The Cave: recensione del film di Feras Fayyad

Candidato all’Oscar 2020, il documentario di Feras Fayyad mostra la vita quotidiana delle dottoresse siriane durante la guerra nel loro paese.

Scorrendo la cinquina dei documentari che si contenderanno la tanto ambita statuetta di categoria alla 92ª edizione degli Oscar, salta subito all’occhio che ben due opere sono dedicate al conflitto siriano. Il fatto in sé non dovrebbe sorprendere più di tanto data la gravità della situazione che ha portato cineasti locali e non a occuparsene con la speranza di informare e sensibilizzare l’opinione pubblica su ciò che è accaduto e che continua ad accadere in quelle zone, nel completo disinteresse dei governi e delle istituzioni. In questi anni, su quella guerra sono state e continuano ad essere spese parole e immagini con ogni mezzo audiovisivo, cosa che rende ancora più terribile l’astensionismo da parte del mondo occidentale dall’intervento in soccorso della popolazione.

The Cave: il conflitto siriano dalla prospettiva delle dottoresse che ogni giorno combattono per la vita nelle sale operatorie costruite nel sottosuolo

Viene da sé che il numero di progetti realizzati sul tema risulta elevato, a sufficienza da poter dire che la Settima Arte, e nello specifico il cinema del reale, se ne sia occupata in maniera consistente e costante. Ciononostante, in questa corposa filmografia prodotta e di indubbio valore mancavano all’appello delle pellicole capaci di mostrare gli accadimenti attraverso delle prospettive immersive e diverse, ma ugualmente potenti. Entrambe ci scaraventano diritte nell’inferno di una guerra che non risparmia niente e nessuno, che miete  vittime e lascia dietro di sé una scia di sangue, dolore, morte e devastazione. Se Alla mia piccola Sama racconta la storia strabiliante di una regista siriana di 26 anni, Waad al-Kateab, che ha filmato la sua vita in Aleppo, da ribelle, durante i 5 anni di rivolta, dall’altra The Cave di Feras Fayyad ci trascina nel quotidiano delle dottoresse siriane durante la guerra nel loro paese. Ed è su quest’ultima che abbiamo deciso di puntare la nostra lente d’ingrandimento al fine di metterne in evidenza l’incredibile lavoro di documentazione portato sullo schermo dal suo autore, con tutto il carico di emozioni cangianti che è stato capace di restituire allo spettatore di turno.

The Cave: una testimonianza importantissima e fortemente attuale, che meriterebbe la massima visibilità possibile

The Cave cinematographe.it

Con The Cave, già premio del pubblico al Toronto Film Festival 2019 e fresco vincitore in Italia del Mese del Documentario dove ha registrato il sold out nella proiezione romana dello scorso 30 gennaio, il regista torna nella sua terra natia per seguire una squadra di dottoresse che curano instancabilmente le vittime in un ospedale sotterraneo mentre combattono il sessismo sistemico. Il film accompagna il fruitore in un paesaggio sotterraneo simile al mondo post-apocalittico di Interceptor, consistente in una rete di tunnel segreti che si dirama sotto Ghouta, nei pressi di Damasco. Girato nell’arco degli ultimi due anni in condizioni difficilissime, l’opera offre un punto di vista inedito sulle vicende drammatiche della Siria che sono alla base anche dei fenomeni migratori contemporanei. Ciò ne fa una testimonianza importantissima e fortemente attuale, che meriterebbe a prescindere dalle qualità espresse la massima visibilità possibile.

The Cave: una visione che tocca nel profondo e di fronte alla quale è davvero impossibile rimanere indifferenti

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Quella voluta da Fayyad è una visione che tocca nel profondo e di fronte alla quale è davvero impossibile rimanere indifferenti. Nulla è ricattatorio, poiché ogni tentazione di strumentalizzazione a scopi artistici o ancora peggio commerciali è da escludersi in maniera categorica. In questo caso, l’audiovisivo e le motivazioni che vi sono dietro sono al completo servizio della causa, quella di accendere i riflettori su una componente del conflitto che spesso viene messa in secondo piano, ossia quella del personale medico che quotidianamente si adopera per fronteggiare i danni e le ferite provocati dai bombardamenti che incessantemente si abbattono su una terra martoriata e sulla sua gente. La macchina da presa scende nel sottosuolo per pedinare senza sosta il lavoro delle dottoresse e degli infermieri tra sale operatorie improvvisate e un dedalo intricato di tunnel strettissimi costruito sotto la città , mentre le barelle con feriti arrivano a intervalli regolari e dalla superficie proviene ovattato e onnipresente un leitmotiv di urla, pianti e deflagrazioni.

The Cave: una verità sbattuta in faccia senza filtri, dura e cruda

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The Cave lascia senza parole perché ha la potenza di un pugno assestato con forza alla bocca dello stomaco. Si esce da una visione vissuta in apnea completamente tramortiti come un pugile andato al tappeto, con gli ultimi 30 minuti assolutamente devastanti e strazianti sul piano emotivo. E il tutto è amplificato perché quello firmato dal regista siriano non è un film dell’orrore, ma una verità sbattuta in faccia senza filtri, dura e cruda. In tal senso, Fayyad non addolcisce mai la pillola, mostrando tutto quello che c’è da mostrare, compresi i corpi martoriati e i volti insanguinati dei bambini, quest’ultimi vere vittime di un “gioco al massacro” portato avanti dagli adulti. E qui c’è l’autentico miracolo del film, ossia la capacità di non creare mai i presupposti della cosiddetta pornografia della violenza, quella alla quale molto spesso il piccolo e grande schermo hanno fatto ricorso per attirare l’attenzione del pubblico. Per farlo, l’autore ha scelto di rendere visibili anche i sorrisi e i barlumi di speranza, ma soprattutto optando sempre per la giusta distanza, allontanandosi e avvicinandosi di volta in volta dai soggetti ripresi, senza mai indugiare più del previsto sul dettaglio macabro.

Tutto ciò fa di The Cave un esempio perfetto di un cinema d’impatto in grado di scavare laddove l’informazione e la documentazione mainstream sono solite non andare a mettere il naso. E una prima occasione per fare propria la visione ce la offre National Geographic (Sky, 403), che manderà in onda il documentario proprio nella serata della cerimonia di assegnazione degli Oscar 2020, domenica 9 febbraio alle 20.55.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Sonoro - 4
Emozione - 4.5

4.1

Tags: Oscar