The Doll: recensione del film di Rocky Soraya
Una regia piuttosto grossolana e una sceneggiatura approssimativa e banale.
Diretto e ideato da Rocky Soraya, The Doll, uscito nel 2016, è il primo capitolo di una trilogia che culmina col film Sabrina.
Anya e Daniel si trovano a un punto di svolta della vita coniugale: i due si sono appena trasferiti in una nuova casa a Bandung, a seguito del nuovo lavoro per cui Daniel è appena stato assunto, quello di supervisore di un cantiere edile. Non passa molto tempo prima che a Daniel venga affidato il primo incarico: abbattere l’albero su cui è stata trovata un’inquietante bambola misteriosa. La ragione è presto chiarificata: il giocattolo era appartenuto a una bambina che, qualche anno prima, fu brutalmente assassinata assieme alla sua famiglia. Ora, secondo le leggende locali, l’oggetto sarebbe abitato da oscure presenze demoniache, ma Daniel decide comunque di portare a casa il fantoccio. Dopo svariati episodi che terrorizzano Anya e Daniel e confermano le voci, per scacciare del tutto l’ingombrante e sgradita presenza la coppia decide di affidarsi a una medium.
The Doll guarda all’universo dell’orrore di James Wan
Dalla sola sinossi di The Doll non sarebbe così ardito ipotizzare che l’idea del regista Rocky Soraya (anche ideatore del soggetto) e dello sceneggiatore Riheam Junianti non sia qualcosa di originale. Le ragioni di una simile deduzione, va specificato, non sono da ricondursi al tema, benché abusato e convenzionale, della bambola posseduta. Fin troppo semplicistico additare la colpa dello stereotipo a escamotage narrativi che hanno plasmato la forma e le dinamiche del mondo cinematografico dell’orrore dai suoi albori. The Doll, piuttosto, guarda a quello sterminato universo fingendo, ma nel frattempo saccheggiando materiali di almeno un decennio di cinema di genere, che non sia mai esistito. Ed ecco che il film realizzato da Soraya ricalca ingenuamente, passo dopo passo e scena dopo scena, soprattutto i lavori del più commerciale James Wan, prendendo in prestito tasselli ora sottratti a L’evocazione, ora a Insidious, e non lasciandosi scappare qualche strizzatina d’occhio persino a quel Dead Silence che avviò definitivamente la carriera del cineasta malaysiano come artigiano del genere di serie B, prima della svolta dei grandi blockbuster.
The Doll soffre della mancanza di ritmo, di sguardo e di solidità narrativa
Il problema sostanziale, tuttavia, risiede nel non saper dimostrare di essere in possesso degli stessi strumenti (non solo materiali), dello stesso talento e della medesima destrezza dimostrata in più di un’occasione dal regista emulato, sempre attrezzato della giusta dose di passione e di un consistente bagaglio di cultura cinematografica (o “cinefila”) che gli hanno spesso garantito la buona riuscita, anche nel riscontro pubblico. A The Doll manca, praticamente, tutto ciò che è in grado di determinare la sufficienza qualitativa di un’opera destinata al grande o piccolo schermo, a cominciare dalla sua snervante mancanza complessiva di ritmo e di sguardo. L’assenza più logorante è, senza dubbio, quella che riguarda una solidità di struttura: The Doll soffre, principalmente, di una sceneggiatura approssimativa e banale che dà origine a una narrazione retta su svolte oltre il limite del prevedibile – si può letteralmente profetizzare ogni evento, forse anche qualche dialogo – e non valorizzata, peraltro, dalla scelta di attori del tutto privi di carisma (per non dire di doti recitative, non pervenute).
The Doll: un horror dalla regia grossolana e dal look soap-operistico
Non giunge in soccorso un buon gusto per la messa in scena, caratterizzata da una regia piuttosto grossolana e da una fotografia che infiocchetta il tutto con un’immagine a metà strada fra la soap opera più scadente e lo spot pubblicitario. Si fatica a comprendere, inoltre, come mai non si sia presa in considerazione l’idea, data la scarsa gestione di tempi e di spannung, di minimizzare la durata, che invece nell’altrettanto futile sequel The Doll 2 viene addirittura estesa a due ore.
In sintesi, sarebbe bene che venga concesso spazio e visibilità ad autori e registi in grado, pur con budget minimi e un’inventiva ancora tutta da saggiare, almeno di saper adoperare i mezzi tenendo a fuoco il fine ultimo, quello di saper raccontare una storia e di intrattenere lo spettatore. Perché anche la serie B ha una dignità.
The Doll è disponibile su Netflix.
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