TFF33 – The Idealist: recensione del film di Christina Rosendahl
Colori cupi, dilatazione estrema dei tempi, dialogo asciutto e profondità di campo. The Idealist (Idealisten) ha tutti gli ingredienti del perfetto film scandinavo, se ci aggiungiamo anche inchiesta, coraggio e ricerca della verità avremo una pellicola quasi perfetta e intensa della danese Christina Rosendahl, presentato nella sezione ufficiale in concorso Torino 33 del 33. Torino Film Festival.
Nel 1968 un bombardiere americano, carico di testate nucleari, si schiantò tra i ghiacci della Groenlandia. Sia americani che danesi, responsabili della zona, dichiararono che la situazione era sottocontrollo e che non c’era alcun motivo di preoccupazione. La zona venne bonificata e la neve carica di plutonio venne trasferita. Quasi vent’anni dopo il giornalista Poul Brink, grazie ad alcune testimonianze che attestano, come prova le stesse lesione della loro pelle, che quella zona non era affatto sicura e che l’inalazione stessa del plutonio gli ha provocato il cancro. Ma Brink, continuando a scavare, non solo attesta un caso vero e proprio di mala sanità e soprattutto negligenza e superficialità da parte di tutto lo staff medico, ma inizia a scoprire verità molto più preoccuparti riguardanti quel tragico incidente; verità che potrebbero essere di valenza importante per la Nazione intera, e non solo.
Parte così una vera e proprio crociata, la crociata di Poul Brink, contro i “grandi potenti” del mondo che controllano, sorvegliano, mentono e insabbiano. Coloro che promettono sicurezza e poi tacciono e negano sulle possibili catastrofi che sono seminate proprio sotto ai nostri occhi.
Una corsa contro tutto e contro tutti, con l’altissimo rischio di perdere qualsiasi cosa, compresa la libertà, ma Poul non si arrende. Vola fino agli Stati Uniti, cerca, si documenta, ottiene ciò che vuole, insegue Ministri, politici, insegue e intervista chi sa di quegli errori, chi sa cosa nasconde davvero quella catastrofe. Diventa un personaggio scomodo, uno di quelli che prima o poi dovrà essere tolto di mezzo. Barriere su barriere si sollevano di fronte al giornalista, mettendolo quasi alle strette, rinchiudendolo in un vicolo cieco dove l’unica via d’uscita è la rinuncia. Ma Poul è un fiume in piena. Una miccia che inizialmente scatena una vera “rivolta”. Iniziamo a sentire le prime voci, quelle di chi c’era quel giorno, di chi è stato costretto a spalare quella neve che, in realtà, non ha mai lasciato la Groenlandia. Al tempo stesso viviamo le stesse tensioni, le pressioni. Un mash-up tra ricostruzione e uso di documentazione d’archivio, tra immagini e video, registrazioni audio e trasmissioni televisive. Gli sbagli di un tempo che si rifanno sentire sul presente. Il potere dei media che si “proclama” difensore della verità e dell’informazione; quell’informazione che deve essere pubblica e spetta di diritto a tutti i cittadini.
The Idealist, il coraggio di Poul Brink al Torino Film Festival
Come detto prima i tempi di narrazione di The Idealist sono molto dilatati; in alcuni casi anche necessari, in altri invece forse un po’ superflui. Troppo tempo per qualcosa che avrebbe avuto bisogno di una tempistica minore, come soffermarsi troppo sul materiale di repertorio. Un film non leggerissimo, sebbene molto apprezzabile, che rischia di essere ancora più pesante e far perdere, soprattutto nella sua parte centrale, lo spettatore. L’esasperazione di una sequela di eventi non realmente necessari, almeno non nella loro integrità. Un po’ meno fatti e più azioni, soprattutto nella parte centrale, avrebbe reso la pellicola perfetta nel suo genere.
Il cinema di inchiesta è qualcosa che quest’anno abbiamo visto molto spesso all’interno dei Festival, e la Rosendahl con The Idealist, nonostante qualche piccolo difetto, non è da meno. Dopo i recentissimi avvenimenti a Parigi, film come questi dimostrano con grande forza e coraggio il lato più marcio che c’è dietro ogni governo.
La conclusione è quasi scontata. Sebbene positiva, l’amaro resta ancora in bocca. L’amaro dello stesso protagonista che non ha potuto fare abbastanza. Si, la verità è divenuta di dominio pubblico, ma tutto ciò non è bastato a cancellare quella tragedia, a restituire la vita e una vita normale a chi ha messo le mani in quella neve. Una conclusione quasi inevitabile che fa luce sulla perenne fallibilità della razza umana. Un singolo che non basta, che non può bastare. Vincere una battaglia non è sufficiente per fare davvero la differenza, bisogna restare uniti fino alla fine, ma purtroppo accontentarsi del minimo indispensabile, per i più, sembra essere la vittoria più grande. Ovviamente gli unici veri vincitori, come sempre, sono coloro che la parola verità l’hanno ormai corrotta da troppo tempo, ma film come questo fanno capire che il coraggio di persone come Brink non verrà dimenticato.