The Departed: recensione del capolavoro di Martin Scorsese
The Departed – il bene e il male è un capolavoro di Martin Scorsese, in cui il regista punta lo sguardo oltre i confini americani decidendo di consolidare le sue doti attraverso un remake di un film piuttosto esemplare: Infernal Affairs (2002) di Keung Lau Wai e Siu Fai Mak.
Martin Scorsese è uno dei più avanguardisti registi che presero piede negli anni settanta. Una scuola cresciuta con la bandiera indipendente e quella ricerca di nuove storie in una grammatica del cinema.
Si nota fin sa dubito la totale assenza di una visione chiara delle categorie bene e male, queste due grandezze si ritorcono contro chiunque decida di intraprenderle poiché sono contaminate, liquide alludendo ad una concezione taoista del doppio che Scorsese ha in qualche modo strozzato in parte per ambire ad altre specularità stilistiche.
Chiariamo osservando la totale mancanza di un eroe, anzi esso è ossessivamente avulso a conoscere la sua natura, parrebbe infinitamente scomodo dover ammettere che il sapore della vittoria ha sempre scomode ingiustizie al suo seguito.
The Departed – la frantumazione del bene e del male secondo Martin Scorsese
Colin Sullivan (Matt Damon) e Billy Costigan (Leonardo DiCaprio) inizialmente sono reclute dell’Accademia di Polizia di Boston. Certo persone totalmente agli antipodi, l’uno non nega mai il suo totale asservimento al malaffare, serve il suo boss Frank Costello (Jack Nicholson) con la freddezza di chi ha sete di gloria e successi ma anche con la reverenzialità e il rispetto verso l’unico padrone a cui deve fare appello. Per Billy è una fuga, è amore e dolore per la redenzione, poiché la sua famiglia ha degradanti precedenti nella criminalità, destinando lui ad un percorso vorticoso e inevitabile, che è ancora più sublime se si pensa agli sforzi notevoli che il protagonista positivo, in un certo senso, è l’unico che conosca il sapore nauseante della criminalità non percepito da fuori ma da dentro, per questo risulta arduo per lui poter indossare una divisa.
Frank Costello è un boss irlandese che ha cresciuto e sostenuto Colin nel suo addestramento da tempo immemore cosicché poi, nel suo disegno paranoide, andasse un giorno ad a capeggiare nell’unità speciale di investigazione che si occupava proprio dei traffici di Costello.
Gli inserimenti di voli temporali non destabilizzano l’andamento narrativo, nonostante i continui stacchi e il montaggio disarticolato, a livello di fluidità narrativa si evince un’impazienza, la travolgenza degli eventi o la stessa inevitabilità degli stessi che alle volte è lo specchio della verticalizzazione dei ruoli, sono consumati, frantumati dai conflitti e dai flashback ridondanti.
La presenza di Mark Wahlberg nel ruolo del sergente Dignam svela quelle poche note di fiducia e lealtà che è sempre molto difficile trovare nelle reti fognarie di Boston, come anche Martin Sheen che interpreta il capitano Queenan, che ha in prospettiva gli stessi poteri esecutivi di Costello: avendo entrambi a che fare con Billy risultano essere quel pater familias che al nostro figliol prodigo è sempre mancato realmente, entrambi a loro modo protettivi e accondiscendenti solo che asserviti a opposte qualità dell’anima.
DiCaprio è epico, la claustrofobia del suo personaggio sempre in fuga, sempre in tensione, in lotta ad un gioco al massacro che non può avere sopravvissuti.
Interessante paradigma di Infernal Affairs è che all’inizio della pellicola appare una citazione della cosmogonia buddista sul peggiore degli otto inferni, un modo di considerare la filosofia dell’eternità in modo poi diametralmente opposto alla visione quasi anticlericale di Scorsese. Un uomo non è meno smarrito solo perché va dritto. Il senso del dramma delle vite dei personaggi sta li.
Il regista fa uso di un obiettivo grandangolare in varie occasioni per coinvolgere tutte le parti interessate dal racconto sempre in concomitanza con il senso estetico dei protagonisti. The Departed è un mostro che si divora da solo: la presenza del duello diatribico polizia-mafioso è l’emblema della drammatizzazione e della grammatica scorsesiana. Né il capitano Queenan e nè Dignam vogliono prendere Costello per le cose di cui è realmente incriminato, ma per vincere la partita.
La plasticità di alcune scene sono determinate da una misoginia alquanto reale, da un maschilismo dirompente ma non ossessivo: le donne sono funzionali al mondo maschile, niente di più. E infine dall’aspetto religioso che è sottesso e opacizzato nel modo giusto: Colin è l’emblema dell’informatore dagli inferi, scontroso, frustrato e alla ricerca smodata di un perdono che venga sia dall’alto che dal basso.
In The Departed non c’è prudenza, tutto è legato al modo di porsi, di conoscere le proprie parole, le proprie menzogne, non parole strettamente false come disinteressate da tutto e tutti ma piccoli epiteti, che rendono la narrazione contratta, evasiva, incalzante, metafore stupende come metafora della stessa storia.