The Estate: recensione del film con David Duchovny e Toni Collette
Una commedia che parte con il presupposto giusto, ma si perde in un autocompiacimento.
The Estate, la nuova e attesa commedia diretta da Dean Craig, arriva su Sky e in streaming esclusivamente su NOW il 15 novembre 2023. Le premesse per una godibile, ironica, divertente commedia da salotto ci sono tutte e l’idea che qualcosa possa andare storto appare davvero irrealistica. Gli ingredienti per una pellicola critica e brillante – ma ricca di satira amara e black humor – sembrano esserci tutti: un regista dalla reputazione solida sia come filmmaker che come sceneggiatore, la scelta accurata di un cast che mette insieme una gamma di talenti ampia e variegata, una trama perfetta per creare comicità e dramma al contempo.
Eppure, The Estate riesce a dimostrarci quanto anche gli ingredienti migliori possono creare una miscela a tratti insapore, ad altri troppo salata, in alcuni punti dolce ma non era proprio quello il punto della ricetta. La domanda che gli spettatori si chiederanno è: se tutti gli ingredienti sono buoni e la ricetta è stata apparentemente suggerita da uno chef molto abile, cosa è andato storto? Proviamo a capire perché The Estate, seppur disseminato di performance brillanti e tanta ambizione comica, fallisce nel trasmetterci quello che vorrebbe.
The Estate: la commedia di Dean Craig dovrebbe essere brillante ma non lo è: cos’è andato storto?
The Estate parte da una trama semplice, che non si pone come nodo centrale della sua esistenza ma come pretesto per mettere in scena una commedia brillante che si appiglia ai dialoghi arguti interpretati da alcuni dei migliori attori dell’Olimpo hollywoodiano. L’intento, però, non sempre coincide con la messa in pratica, la riuscita, e il duplice ruolo di Craig, regista e sceneggiatore della commedia, gioca a sfavore della sua stessa opera. L’artista sembra partire da una serie di assiomi errati, peccando di ingenuità o – probabilmente – anche di autoconsapevolezza.
Nel suo raggruppare un cast di talenti brillanti, dando loro ruoli apparentemente azzeccati come membri in competizione della stessa famiglia disfunzionale, Craig si sente troppo sicuro di sé, nella botte di ferro narrativa e stilistica del cinema contemporaneo formalmente collaudato. Credendo di ricreare una commedia da salotto che ricalchi l’amarezza di opere come I segreti di Osage County, o le atmosfere da whodunnit di Knives Out e – ancora – l’esilarante assurdità di Ti presento i miei, Dean Craig riesce solo a mettere insieme un film che non sa qualche direzione prendere, scollato dalla sua stessa premessa. Ondivago in modo confuso e non coeso con gli stilemi che sembra suggerire allo spettatore, riesce a disorientare senza interessare, a sbalordire quando vorrebbe divertire e a proporre un umorismo tra il volgare e lo splapstick.
L’intento brillante di The Estate è proprio il suo limite: vorrebbe essere scabro, essenziale, brutalmente umano nel mostrare il lato più cinico di alcune dinamiche familiare ma il risultato è una pellicola crudele, senza cuore. I protagonisti sono persone orribili, ma non hanno una tridimensionalità che possa accattivarli allo spettatore: i chiaroscuri sono il fulcro dei personaggi più riusciti, persino nelle commedie con intento leggero e/o demenziali. Il gruppo umano proposto da Craig, formato da cugini squattrinati capaci di tutto per entrare delle grazie della ricca e anziana zia Hilda (Kathleen Turner) in cerca della lauta eredità, è psicologicamente ed emotivamente povero, così tanto da non riuscire ad ingaggiare o a scatenare riso (amaro o divertita che sia). Le sorelle protagoniste della pellicola, Macey e Savanna, sono interpretate da due delle attrici più brillanti della loro generazione, due vere maestre della risata e del dramma come Anna Faris (Scary Movie, Mom) e Toni Collette (Hereditary, Knives Out). La loro presenza luminosa sullo schermo, però, non è sufficiente a donare smalto alla sceneggiatura..
Per chi aspettava l’occasione giusta, come il ritorno dell’amatissimo e sempre brillante David Duchovny sullo schermo, per godersi un bella in door comedy intelligente e amara, sarà opportuno attendere un’opera più propizia. Punta positiva è un vivace Ron Livingstone, in forma smagliante e perfetto nel suo ruolo di cugino assetato di soldi, essendol’unico che sembra mostrare sfumature caratteriali cangianti ed umane, catturando tutta l’attenzione su di sé. Perfetta, invece, è la musica di Nick Cave, capace di donare poesia anche ad un’opera che lotta e si strazia per trovare grazia nella sua confusione.
The Estate: conclusione e valutazione
The Estate è un vero e proprio “quadro di lontananza”: un prodotto all’apperenza di pregevole fattura con tutti i connotati giusti per promettere una commedia intelligente e amara, ma lo svolgimento del compito è eccessivamente ambizioso, si prende troppo sul serio e crede in se stesso senza sapere davvero dove condurre lo spettatore. Un po’ dramma, un po’ satira e molto commedia spicciola, questo film ha come solo punto di forza il suo ricco cast che – per quanto si sforzi – non riesce a mettere in tiro uno script prolisso e poco divertente.