The Empty Man: recensione del thriller horror Disney+ di David Prior

Frangenti esoterici e sequenze immaginifiche popolano il quadro di David Prior in The Empty Man. Il risultato è un film davvero sorprendente, forte di una personalità dietro la cinepresa molto abile e ispirata.

La prima notte lo senti. La seconda notte lo vedi. La terza notte ti trova. The Empty Man, basato sull’omonima graphic novel di Cullen Bunn e Vanesa R. Del Rey pubblicata da Boom! Studios, è finalmente disponibile su Disney+: una produzione complicata, di due anni fa, che ha dovuto ridimensionarsi con l’acquisizione della Fox da parte della Disney. Un film indecifrabile, che è molto difficile da catalogare e inquadrare. Una narrazione criprica, apparentemente ordinaria, che subisce dei cambi netti di registro lungo la via. Dopo che un gruppo di adolescenti di una piccola città del Midwest inizia a scomparire misteriosamente, la gente del posto crede che sia opera di una leggenda metropolitana conosciuta come l’Uomo Vuoto. Mentre un poliziotto in pensione, James Lasombra (James Badge Dale) indaga e lotta per dare un senso alle storie, scopre un orribile segreto che mette in grave pericolo la sua vita e quella delle persone a lui vicine.

Sregolatezza e inventiva sono alla base di The Empty Man

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Dopo un prologo dalla durata di 25 minuti in Bhutan, in catene montuose che fanno del silenzio la loro arma vincente, il film si svela poco a poco con la figura che ricopre il titolo. L’Uomo Vuoto è parte di un nucleo rinforzato, un elemento centrale di una comunità che cresce di numero e non si sente attaccata alla materialità delle cose. Noi seguiremo le vicende di un ex-poliziotto che si è ritirato dopo una terribile tragedia in famiglia. Un individuo isolato, sperduto nei meandri della sua mente, che non conosce appigli legati ad una religione da seguire e rispettare. Si rivela essere il protagonista perfetto per David Prior, qui al suo primo lungometraggio; metodico, ligio al dovere, che vuole scavare a fondo nelle indagini senza lasciare dettagli scoperti.

Le caratteristiche sono ideali per rafforzare una trama volutamente confusionaria, che cambia forma e assetto ogni trenta minuti: da premesse tipicamente fondate sull’universo horror -soprattutto la parentesi dedicata ai racconti creepypasta, in stile Slender Man – si passa ad uno studio accurato di un culto che vuole compiere rituali di passaggio, creando ponti di collegamento con elementi astrali e cosmici. L’Uomo Vuoto è un mezzo, non un fine. Rappresenta uno spunto iniziale per ampliare il ventaglio di possibilità nel migliorare messa in scena, frammenti colmi di una suspense significativa e interpretazioni nel loro insieme. Prior, intanto, cerca di distribuire al meglio risvolti, rivelazioni, confronti diretti con fanatici religiosi, interrogativi incentrati sulla divisione materialità/astrattezza e realtà/finzione, con risultati oltremodo sorprendenti.

Una durata considerevole diventa il punto di forza di un thriller travolgente

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Una semplice apparizione può assumere dei contorni apocalittici e una figura maligna può diventare un salvatore agli occhi di chi lo venera. L’Uomo Vuoto riempie gli spazi vuoti di un collettivo spezzato dalla realtà che viviamo, e di conseguenza noi spettatori siamo costretti a vedere un costrutto della mente di altri contorni oltre al perimetro visivo del protagonista. L’intreccio è gestito in maniera impeccabile, con scelte di montaggio funzionali alla storia che si sta raccontando, nascondendo particolari utili alla comprensione – o alla complicazione, a seconda di come Prior vuole mescolare le carte in tavola – di un disegno più grande, che coinvolge sacrifici, riassestamenti di un credo che non può perdere la rotta prestabilita e un cammino lisergico che supera qualsiasi trauma subito. The Empty Man è filosoficamente ambizioso, portentoso e a volte persino pretenzioso, ma con richiami intelligenti a pellicole che hanno turbato il nostro immaginario come come Angel Heart e Allucinazione Perversa.

Il bilanciamento fra sceneggiatura e scenari intinti da una mirabile fotografia, a cura di Anastas N. Michos, è ottimale e ben condensato in 125 minuti di durata. Un minutaggio che può decisamente spaventare, ma l’operazione è organizzata in modo tale da fornire corpo e sostanza ad una narrazione che diventa un processo di iniziazione, un percorso in bilico fra ragione e ampliamento delle proprie capacità intellettive, fino a sfociare nel metafisico. Un titolo assolutamente da non perdere, che vi darà modo di esplorare la realizzazione di un progetto martoriato dalle grandi major, contorto quanto basta da portarvi costantemente fuori strada. Coraggioso nelle intenzioni, regolato nella curva drammatologica e con un interprete carismatico e impreziosito da battute mai involontariamente comiche, The Empty Man è una visione obbligatoria per tutti gli amanti di un horror adulto che può amalgamarsi con il thriller investigativo.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4.5
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 4

4.1