The 33: recensione del film Netflix con Antonio Banderas
The 33 racconta della tragica esperienza dei 33 uomini minatori che il 5 Agosto 2010 in Cile, entrati nella gola della miniera di San Jose nel deserto di Atacama, non videro la luce del giorno per ben 69 giorni.
The 33 racconta dei 33 minatori cileni che lavoravano nella miniera di San Jose e che nel 2010 vi rimasero intrappolati a mezzo miglio sotto terra per 69 giorni: un miracolo, baciati dalla fortuna o da Dio, in ogni caso oggi quegli stessi minatori hanno contribuito alla scrittura della sceneggiatura del film diretto da Patricia Riggen, distribuito dalla Warner Bros e che vede tra i protagonisti Antonio Banderas e Juliette Binoche.
The 33: gli eroi o i sopravvissuti alla miniera cilena di San José
Il tempo di un ballo, di un bacio a tua moglie, di un abbraccio ai propri figli e di uno sguardo riconoscente ai propri affetti, prima di prendere un bus diretto verso il luogo dove trascorrerai gran parte della giornata, dove ti attende il faticoso lavoro del minatore. Sarà una giornata dura e a tratti sembrerà non trascorrere mai, e per quanto consapevole dei rischi che comporta un lavoro fatto di sudore e fatica, mai immagineresti di restare intrappolato a 700 metri di profondità, senza sapere cosa ne sarà della tua vita. È quanto accaduto a Mario, Alex Vega, Edison detto “Elvis”, Dario, al “Boliviano” e a tutti quei 33 minatori che oggi possono ancora raccontarla ma senza riderci su, questa storia.
Tratto dal libro La montagna del tuono e del dolore, scritto dal Premio Pulitzer Hector Tobar, The 33 racconta della tragica esperienza dei 33 uomini minatori che il 5 Agosto 2010 in Cile, dopo aver preso come tutte le mattine il bus per la miniera di San Jose nel deserto di Atacama, entrati nella gola della miniera non videro la luce del giorno per ben 69 giorni.
Un documentario travestito da film dal respiro universale
The 33 pur avendo senz’altro un dichiarato intento documentaristico, riesce a farci entrare nel vivo del dramma, mettendo in risalto tutti gli aspetti drammatici e rilevanti ai fini della comprensione della portata dell’accaduto, valicando l’episodio cileno in sé: le incertezze politiche, lo spirito di sopravvivenza e il coraggio dei minatori, il dolore e l’ansia delle famiglie, l’insicurezza sul luogo di lavoro, che con grande amarezza resta impunita, sono tutti aspetti di un mondo che conosciamo bene. Non è un caso che le operazioni di salvataggio mobilitarono non solo il Cile, ma i media di tutto il mondo, ed è proprio questa chiave di lettura universale che emerge dalla visione di The 33.
Al centro della sceneggiatura infatti, ricca di particolari anche perché è stata scritta tenendo conto della testimonianza dei minatori superstiti, c’è anche lo spirito di sopravvivenza umana, la debolezza e la fragilità a cui l’uomo è esposto quando dinanzi alle avversità naturali si rende conto di essere inerme, preda di speranze e illusioni che trovano posto solo in un miracolo o in una salvezza inaspettata. In quest’ottica molto particolare è infatti la scena in cui i 33 minatori dopo l’ultima razione di cibo rimasta immaginano un’ultima cena con i propri cari condividendo i cibi tipici della loro terra: una situazione surreale inaspettata che arricchisce le sfumature del film.
The 33: un lieto fine sospeso tra amarezza e politica
Non secondario è anche l’aspetto politico che emerge dal film. Considerando la particolare storia sociale e politica di un paese come il Cile, The 33 sembra quasi voler dare una speranza e confidare nel prossimo. Non bastando infatti, in una situazione così al limite, la caparbietà e lo spirito di sopravvivenza umana, è l’ingegno umano e la premura di chi sta al potere che ha permesso di salvare 33 vite, segno che nel sistema non crescono solo frutti marci. Allo stesso tempo però non manca la contraddizione: alla fine dei titoli di coda infatti, viene dichiarato che l’azienda per cui lavoravano i minatori non è mai stata riconosciuta colpevole di negligenza. Una vicenda quindi che non nasconde l’amarezza e un lieto fine che resta a metà.
Meritano attenzione anche le musiche firmate da James Horner, tra le sue ultime composte prima della sua morte nel 2015. C’è infatti una menzione speciale anche per lui verso la fine dei titoli di coda.