The Alto Knights – I due volti del crimine: recensione del film di Barry Levinson

Barry Levinson torna dietro la macchina da presa per un grande gangster movie sulla senilità. Un addio alle armi, alla sete di potere e all’amicizia, che non necessità mai di dinamismo, né tantomeno di futili stratagemmi stilistici, poggiando unicamente sulla forza della scrittura e la portata divistica dell’interprete protagonista. In sala dal 20 marzo 2025.

L’anzianità non ha alcun bisogno né di adrenalina, né tantomeno di dinamismo. Poiché è la saggezza scaturita dall’esperienza e dalla tecnica appresa nel corso di un’intera vita, a dettare il ritmo e così il passo narrativo delle dinamiche qui presentate. Principalmente – e non a torto – sembra dirci questo The Alto Knights – I due volti del crimine, il ventiquattresimo lungometraggio da regista di un vero e proprio maestro del cinema, Barry Levinson, autore tra gli altri de Il migliore, Good Morning, Vietnam, Rivelazioni e Sleepers.
Eppure in un attimo torniamo con la memoria a The Irishman, l’epopea gangster sulla senilità di Martin Scorsese, che al pari di un fanciullo incapace di rinunciare al proprio giocattolo preferito, torna a ripetere le medesime azioni – e decisioni – ancora e ancora, per sempre, perdendone inevitabilmente il peso e così il senso del suo stesso essere. Laddove The Irishman crolla miseramente, dunque sulla pretesa di credibilità di un corpo cinema ormai anziano, piegato comunque alle logiche contemporanee dell’intrattenimento action, The Alto Knights trova la misura più corretta e matura possibile. Accettando il decadimento dei corpi, ma mai delle menti.

Il gangster della maturità, racconta la senilità e no, non è The Irishman

The Alto Knights – I due volti del crimine: recensione del film di Barry Levinson

Come detto, sulla senilità che fugge mai da sé stessa, rispettandosi anzi e ascoltandosi senza vergogna alcuna. Levinson racconta una doppia storia e nel farlo, riflette sul significato profondo, angosciante e tragico del doppio, servendosi però di un unico grande interprete, Robert De Niro, giunto ormai alla sua quinta collaborazione con l’autore di Bugsy. In The Alto Knights infatti, De Niro veste i panni di due amici di lunga data, Vito Genovese e Frank Costello, cresciuti tra criminalità e disperazione, in una New York dapprima impreparata e affamata di cambiamento e poi sempre più spietata e crudele. Fino agli anni ’50, quelli della presa di coscienza collettiva circa la criminalità e in qualche modo dunque, anche della fine.

Seppur si rifletta qui in chiave gangsteristica, sull’incontro/scontro tra due amici di una vita, alle prese con le medesime situazioni di violenza e gestione di un vero e proprio impero, quello della mafia nazionale – e si vedrà in seguito, perfino internazionale -, Levinson indugia ancora una volta su una delle tracce narrative cardine del suo cinema: la perdita dell’innocenza, dunque la fine del sogno e l’accettazione del cambiamento. Ecco perché non stupisce questo ritorno al cinema gangster sulla senilità, osservato come detto con maturità e non sguardo fanciullesco. Poiché quand’è che si torna “innocenti” pur non riconoscendolo né a sé stessi, né tantomeno agli altri, se non poco prima della fine delle nostre esistenze?

Così come le giovani vittime d’abuso di Sleepers, anche i due amici di una vita Genovese e Costello, restano legati indissolubilmente, da tutto ciò che è stata esperienza comune e di fatto traumatica e di crescita, centrata sull’osservazione cupa della violenza, delle strategie mafiose e dell’ascesa “all’olimpo” – cui seguirà l’inevitabile caduta -, non come luoghi d’oscurità, bensì veri e propri elementi di sopravvivenza. Uniche tracce possibili per un’esistenza capace di segnare il tempo, scansando l’ipotesi del dimenticatoio e dell’ordinarietà. Chiaramente è un’illusione comune trattandosi di due villain, per quanto differenti e distanti tra loro. Sadico, cocciuto e istintivo Genovese, manipolatore, saggio e coriaceo Costello. Due ragazzi di strada che agli inizi della vita non hanno avuto niente, condotti dunque al desiderio spietato e irrefrenabile di quel tutto mai realmente raggiungibile, eppure seducente e simbolico.

Laddove l’amicizia finisce, non resta che l’accettazione della perdita d’innocenza, dunque del sogno. “È stato bello essere amici, ora però facciamola finita e che tu voglia giocare sporco o meno, non è più decisivo per le sorti del nostro scontro e destino. Poiché tutto ciò che conta è la fine”. Questo sembra suggerire continuamente la prova doppia di De Niro in un film dal passo lento, malinconico eppure esilarante, che tutto osserva fuorché il dinamismo dei corpi. Ciò che ancora funziona a dovere è infatti la, o per meglio dire, le menti criminali, che ancora devono essere sfruttate appieno, per un’ultima partita a scacchi dagli esiti imprevisti.

The Alto Knights – I due volti del crimine: valutazione e conclusione

The Alto Knights – I due volti del crimine di Barry Levinson, al di là di ogni aspettativa non corrisponde affatto ad un’idea di cinema gangster assolutamente epica, sensazionalistica e alla rincorsa dei toni leggendari – lo vediamo spesso, tanto nel cinema, quanto nella serialità -, piuttosto ad un minimalismo stilistico, che non è mai riduttivo, al contrario, estremamente funzionale.
Se è vero che De Niro si porta il film sulle spalle, è altrettanto vero che a guidare l’indagine sui corpi e gli istinti non sia affatto la mano o lo sguardo di un semplice mestierante, o esordiente, ma di un maestro del cinema. Ben consapevole del peso simbolico di un’inquadratura rispetto ad un’altra e così di un ritmo narrativo mai compassato, né tantomeno adagiato, pur disteso e come detto, inevitabilmente malinconico, Levinson dà vita silenziosamente a grandi momenti di cinema, che non sono mai gridati, al contrario, sussurrati.

The Alto Knights – I due volti del crimine è in questo senso un maestoso gangster movie di rara gentilezza e sensibilità narrativa, la scrittura impeccabile infatti porta la firma di Nicholas Pileggi, autore di titoli decisivi rispetto al genere di riferimento quali Quei bravi ragazzi e Casinò, nonché marito della leggendaria Nora Ephron di Harry, ti presento Sally… e C’è posta per te.
Un affascinante addio alle armi di due mafiosi di lunga data, non attraverso i “calcetti” ritmati dalla CGI tanto cari a Scorsese e al suo mastodontico The Irishman, quanto attraverso l’esperienza di una vita e le strategie della mente, ora messe a frutto prima della fine. Il respiro non è mai realmente epico. Eppure che grande storia, che passo narrativo e che portata simbolica e divistica quella di De Niro, ancora una volta criminale, stanco ormai, eppure appassionato e redivivo. Due gangster sul viale del tramonto. Questo e molto più in The Alto Knights – I due volti del crimine, in sala da giovedì 20 marzo 2025. Distribuzione a cura di Warner Bros. Pictures Italia.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 4

4