The Divergent Series: Allegiant – recensione
Con The Divergent Series: Allegiant la distopica saga ispirata ai romanzi fantascientifici di Veronica Roth si avvia verso la fine. Questo terzo film segna infatti la prima parte dell’ultimo capitolo, la cui altra metà arriverà nelle sale nel 2017 col titolo The Divergent Series: Ascendant. Una moda ormai comune a Hollywood quella di dividere l’ultimo atto di una trilogia in due parti – forse lanciata con Harry Potter e i Doni della Morte – che quindi non sorprende più di tanto, ma a stupire è invece il finale di questo particolare film, il quale corre il rischio di essere considerato senza colpo ferire la conclusione della saga The Divergent, soprattutto dai profani dei libri. Ma andiamo per ordine.
Avevamo lasciato Quattro (Theo James) e Tris (Shailene Diann Woodley) alle prese con un rovesciamento di governo e con la scoperta che l’umanità, sebbene non nelle migliori condizioni, è viva e vegeta e attende, oltre il muro, l’arrivo dei Divergenti per risollevare le sorti di tutti. Per qualche inspiegabile ragione però, nelle prime fasi del film diretto da Robert Schwentke, non vediamo Beatrice “Tris” Prior, Tobias “Quattro” Eaton e i loro compagni di avventura prepararsi al fine di oltrepassare la recinzione, piuttosto li troviamo alle prese con processi e punizioni dei “cattivi”. Ed è proprio qui che la crisi delle fazioni, che ormai non hanno più scopo di esistere, si vede maggiormente. In più, la madre di Quattro (Naomi Watts) ha adottato la linea di pensiero di Jeanine e ha praticamente decretato da sola che uscire dalla città per raggiungere il resto dell’umanità sia troppo pericoloso. Ma i gli Intrepidi – e qui è proprio il caso di scriverlo con la lettera maiuscola – eroi non potevano certo starsene con le mani in mano! Decidono quindi di agire, disobbedendo agli ordini e divenendo, di nuovo, ricercati.
The Diverget Series: Allegiant – cosa devono aspettarsi i fan della saga?
Raggiunto il resto del mondo però, la situazione non è per niente rosea come credevano. Tra esseri puri, mezze verità e tradimenti, si svela gradualmente il vero motivo dell’esperimento, dando il via così allo srotolamento dei problemi e di consiguenza all’introduzione dello spettatore nel clou della storia.
Rimembrando le origini della saga e ritornando con la mente al primo film (Divergent del 2014, diretto da Neil Burger) è palese rendersi conto quanto l’entusiasmo che ha segnato le prime due pellicole sembra essere scemato, come se quella fiammella di avventura e intreccio si fosse affievolita nel percorso fatto per raggiungere la prima parte di questo terzo capitolo. Quel qualcosa è nello specifico, per sfortuna degli spettatori e del film stesso, l’eroina Tris (Shailene Woodley) che per buona parte di questa pellicola sembra quasi in stasi. Non è l’Intrepida Divergente prescelta per cambiare il mondo, ma una ragazza normale circondata da persone “difettose”. Non entrando nel dettaglio, praticamente Tris perde il suo status di predestinata che l’aveva resa protagonista, suo malgrado, del cambiamento interno della città di Chicago per diventare una qualunque. Una ripresa leggera sul finale ci fa sperare in un futuro migliore per Tris nel prossimo film.
Per quanto riguarda il resto del cast, sembra esserci stato qualche miglioramento per Theo James il quale, sia per la situazione in cui viene a trovarsi il suo personaggio che per la confidenza acquisita nell’interpretare per la terza volta il ruolo, sembra essere un po’ più a suo agio nei panni di Quattro.
L’interpretazione della splendida Naomi Watts, nei panni della spietata leader ma amorevole madre di Quattro, è sempre molto convincente, nonostante le parecchie incongruenze del suo personaggio. Il problema di fondo sta nel cambio d’idee a cui Evelyn Johnson-Eaton (il suo personaggio) sembra essere soggetta dopo il precedente Insurgent. Una vera spiegazione del motivo per cui dal voler uscire per riunirsi al resto dell’umanità sia passata al pattugliare la divisione che li separa dal mondo affinché nessuno la oltrepassi non viene fornita e forse non è neppure strettamente necessario saperla. È una lacuna che però non può essere colmata solo con una buona interpretazione.
Jeff Daniels entra nel cast nel ruolo del (forse) cattivo David: un burocrate un po’ ambiguo con una vera ossessione per la purezza genetica. È lui il responsabile dell’esperimento nella città di Chicago ed è sempre lui a prendere le decisioni importanti inerenti la città e i suoi abitanti. Punto nevralgico della questione è che lui considera i Divergenti la prova che il suo esperimento funziona, ma se questo è vero perché non fermarne lo sterminio nel precedente capitolo avendone le capacità? Dallo svolgersi del film non viene chiarito bene neppure questo, ma è innegabile che il problema risulta essere a livello creativo, un difetto nel personaggio e non nella recitazione.
Punto di forza del film, capace di renderlo piuttosto godibile nonostante le carenze, è la performance che il regista Robert Schwentke dà nella gestione delle scene d’azione e della loro coesione efficiente con gli effetti speciali, mai troppi e sempre a supporto della trama e dell’azione. La città futuristica che Tris visita dà veramente l’impressione di essere reale, una città che l’umanità potrebbe progettare tra un centinaio o un migliaio di anni. Così come la zona praticamente desertica che circonda le mura di Chicago, rendono perfettamente l’idea che qualcosa di orribile sia accaduto al mondo al punto tale da renderlo più simile a Marte che alla Terra che conosciamo noi. La colonna sonora non è di quelle che si ricorda per anni a venire, ma accompagna ogni frame con la giusta frequenza. Non prevale sul plot e non infastidisce lo spettatore, facendo il suo lavoro in modo discreto e funzionante. Schwentke dimostra inoltre un’innata capacità nel creare colpi di scena che, seppure in alcuni casi abbastanza prevedibili, intrigano e interessano lo spettatore.
Infine, The Divergent Series: Allegiant è una piacevole sorpresa per tutti coloro che si aspettavano di uscire dalla sale con la parola fine sullo schermo, ma è chiaro che, tatticamente parlando, non è il modo migliore per creare la suspense in attesa del prossimo film. La conclusione, seppur aperta come è ovvio essendo una prima parte, dà una sensazione di chiusura e finalità. Nessun cliffhanger quindi per questo film, il quale potrebbe rivelarsi una scelta poco ponderata soprattutto in vista del fatto che il cattivo di questo capitolo, per quanto spietato e senza scrupoli, non sembra una minaccia così imminente da portare gli spettatori a preoccuparsi per le sorti dei loro beniamini in questo anno di attesa. Non ci resta che attendere e vedere che ne sarà di Tris e Quarto in futuro, sperando in una sorte migliore per il loro avvenire.