The Apprentice – Alle Origini di Trump: recensione del film di Ali Abbasi

Il male deriva dalle ombre, non tanto del potere, quanto della famiglia e non è mai stato così sadico e divertente. The Apprentice è in sala da giovedì 17 ottobre

Ancor prima di firmare la regia dei due episodi conclusivi di The Last Of Us, ideata da Craig Mazin e Neil Druckmann, l’iraniano Ali Abbasi, dimostra alla critica al pubblico internazionale di non essere affatto un regista come tanti, piuttosto un autore. Abbasi infatti, a partire dallo splendido Border – Creature di confine, presentato in anteprima mondiale alla 71° edizione del Festival di Cannes, seguito quattro anni più tardi dal tensivo e incredibilmente politico Holy Spider, non è ad un cinema convenzionale e inoffensivo che aspira, piuttosto ad uno sguardo scomodo, che muovendosi abilmente tra più registri e linguaggi, si lega e riflette sempre più coraggiosamente su di un presente conflittuale, violento, intollerante e cupo.

Donald Trump, l’uomo irrisolto che non ha mai perduto l’ombra del padre

Tanto da non trovare mai una fine, se non nella distruzione e perdizione dell’uomo, necessariamente in fuga dalla società e così da sé stesso. Ecco perché i primi rumors rispetto ad un biopic su Donald Trump non potevano far altro che spingere i fan di Abbasi a storcere il naso. Perché apparentemente non sembrava esserci alcun punto di contatto con il suo cinema precedente, alcuna anima cupa. Eppure, The Apprentice – Alle origini di Trump, presentato ancora una volta a Cannes, ci dimostra tutto il contrario. L’orrore non soltanto è reale, ma anche sottovalutato e strisciante e proprio per questa ragione, così temibile e spaventoso.

Abbasi, da autore esperto e cinefilo viscerale, conosce molto bene gli stilemi e i cliché del cinema gangsteristico e politico, così modella il suo The Apprentice sulla base dei classici principi dell’origin story. Niente più eroi, spazio ai cattivi. Che non sono semplicemente villain. Ma uomini tristemente irrisolti, dunque pericolosi, che mossi dalla ferocia, dall’immoralità e dalla violenza, riescono a farsi spazio sempre più efficacemente e rapidamente nella società, raggiungendo il potere e appena dopo, il controllo. Eppure il male, così come il bene deve avere un’origine. Quella di Donald Trump, secondo lo sguardo e l’accurata indagine, tanto di Ali Abbasi, quanto di Gabriel Sherman (che ancor prima di vestire i panni dello sceneggiatore, si è occupato di biografismo politico), ha a che vedere con l’ingombrante presenza di un padre.

Un’ombra che non lo abbandona mai, svanendo, seppur parzialmente, soltanto all’arrivo di un’ennesima figura forte maschile, l’avvocato e cupo faccendiere Roy Cohn, interpretato da un meraviglioso e detestabile Jeremy Strong. Infatti, pur tenendo in considerazione pregi e sorprese, scaturiti dalla prova interpretativa di Sebastian Stan, va detto che Strong si porta il film sulle spalle, facendolo proprio e forse anche – e soprattutto – per questo, The Apprentice è un film dalla visione necessaria e più che motivata. Vuoi per il suo gusto sottilmente parodico, oppure per la sua anima disperatamente drammatica, Abbasi realizza forse la più complessa delle gesta, quella di condurre il pubblico a comprendere maggiormente le motivazioni del Trump che è, osservando ciò che è stato, dimenticando dunque l’odio e sottolineando la pietà.

The Apprentice – Alle origini di Trump: Valutazione e conclusione

The Apprentice - Alle origini di Trump: la recensione del film di Ali Abbasi

The Apprentice ancor prima di guardare alla politica e al raggiungimento di un successo sporco, corrotto e ferocemente orrorifico, è un film sulla complessità del rapporto che intercorre tra padri ingombranti e figli fin troppo deboli e plasmabili. Ad intercettarne l’anima più profonda è Sebastian Stan, che nell’acconciatura ormai cult e simbolica di Donald Trump, trova il proprio strumento di aggressione interpretativa (tra le regole principali di Roy Cohn, attaccare sempre!) e secondariamente di difesa. Una prova solidissima, che pur radicandosi nell’uomo, animale da palcoscenico e tycoon Trump, rintraccia una presenza altra, scansando così il pericolo della caricatura, raggiungendo il cuore della richiesta autoriale di Abbasi: osserva il mostro, osserva il male, dopo di che amalo e fallo tuo.

Donald Trump è un narcisista dall’ego irraggiungibile. È un uomo violento, affamato di controllo e potere. Qui nasce il dramma. Il controllo che brama, è lo stesso del quale in giovane età è stato privato. Torna il padre, tornano le ombre. Ecco perché non è soltanto una questione di struttura narrativa – è vero, i due capitoli non soddisfano appieno le attese del pubblico, forse perché già bombardato di informazioni, perciò cieco rispetto al nuovo immaginario gustosamente cinematografico e finzionale -, ma anche e soprattutto di duello interpretativo e maschere, che crollano di fronte di noi e al reale. Un film splendido, sadico e incredibilmente divertente!

The Apprentice – Alle origini di Trump è al cinema da giovedì 17 ottobre 2024, distribuzione a cura di BIM.