Bif&st 2018 – The 12th man: recensione del film con Jonathan Rhys Meyers
Jonathan Rhys Meyers è un freddo capitano della Gestapo nel film ambientato nella Norvegia durante il Secondo conflitto mondiale.
Presentato nella sezione Panorama Internazionale al Bari International Film Festival 2018, The 12th Man (Il dodicesimo uomo) è diretto dal regista olandese Harald Zwart, noto al pubblico per aver diretto negli ultimi anni il remake di The Karate Kid, The Karate Kid – La leggenda continua con Jaden Smith e Jackie Chan, e l’adattamento cinematografico della serie letteraria fantasy Shadowhunters – Città di ossa con protagonisti Lily Collins, Jamie Campbell Bower e Jonathan Rhys Meyers. Quest’ultimo torna a collaborare col regista anche in The 12th man nel ruolo di uno spietato capitano della Gestapo.
L’estrema voglia di sopravvivere al nemico in The 12th man
Quella raccontata è la vera storia di Jan Baalsrud, membro della resistenza norvegese contro l’occupazione nazista nell’Europa del nord, unico superstite di una missione portata avanti da dodici coraggiosissimi partigiani. Dopo un attacco a fuoco, Jan è l’unico ad evitare la cattura della Gestapo, accorsa sul luogo con un’imboscata. Inizia per il protagonista una rocambolesca e drammatica fuga per la sopravvivenza. Alle sue calcagna, infatti, vi è lo spietato capitano nazista Kurt Stage, interpretato da Jonathan Rhys Meyers.
Il lungometraggio diretto da Harald Zwart è un toccante ed potente viaggio nella nevosa e gelata Norvegia, il cui candido manto bianco è sporco del sangue di coloro che provano a combattere il nemico. Sullo sfondo di un conflitto terrificante e mai dimenticato, The 12th man racconta con minuzia e crudeltà la sofferenza di un uomo solo in fuga verso la libertà. Thomas Gullestad, interprete del protagonista, dona al suo personaggio una forza espressiva davvero palpabile e tangibile. Grazie ad una regia molto precisa e ancorata al suo protagonista principale, il film scorre su due binari paralleli che raccontano contemporaneamente i deliri e le alterazioni psicofisiche di Jan Baalsrud e il supporto delle persone che l’uomo incontra sulla propria strada. Di contro c’è il cattivo di turno, il capitano della Gestapo installata in Norvegia Kurt Stage, interpretato da un più che convincente Jonathan Rhys Meyers. L’attore certamente più conosciuto del suo collega nel panorama mondiale risulta valido nel ruolo di un nazista dal sangue freddo e subdolo, determinato a catturare il dodicesimo uomo come fosse la sua unica ragione di vita.
Con grande sensibilità espressiva e una certa mutabilità fisica Thomas Gullestad convince nel ruolo del partigiano in fuga dai nazisti
Seppur storie come queste siano state largamente raccontate al sul grande e piccolo schermo, The 12th man fa della fuga del protagonista la sua unicità e particolarità. Soprattutto grazie all’efficacia recitativa dell’attore chiave, un’ottima sceneggiatura, scritta dal norvegese Petter Skavlan, immerge lo spettatore in questa corsa contro il tempo scandita da un montaggio che ben si sposa con la ritmicità delle scene ora più sostenute, ora più dilatate. Così come Dunkirk che fa della colonna sonora composta da Hans Zimmer uno degli elementi più importanti della pellicola di Christopher Nolan, anche The 12th man è sostenuto da una colonna sonora e più in generale da un montaggio sonoro plasmato sulla sofferenza e sulla volontà di quest’uomo che non si arrende al nemico. Ed infine, prendendo ancora una volta il film diretto dal regista di Inception, che in Dunkirk raccontava una storia di salvataggio sulla spiagga dorata di Dunkerque, anche in The 12th man, la fotografia curata da Geir Hartly Andreassen è in grado di donare il giusto tono al racconto, tutt’altro che felice. Un ottimo film di guerra, infine, capace di regalare allo spettatore un’immersione nella narrazione quasi completamente naturale.