The Conjuring: Per Ordine Del Diavolo – recensione del film
Il terzo capitolo di The Conjuring si lascia piacevolmente vedere, dirottandoci verso prospettive nuove, ma rimanendo sempre saldo ai canoni della saga ideata da James Wan.
La saga horror paranormale iniziata nel 2013 e basata sui casi trattati dai demonologi Ed e Lorraine Warren ha dato un nuovo frutto, stavolta intriso di stregoneria e diretto da Michael Chaves (La Llorona – Le lacrime del male) il quale, adagiandosi sulla sceneggiatura di David Leslie Johnson-McGoldrick, provvede a incuneare lo spettatore in un pertugio cinematografico dalla formula già sperimentata e tecnicamente senza sbavature, stavolta scomodando uno dei casi più clamorosi nella storia giuridica degli Stati Uniti, ovvero il processo ad Arne Johnson, datato 1981, che in The Conjuring: Per Ordine Del Diavolo viene stravolto e amplificato al fine di restituire alla visione un horror in cui l’interpretazione di Vera Farmiga è come sempre centrale, sostenuta dall’inserimento di jumpscare mai banali né fastidiosi e da minuziosi cambi di registro grazie ai quali la troupe riesce ad aderire ai canoni della saga ideata da James Wan, sfumando verso terreni finora inesplorati e regalando una visione tutto sommato piacevole e che scorre liscia, come una lama affilata nella carne!
In uscita nelle sale cinematografiche a partire dal 2 giugno 2021, targato New Line Cinema e distribuito da Warner Bros. Pictures, il film è ambientato in una cittadina del Connecticut e vede i coniugi Warren (a cui prestano nuovamente il volto Vera Farmiga e Patrick Wilson) intenti a lottare contro un demone che si è impossessato di un bambino, David Glatzel (interpretato da Julian Hilliard). Nella furia scatenata durante l’esorcismo, però, Arne Cheyenne Johnson (Ruairi O’Connor) fa qualcosa di coraggioso e pericolosissimo: invitando il demone a impadronirsi di lui pur di aiutare il piccolo David, il ragazzo spalanca l’ingresso per l’inferno, dando il via al suo calvario.
The Conjuring: Per Ordine Del Diavolo – una storia vera su cui ricamare il nuovo capitolo della saga horror
Come accennavamo in apertura, la pellicola trae spunto da una storia vera, drammatizzata e spettacolarizzata all’estremo per adeguarla ai dettami della finzione. Non a caso anche il titolo usato per The Conjuring 3 altro non è che la sintesi con cui il caso venne etichettato: “The Devil Made Me Do It”, ovvero “Me l’ha ordinato il diavolo”.
A differenza degli altri film della saga, in questo capitolo i Warren non solo devono darsi da fare per liberare l’anima di Arne, ma si trovano anche a dover giustificare legalmente l’omicidio di cui si è macchiato e a farlo in una modalità che risulta totalizzante e schiacciante, dirottando la narrazione non più e non solo verso una comfort zone in cui l’esistenza del male è accettata, bensì spingendola verso terreni finora poco battuti, in cui la testimonianza di due demonologi potrebbe – per la prima volta in assoluto – decidere le sorti dell’imputato.
In questa prospettiva l’introduzione dell’elemento magico riesce a stimolare lo spettatore, lasciandolo vagare in terreni finora inesplorati dalla saga, in un conflitto che, prima di consumarsi con forze astratte, ci pone faccia a faccia con un essere umano in possesso di armi adeguate a contrastare le azioni dei Warren.
L’introduzione di una strega, di una satanista, porta in scena l’immagine di chi nel male non inciampa per caso ma piuttosto lo evoca e lo brama al fine di scatenare il caos, di uccidere, di avere potere. Un lato del male finora assopito che si traduce in inserti di stregoneria affascinanti ma tuttavia poco presenti e che induce Chaves a intingere la penna nel vastissimo lago degli effetti speciali e della fantasia, attuando decisamente un taglio netto tra ciò che potrebbe essere reale e ciò che, palesemente, non lo sarà mai.
Non manca poi quella nota investigativa, né l’alone di normalità e incredulità sempre pronto a fare da sfondo per attenuare le pennellate più drastiche della vicenda, a cui il compositore Joseph Bishara (Insidious) sa cucire addosso le sonorità giuste a convogliare lo spirito verso pericoli ineccepibili e scenari tetri, integrando il tutto perfettamente con singoli pop il cui ascolto ad alto volume va di pari passo a un climax di follia impresso sul grande schermo.
Il film diretto da Michael Chaves esplora terreni finora poco battuti
La finzione è maggiore o, almeno, maggiormente spiattellata, in questo The Conjuring: Per Ordine Del Diavolo, le cui intenzioni di intrattenere trapelano con la stessa veemenza delle voci sinistre che assillano il protagonista. Un terzo capitolo di scolastica fattura, in cui tutto sta esattamente dove dovrebbe: la fotografia di Michael Burgess è tetra al punto giusto, le interpretazioni perfettamente conformi a ciò che la sceneggiatura richiede, i colpi di scena si collocano nella loro naturale postazione e le giunture che legano le scene agli espedienti tecnici sono perfettamente occultate, proprio come dovrebbe.
Il terzo capitolo di The Conjuring (nonché il settimo film facente parte dell’universo in questione, di cui fanno parte anche i tre capitoli di Annabelle e The Nun – la vocazione del male) si rivela quindi un horror soprannaturale di facile e godibile visione, da scoprire sul grande schermo anche se non segue una consequenzialità rispetto ai capitoli del passato rendendolo, di fatto, fruibile a qualsiasi spettatore.