LFF 2018 – The Front Runner – Il vizio del potere: recensione
Un biopic drammatico con Hugh Jackman e Vera Farmiga nel cast che si limita a raccontare i fatti.
Al London Film Festival 2018 è stato presentato in anteprima il film The Front Runner – Il vizio del potere, in uscita in Italia il 21 febbraio 2019 con Warner Bros. Diretto da Jason Reitman (Tra le Nuvole, Young Adult, Tully) questo biopic drammatico ritrova Hugh Jackman nei panni di Gary Hart, il senatore democratico che, nel 1988, è stato coinvolto in uno scandalo che lo ha spinto ad abbandonare la corsa per la Presidenza degli Stati Uniti. Accusato di avere una relazione extraconiugale con Donna Rice, una giovane modella interpretata da Sara Paxton, il candidato ha dovuto abbandonare le elezioni lasciando il posto a Michael Dukakis che poi è stato sconfitto dal repubblicano George Bush.
Leggi anche Hugh Jackman: 10 curiosità sull’attore di Wolverine
In quel periodo storico lo scandalo Watergate aveva cambiato il ruolo dei media e la tecnologia della copertura delle notizie si stava evolvendo rapidamente. In questo film Reitman si concentra sul fatto storico, facendo molta attenzione alla ricostruzione degli ambienti come uffici in cui si notano le macchine dei fax, giornali, furgoni televisivi con tv satellitare. Insieme al montatore Stefan Grube, il regista orchestra bene alcune scene ad alta tensione per trasmettere la dinamica frenetica della campagna elettorale, ma non si possono ignorare alcuni cali della sceneggiatura.
Ispirato al libro di Matt Bai, All the Truth is Out, The Front Runner – Il vizio del potere è un dramma politico che si limita a raccontare i fatti, facendo scendere in campo personaggi interessanti e dotati di un proprio magnetismo. Hugh Jackman interpreta Hart con una discreta dignità e una inconsapevole incoscienza. Uno dei suoi ruoli più impegnativi fino a oggi. Accanto a lui Vera Farmiga nei panni della moglie tradita e riservata che vive lontano dai riflettori con i suoi figli per proteggerli dalla stampa curiosa e invadente. E JK Simmons a capo della campagna elettorale di Hart.
The Front Runner – Il vizio del potere: Hugh Jackman in uno dei suoi ruoli più impegnativi
Reitman non cerca di influenzare l’opinione pubblica schierandosi da una parte o dall’altra della barricata, ma utilizza filmati di repertorio alla ricerca di autenticità e confeziona un film realistico e dalla fotografia datata, per incoraggiare la libera interpretazione da parte del pubblico, che deve scegliere quali sentimenti provare verso il protagonista. Qualcuno può considerare Hart come un eroe che ha sfidato la stampa per proteggere la sua famiglia, mentre altri lo considerano un semplice uomo di potere che ha ceduto alla tentazione solo per il gusto di farlo, senza preoccuparsi troppo delle conseguenze legate alla sua personalità pubblica. Una tematica sempre attuale, non solo nel mondo della politica, che sottolinea la visione maschilista condannata anche recentemente dallo scandalo Weinstein e i movimenti #MeToo e #TimesUp. The Front Runner è un un film canonico e poco ambizioso, che funziona ma non coinvolge pienamente, risultando a tratti noioso. Tuttavia utile a far conoscere una storia che si presta a una diversa prospettiva.
Forse se fosse stato eletto Hart l’America non avrebbe invaso l’Iraq, il rapporto dell’America con la Russia sarebbe stato diverso (Hart era amico di Mikhail Gorbachev), e Donald Trump potrebbe ancora vendere cravatte e bistecche congelate, piuttosto che gestire il paese tra i più ricchi del mondo.