The Expatriate – In fuga dal nemico: recensione del film con Aaron Eckhart
Il film con Aaron Eckhart, dovrebbe essere d'azione ma, seppur non sia un disastro, non riesce a creare la tensione che ci si aspetterebbe.
In The Expatriate – In fuga dal nemico, film diretto da Philipp Stölzl nel 2012, Aaron Eckhart interpreta Ben Logan, ingegnere vedovo che si occupa di testare sistemi di sicurezza per una grande azienda ad Anversa, e che cerca di recuperare il rapporto con sua figlia Amy (Liana Liberato). In realtà, prima di trasferirsi in Belgio, Ben era un agente della CIA, parte di una squadra di addestratissimi killer. Il suo passato lo raggiungerà e minaccerà la sua vita e quella di Amy.
La prima cosa di dire riguardo a The Expatriate è che Aaron Eckhart ha avuto momenti migliori: la sua interpretazione di un ex killer non riesce a risultare troppo credibile e, anche se non è disastrosa, non riesce ad affezionare lo spettatore. La connessione con il pubblico non si verifica però anche per mille altri motivi, primo fra tutti il fatto che sembra di rivedere un film già visto. Infatti, di titoli di film d’azione, basati sul rapporto padre figlia, se ne posso sciorinare a memoria almeno una decina. Basti pensare a film come Io vi troverò e tanti altri. Il guaio è che non c’è nulla che riesca a dare carattere e a far uscire questo film dal pantano del dejà-vu.
Niente da fare: con The Expatriate – In fuga dal nemico, invece di un film d’azione avrete un film poco originale, con storie già viste e senza nemmeno l’ombra della suspense
Le scene di combattimento o delle sparatorie non riescono nel compito di essere convincenti: si resta in attesa di una tensione che però viene continuamente disillusa. Sappiamo già che dietro quell’angolo c’è il nemico cattivone con la pistola! È evidente che cosa stai per fare con quella valigetta! In sintesi, un film d’azione che non riesce a decollare. Questo non significa che il film non sia in parte godibile, ma per chi si aspetta film fatto di tensione e colpi di scena, non ci sarà soddisfazione.
Gli stessi villain sono poco credibili. Il pesce grosso, James Halgate III (interpretato da Garrick Hagon) potrebbe anche essere interessante, ma arriva alla fine e lo spazio per lui si rivela davvero angusto. Il pesce piccolo tra i cattivi è invece Olga Kurylenko, agente della CIA corrotta. Un personaggio in origine dalla parte dei buoni, che passa in seguito al lato oscuro e che, nonostante tutto, resta senza spessore.
The Expatriate è un film che, oltre a non essere originale, non riesce a dare sufficiente spazio ai personaggi per raccontarsi. Le loro storie restano sospese in un passato che, agli occhi dello spettatore, rimane nebuloso e senza sostanza. Le stesse sceneggiature appaiono banali, come se sapessimo già quale sarà la prossima battuta.
Un risultato migliore lo ottiene Kolja Brandt con la fotografia: la cornice belga in cui si inserisce il film, tra le città di Anversa e Bruxelles, con la sua atmosfera grigiastra e opprimente, si adatta bene al genere e risulta gradevole allo sguardo. Nelle scene si alternano stanze vuote e folle caotiche e si mantengono in un equilibrio adatto e ben studiato.
Ma, a parte questi elementi degni di nota, The Expatriate è un film che non riesce a colpire nel segno come dovrebbe: si riesce a restare svegli fino alla fine ma, alla fine, ci si chiede dove siano finite l’azione e la suspense promesse.