TFF33 – Morituri: recensione e intervista al cast del film
Daniele Segre, grande regista italiano, Artista con la A maiuscola, ha iniziato la sua attività come fotografo, per passare poi negli anni settanta al cinema di documentazione sociale realizzando documentari, film di fiction, servizi per la televisione. Dal 1996 è docente di regia alla Scuola nazionale di cinema (Centro sperimentale di cinematografia) di Roma e dal 2014 è il direttore della sede distaccata della Scuola Nazionale di Cinema del Centro Sperimentale di Cinematografia, a L’Aquila (Corso di Reportage Audiovisivo).
Morituri segna il ritorno dietro la macchina da presa di Daniele Segre, con un cast tutto femminile, una storia onirica e uno stile unico nel suo genere: una vera sorpresa per questa trentatreesima edizione del Torino Film Festival.
Morituri: riposate in pace
Sullo sfondo della sezione loculi di un cimitero s’incrociano le vite di tre donne di mezza età: Nora, Aurora e Olimpia. La zitella, la divorziata e la vedova: tre vite sospese tra la rassegnazione e l’attesa. Tre vite a rischio necrosi. Nel corso di una nottata di veglia organizzata nel cimitero, alla luce dei lumini votivi e della scritta al neon «Riposate in pace», le tre donne saranno protagoniste di una fantasmagorica messa in scena delle rispettive e personalissime inquietudini.
Morituri, è uno di quegli esempi di cinema italiano che, ad ogni visione, mostra lati nuovi e sfaccettati all’interno della storia narrata.
Il lavoro registico è minuzioso, non tanto per i movimenti di camera visto che tutta la pellicola ha una inquadratura fissa di stampo dichiaratamente teatrale, ma piuttosto per il lavoro sugli attori, un percorso che ha portato al successo del film, uno studio che ha permesso alle tre attrici principali ( le fantastiche Donatella Bartoli, Tiziana Catalano e Luigina Dagostino) di sostenere interamente la durata della pellicola, con una bravura straordinaria che non si vedeva da anni.
In Morituri, nei suoi 75 minuti di durata, le attrici utilizzano il loro colore energetico (se si può utilizzare un gergo teatrale) e lo sfumano in svariati modi, unendosi, creando nuovi colori e cambiando in interi piani sequenza il loro essere, un lavoro non da poco, che traspare sia a livello artistico, sia a livello di rapporti umani: sì perchè ciò che traspare anche da Morituri è il divertimento che c’è stato dietro la macchina da presa, tra un ciak e l’altro.
La sceneggiatura del film, scritta dallo stesso Daniele Segre, è un viaggio onirico tra le lapidi di un cimitero, una commedia nera che fa sorridere ma pone anche molte domande; alcune troveranno risposta mentre altre sono da considerarsi di libera interpretazione: in Morituri sembra quasi di tornare indietro all’epoca d’oro del cinema italiano, il neorealismo nostrano, la risata amara, il divertimento, l’immedesimazione nei personaggi e tanti, tanti pensieri a fine spettacolo.
Da osannare all’interno del film anche la fotografia di Luca Bigazzi e la scenografia di Elena Bosio, due elementi che portano Morituri ad un livello non da poco, costruendo una cornice e dando il giusto tono allo sfondo di questo quadro complesso, ma dal sicuro impatto emotivo.
Morituri è una pellicola sia complessa che esilarante, che merita e giustifica totalmente una multipla visione per apprezzare al meglio il lavoro svolto dalle attrici, dall’intero cast tecnico e dallo stesso Daniele Segre, a prova che: con la semplicità tecnica, le giuste idee, e il lavoro giusto si può portare a casa un prodotto che segna un punto fermo nel cinema italiano.
Morituri: intervista al cast
La domanda principale davanti alla prima visione di Morituri è: siete morte o siete vive?
Donatella Bartoli: Eh, chi lo sa? È una bella domanda ma in realtà non lo sa neanche chi lo ha scritto: forse sono tre spettri, forse sono tre Parche, non possiamo saperlo fino in fondo! Nel mio immaginario appunto, una cosa che mi ha aiutato a costruire il personaggio è stato proprio pensare alle tre Parche: una allacciava i legami nel mondo,, l’altra li intrecciava e la terza li tagliava.
Luigina Dagostino: davanti a questa affermazione posso dire che loro non possono essere loro senza una terza, rappresentata dal mio personaggio; un personaggio che può essere visto anche come una vittima, sicuramente loro tre sono legate a filo stretto.
Tiziana Catalano: in realtà però non fatevi troppe domande, non è un film così tanto da capire e da comprendere: sono più emozioni che dovremmo in qualche modo trasmettere, dal testo scritto da Segre fino al nostro lavoro su schermo…
Che lavoro avete fatto sui personaggi per arrivare a dei livelli così alti?
Donatella Bartoli: tenendo conto del fatto che lo abbiamo girato in pochissimi giorni e tutto il primo atto è un unico piano sequenza di 23 minuti il lavoro c’è stato eccome, un lavoro soddisfacente, fatto di varie prove, come nelle più grandi produzioni teatrali e con qualche inserimento di alcuni risvolti particolari dei personaggi mentre stavamo girando il film…
Luigina Dagostino: Abbiamo fatto un certo numero di prove, per cui insieme a Daniele Segre abbiamo creato minuziosamente i personaggi, abbiamo lavorato su tutti i particolari più volte e ad ogni volta lui non era contento ma nemmeno noi, quindi ci applicavamo per rendere al meglio il tutto, per affinare queste capacità per riuscire a mantenere un alto livello nonostante fossimo solo in tre, con tre solitudini diverse e tre drammi diversi…
Tiziana Catalano: lavorare con tre donne diciamo che non è stato facile ma siamo riuscite a creare tre personaggi diversi, grazie al lavoro di Segre, grazie al nostro lavoro e grazie al divertimento sul set durante le riprese. L’intento di Segre in Morituri era appunto quello di far uscire tre caratteri diversi, ognuna di noi ha tanto spazio, tanta potenza…
Donatella Bartoli: volevo inoltre aggiungere a nome di tutte e tre che lavorare con Segre è stata un’esperienza molto interessante, lui è un regista sperimentale ma ha permesso anche a noi di sperimentare. Questa sua ottica di ricerca è molto bella, però cambiando rispetto al passato, dalla realtà ai personaggi surreali che abbiamo portato su schermo però con drammi personali che generano personali sofferenze. La cosa bella è che nell’essere surreale e con una continua ricerca delle emozioni, Morituri ha una matrice umana totalmente mantenuta e stimolante…
Come è nata l’idea di realizzare questa storia?
Daniele Segre: il progetto nasce dalla mia esigenza di proseguire nella ricerca nata con Vecchie e Mitraglia e il verme che hanno lo stesso stile dell’inquadratura fissa, unica e frontale; l’idea non saprei dire quando mi è venuta, è nata all’improvviso: fonte di ispirazione iniziale è stata Tiziana Catalano che ho visto recitare a teatro e mi ha divertito molto e ho intuito che lei mi poteva servire in prospettiva della mia necessità di avere una scintilla e lei è stata quella scintilla:
Prima è venuto il titolo e la location e poi di conseguenza è nata la storia.
Perchè tre personaggi femminili?
Daniele Segre: in Vecchie c’erano due personaggi femminili, in Mitraglia e il verme due maschili, per il gioco dell’alternanza ho deciso di non inserire più due personaggi ma tre, il prossimo progetto ad esempio avrà due uomini e due donne perchè mi piace molto lavorare con gli attori, lo sto scoprendo sempre di più e, devo dire la verità, sia per quanto riguarda la scrittura sia per quanto riguarda il lavoro con gli attori mi diverto, provando un benessere intellettuale straordinario che mi aiuta a gestire i problemi che demoralizzano. Questa cosa mi fa trovare delle risposte interne per reagire a queste situazioni che in molti hanno in comune con me, tutte quelle persone che vogliono fare il mio mestiere: io non mi butto giù e cerco di reagire scrivendo e sfogandomi con la scrittura.
Morituri è nato così, cercando di trovare un sollievo interiore.