The Garbage Man: recensione del film con Paolo Briguglia
Un film che alterna paradiso e inferno e porta alla riflessione.
Un uomo senza nome che fa il netturbino, un mestiere faticoso che lui in fondo ama. Man è il protagonista di The Garbage Man di Alfonso Bergamo, scritto dallo stesso regista con Armando Festa e Craig Peritz. ll film racconta di un luogo imprecisato del Sud Italia in cui quest’uomo senza nome, Man (Paolo Briguglia), vive con la madre invalida di cui si prende cura e che porta i segni dei traumi dovuti ai soprusi subiti dal marito in passato. Passa il tempo con Christopher (Randall Paul), amico e collega, e trova nella spazzatura oggetti ancora integri e dotati di una qualche bellezza, il loro rapporto si stringe talmente tanto che arriva il momento in cui gli fa conoscere la figlia, Giulia (Roberta Giarrusso) e la nipotina. Può Man pensare ad una vita nuova? Può pensare di essere felice? Forse non totalmente perché deve prima fare i conti con il boss criminale Rosario (Tony Sperandeo), a cui Man versa regolarmente denaro per estinguere un debito contratto anni prima dal padre defunto. Le cose sono sempre più difficili di quanto si possa pensare. Inizia così il viaggio complicato e complesso nell’oscurità di una città italiana in crisi e sgangherata di Man, intrappolato nei suoi dolori, nel suo passato, presente e forse futuro.
The Garbage Man: un antieroe silenzioso che ambisce alla luce
“I debiti si pagano fino alla fine”
The Garbage Man ha origine dall’eroismo quotidiano di un uomo che trova bellezza nel suo mestiere. Man lavora lontano da tutto e da tutti, solo, vaga di notte alla ricerca di un capo e di una coda che non troverà mai, si dibatte in un silenzio poroso e materico in cui resta ingabbiato, tra la madre, quasi catatonica, bloccata su una sedia a rotelle, e le sue notti di fatica. È un uomo dal passato incerto, dal presente oscuro e dal futuro “impensabile” – che è difficile pensare perché non ha speranza e ogni giorno è uguale a se stesso. A causa del lavoro che svolge, il giorno dorme, o almeno prova a farlo.
Man si prende cura della madre costretta su una sedia a rotelle, a causa delle violenza paterne, scrive, prega, ascolta musica anni ’80 e sopravvive, trascinandosi tra le immondizie di un luogo non luogo, di un tempo non tempo, sospeso in uno stato soporoso e soporifero. Quando incontra Giulia e sua figlia tutto cambia, luce e speranza entrano nella sua vita, inizia addirittura a sorridere e la sua esistenza solitamente solo notturna si apre a nuove prospettive, esiste anche il giorno. Per lui diventano possibilità, via di fuga da una stasi che non gli permetteva di andare avanti, di respirare; è possibile per lui cambiare strada? Non può farlo, lo aspetta ancora l’incubo irrisolto che non lo lascia in pace. L’unica soluzione per lui, come sempre in questo genere di opera, è purificare il mondo, una volta per tutte. Vendicarsi per l’ultima volta in modo da poter poi pensare al futuro, al domani, alla sua felicità.
Man è un antieroe aggrovigliato in/su se stesso, contorto e contorcente che, prima di poter vivere, deve mettere a posto ogni cosa, vendetta e giustizia saranno compagne che lo spingono a ripulire il mondo – non è un caso quindi che faccia il netturbino.
Il personaggio di Man ha la carica necessaria per sostenere The Garbage Man, un film di immagini che dialogo con il cinema di genere usando alcuni stilemi: la reazione ferina del protagonista alla violenza, sia quella del padre nel passato sia quella del mafioso locale; l’ingiustizia sistemica che lo ingabbia e lo ammorba (il suo tentativo di denuncia rivolto alla polizia cade nel vuoto); la coppia di amici Man e Christopher – che sembra completarlo alla perfezione: silenzioso il primo, rumoroso il secondo -, diversi e complementari, entrambi, anche se per motivi diversi, stranieri.
Un racconto in cui il punto forte è l’immagine
Per Bergamo il centro è il potere dell’immagine e da lì tutto dipende e si propaga. Un’immagine potente che spiega, dà senso e sostanzia la vicenda, i personaggi, l’atmosfera, è una linea guida che porta avanti la storia. The Garbage Man è oscuro e misterioso, una sorta di fumetto cyberpunk, con i suoi fumi, le luci al neon, le sonorità e i panorami notturni che fanno riferimento al racconto sci-fi, tra il noir e il revenge movie, Man abita questa città autentica e tangibile nonostante sia indefinita, senza confini e punti cardinali, una periferia italiana, trascurata e dimenticata che assume un ruolo principale.
Man sa che quello in cui vive è un mondo regolato da leggi non scritte, dove la possibilità di un cambiamento è possibile spinto da una terribile e umanissima disperazione, certo, ma può essere anche una crudele illusione. Immerso in questa periferia, emerge l’antagonista, Rosario che con i suoi uomini, colpevoli di esistere e di inquinare una terra, mettono i bastoni tra le ruote a Man che vuole solo vivere.
In questo “disegno” notturno, senza dio e eroi, Man ci racconta con il suo “viaggio” un percorso di purificazione, il desiderio di redenzione e The Garbage Man è un film che alterna paradiso e inferno e porta alla riflessione e mette nella condizione di porsi domande.
The Garbage Man: valutazione e conclusione
The Garbage Man ha qualcosa di Only God Forgives, Drive, ricorda un po’ le atmosfere di Lo chiamavano Jeeg Robot e le atmosfere anni ‘80. Il film di genere di Bergamo, forse un po’ ingenuo in alcuni punti, è una storia di dolore e di redenzione, di rifiuti e di luce, si fa parabola sulla condizione umana costruita attraverso una luce cruda e penetrante, una fotografia su un’Italia ai margini, senza tempo. Quella di Man è una narrazione che si costruisce su sguardi, non detti e parole, poche, dosate, che rendono un antieroe uno spietato giustiziere. Il regista lavora bene assieme al direttore della fotografia, Daniele Poli che sottolinea il contrasto tra il degrado esterno e la lotta interiore del protagonista, il male della città e la possibilità di riemergere, di trovare una luce.
Paolo Briguglia interpreta bene il suo Man, silenzioso, un personaggio tutto sguardo, parla poco, dialoga spesso con se stesso attraverso un voice-over che diventa quasi colonna sonora. Man e il film (The Garbage Man) camminano con lo stesso ritmo, hanno lo stesso respiro, contenuto, trattenuto, pronto ad esplodere.