The Covenant: recensione del film di Renny Harlin

Horror, mystery e un pizzico di teen drama: The Covenant riesuma la caccia alle streghe di Salem, riformulandola in chiave adolescenziale. Con risultati decisamente insoddisfacenti.

C’è stato un tempo – indicativamente agli inizi degli anni ’90 – in cui il nome del regista Renny Harlin era divenuto quasi una garanzia di qualità. Merito di operazioni quali 58 minuti per morire – Die Harder (1990, che nella saga dedicata al poliziotto John McClane/Bruce Willis corrisponde al capitolo numero 2) e Cliffhanger – L’ultima sfida (1993), che sembravano aver stabilito le coordinate di un autore a proprio agio con le superstar del momento e con l’action muscolare a rotta di collo (con annessa morale). Il finlandese Harlin sembrava il corrispettivo del tedesco Roland Emmerich, che negli stessi anni girava Stargate (1994) e Independence Day (1996): il cinema americano catastrofico/avventuroso era quasi del tutto un affare loro.

Poi, però, il meccanismo si è inceppato, e la carriera del buon Renny è andata letteralmente a rotoli. A rappresentare perfettamente il tracollo è The Covenant, che maldestramente intreccia il teenage movie con l’horror fantastico di ultima generazione mancando qualunque bersaglio e target possibile. Un film svogliato, da qualunque punto di vista lo si osservi: dalla sceneggiatura (scritta da tale J.S. Cardone) alla recitazione (non si salvano nemmeno Laura Ramsey e Taylor Kitsch, gli unici due che altrove avevano dimostrato di saperci fare), dagli effetti speciali (oltre la soglia dell’imbarazzo) alla regia purtroppo totalmente anonima di Harlin.

The Covenant: i figli di Ipswich

The Covenant - Cinematographe.itLa storia è quella di cinque ragazzi apparentemente normali, alle prese con il college e con le vicende che – sulla carta – riguardano qualunque ragazzo della loro età: le amicizie, le feste, i corteggiamenti amorosi (con una dose massiccia di sessismo davvero anacronistica), le riflessioni sul proprio futuro. Il gruppo però nasconde un segreto: discende da una stirpe di superuomini dotati di poteri magici e sovrannaturali. Si strizza l’occhio alle derive stregonesche, perché i nobili avi vennero perseguitati durante la caccia alle streghe di Salem. Obiettivo comune dei giovani è, dunque, mescolarsi il più possibile fra i loro coetanei, rendendosi umani e “invisibili”. Un patto (covenant appunto, come recita il titolo originale) che tuttavia viene disatteso a causa dell’ingresso in scena di un ribelle dagli oscuri e minacciosi obiettivi.

In questo intreccio che vagamente potrebbe ricordare Harry Potter (che viene insultato dai protagonisti, in uno dei loro eccessi di spacconeria) c’è un’ideuzza di base che avrebbe potuto essere sfruttata decisamente meglio: la magia e il suo utilizzo creano dipendenza, sono una droga che consuma e che esalta perché amplifica anche il potere degli ormoni. Occorre un grande autocontrollo per gestire responsabilmente le proprie capacità – come del resto ci ha sempre insegnato anche Spider-Man – e per renderle utili non solo a se stessi ma anche a chi ci sta attorno, pena l’allontanamento dalla comunità. Un messaggio interessante, se solo fosse stato utilizzato decorosamente e non solo come optional per ravvivare i momenti morti dello script.

The Covenant: maghi, stregoni e altre creature fantastiche

The Covenant - Cinematographe.itTra un pezzo heavy metal di Rob Zombie e uno industrial rock dei Killing Joke (una colonna sonora di grande impatto, questa sì meritevole di menzione), The Covenant inanella svariati rimandi e citazioni a campioni riusciti del genere orrorifico giovanilistico recente. Si guarda a Smallville e a Heroes, ma anche a Buffy – L’ammazzavampiri. Come a cercare un’aderenza con quei modelli, come ad imporre un’autocertificazione di identità che giustifichi l’operazione. Ma il risultato è talmente tanto di serie Z da non provocare neanche l’effetto contrario della comicità e dell’autoironia (in stile Asylum e Sharknado, tanto per capirsi): The Covenant si prende dannatamente sul serio, spingendosi fino all’omaggio hitchcockiano abusatissimo della doccia come luogo dello spavento e della minaccia occulta.

È curioso constatare, però, come l’immaginario del film assomigli sotto svariati aspetti a quello di Twilight, che verrà realizzato solo due anni dopo. The Covenant dunque non copia, ma precede, e ci si potrebbe domandare se ci sia alla base un’emulazione o una riformulazione di un progetto già scritto (dove la pellicola di Harlin è la bozza approssimativa, quella di Catherine Hardwicke la stesura definitiva) o se sia più lecito credere semplicemente ad una sorta di “sentire comune” che agli inizi dei 2000 ha prodotto vari esempi di cinema sentimental-fantastico-gotico con al centro creature leggendarie quali licantropi, vampiri, maghi e stregoni. Sia come sia, il previsto sequel di The Covenant è stato prontamente cancellato, vittima designata sacrificata (giustamente) sull’altare del fashion horror di Robert Pattinson e dei suoi vari epigoni.

Regia - 1.5
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 2
Recitazione - 1.5
Sonoro - 2
Emozione - 1

1.6