi e avviare il suo percorso di disintossicazione.
Un mondo freddo
L’autore, per arricchire la struttura narrativa di questa sua pellicola, lavora molto sulla sceneggiatura e sugli ambienti. Questi elementi apparentemente esterni vengono da lui utilizzati come allegoria dell’interiorità dei personaggi. L’ambiente in cui Maria marcia in solitaria, in cui la bellezza della natura è accostata a edifici in rovina, ci parla delle contradizioni di questa giovane donna, della sua innocenza e del suo dolore.
Allo stesso modo, l’albergo di proprietà dei suoi genitori, i cui dettagli sono spesso lasciati fuori fuoco dalla macchina da presa, ci racconta qualcosa del personaggio della madre: le stanze dai contorni indefiniti sono una metafore del suo senso di smarrimento, della sua incapacità di prendere il controllo del suo presente.
Infine, la casa dove vivono Maria e il Johnny, scarsamente illuminata e caratterizzata dal prevalere dei toni freddi, ci parla del carattere interpretato da Libero De Rienzo. Quest’ultimo, con i suoi modi distaccati e freddi, appare disumano, glaciale nei gesti e nelle attenzioni, che sono sempre prive di un vero istinto di cura. C’è in lui qualcosa di spento, di freddo appunto, che veramente lo fa somigliare alle sostanze che fa assumere.