The Flame in the Flood: recensione del road game post-apocalittico
Tra i molti generi di videogiochi presenti sul mercato, ce ne sono due in particolare che sono votati allo sfidare i giocatori, portandoli allo stremo delle loro abilità: i survival game, in cui lo scopo è, come dice il nome, quello di sopravvivere il più a lungo possibile alle insidie del gioco, e i rogue-like, un genere molto particolare in cui si ha a disposizione un’unica vita e, in caso di morte, occorre ricominciare da capo, magari in mondi generati casualmente, per cui il giocatore non può basarsi sulla memoria o su schemi prefissati, ma deve interpretare partita dopo partita il mondo circostante e adattare ad esso lo stile di gioco.
Esistono poi quei giochi in cui i due generi vengono fusi in uno, capaci di offrire livelli di sfida davvero notevoli. Tra questi pochi esemplari approda in questi giorni sugli store l’interessante The Flame in the Flood, che, come suggerisce il titolo, evoca la difficoltà del tenere una torcia accesa durante un diluvio.
The Flame in the Flood: recensione del videogame post-apocalittico
Il gioco ci mette alla guida di una giovane sopravvissuta ad un nuovo Diluvio che ha spazzato via la civiltà così come siamo abituati a conoscerla, e, in compagnia del fedele cane Aesop, deve cercare di sopravvivere in questo mondo post-apocalittico perlustrando zone in cui trovare le risorse per cacciare, costruire manufatti e sopravvivere alle inside della natura. A collegare le diverse zone tra loro, un fiume in piena che funge sia da via di comunicazione che da fonte di primo pericolo con ostacoli da superare per non veder distrutta la propria imbarcazione. Il giocatore dovrà di volta in volta scegliere la strada più congeniale per sopravvivere con tempi ridottissimi di scelta e una facilità di errore davvero elevata. Tutto ciò porta il gioco a vivere una vera road-story, in stile survival, che evoca alcune pellicole di tutto rispetto come The Road. Tutto nel gioco oscilla pericolosamente tra salvezza e pericolo: gli animali possono essere cacciati per nutrirsi, ma bisognerà impedire loro di attaccarci e ucciderci; l’acqua e il cibo da soli possono nutrire e idratare o avvelenare; per non parlare delle malattie, delle ferite, della sepsi e così via.
The Flame in the Flood colpisce immediatamente per la qualità grafica e artistica, uno stile poligonale spigoloso rende alla perfezione la pericolosità dell’ambiente, mettendo a contrasto la crudeltà della natura con la vivacità dei suoi colori. Degno di nota anche l’impianto audio che grazie alle musiche di Chuck Ragan e band Indie locali danno vita ad un accompagnamento che da solo merita di portare a compimento la campagna.
I lati positivi, purtroppo, si esauriscono qui. Il gameplay sfortunatamente è troppo semplicistico e ripetitivo, con notevoli buchi (come l’impossibilità di pescare) a danneggiare l’esperienza complessiva di gioco. Anche lo storytelling lascia l’amaro in bocca, con una sceneggiatura così interessante gli sviluppatori avrebbero potuto osare molto di più, mentre la sensazione è quella di veder solo la superficie di un mondo ben tratteggiato ma non approfondito. I PNG lasciano intendere come la follia possa prendere possesso della mente umana in un contesto post-apocalittico, ma anche qui siamo solo sull’accenno.
Nel complesso un gioco che merita di essere acquistato per i fan del genere e delle sfide difficili, mentre dovrebbe essere evitato, soprattutto a prezzo pieno, da quelli che amano storie solide e gameplay granitici. Resta comunque la sensazione di un’opera lasciata incompiuta: un vero peccato per questo affascinante progetto kickstarter perché anche se è l’opera prima di The Molasses Flood risulta davvero difficile perdonare i peccati di superficialità dei sei professionisti che ne compongono la squadra: tutti ex membri di grandissime software house come Bungie e Irrational Games tra cui spicca il nome Scott Sinclair (fondatore), celebre per aver curato la direzione artistica di BioShock e BioShock Infinite.