The Girl with the Needle: recensione del film di Magnus von Horn 

Il dramma emerge sul racconto in un film esteticamente bello ma troppo rigoroso.

Dal 24 gennaio 2025 su MUBI si potrà guardare The Girl with the Needle, pellicola presentata a Cannes 77, diretta da Magnus von Horn, con Vic Carmen Sonne e Trine Dyrholm. Il film drammatico diretto da Magnus von Horn è ispirato a una storia vera, accaduta alla fine della Prima Guerra Mondiale; è capace di intrigare per la sua attraente struttura visiva, accompagnata benissimo sia dalla colonna sonora di Frederikke Hoffmeier che dalla fotografia curata da Michał Dymek. Mescolando genere thriller e dramma sociale, il giovane regista svedese realizza un lavoro oscuro e rigoroso.

The Girl with the Needle è una “marcia” verso l’inferno di una donna che lavora per un’agenzia di adozione clandestina

The Girl With the Needle è un film che affronta tematiche storiche e psicologiche in un contesto davvero sinistro. Ambientato a Copenaghen, alla fine della Prima Guerra Mondiale, la macchina da presa segue la protagonista Karoline (interpretata da una Vic Carmen Sonne molto brava) la quale è ormai rassegnata all’idea di non poter più rivedere suo marito che è partito per il fronte; così si lascia adescare da un uomo facoltoso. Presto la donna rimane incinta (e sola) e poi conosce “fortuitamente” la signora Dagmar (Trine Dyrholm) che gestisce un’agenzia di adozione clandestina. La donna in questione si fa chiamare “la creatrice di angeli”. Va a finire che il marito di Karoline (Besir Zeciri), che era stato creduto deceduto, fa ritorno a casa indossando una maschera che cela il suo volto sfregiato dagli orrori (aspetto interessante ma non utilizzato pienamente nel film). Cosa accade? Che a causa di una verità spaventosa (che non possiamo svelarvi), Karoline dovrà rifiutare l’uomo che ha sempre amato, e insieme la sua disponibilità ad accettare anche il piccolo nato durante la sua assenza. Perché la donna deciderà di affidare il bambino all’agenzia segreta gestita dalla signora Dagmar.

Il dramma emerge sul racconto in un film esteticamente bello ma troppo rigoroso

Il film, come detto, mostra un’estetica ricercata e sembra essere stato realizzato con l’obiettivo di far emergere in ogni frame uno sguardo protetto, specifico. Se da un lato il fatto di cronaca è di per sé scioccante (avvenuto tra il 1913 e il 1920), sembra chiaro che Magnus von Horn abbia cercato maggiormente un effetto estetico, perché la storia passa in secondo piano nell’architettura generale. Nei dialoghi fa emergere sempre qualcosa che finisce per restare narrativamente in superficie, preferendo appunto la tecnica (pur notevolmente suggestiva) e di conseguenza penalizzando un parametro emotivo, una dimensione più propriamente istintiva, e più in generale impedendo alla nostra curiosità di poter conoscere maggiormente le vicende vissute dai personaggi principali, ma soprattutto quegli elementi del contesto che le hanno determinate e segnate tanto profondamente.

The Girl with the Needle: valutazione e conclusione

The Girl with the Needle è sicuramente graffiante, a modo suo (terrificante) affronta il tema della maternità ed è fortemente debitore delle influenze espressioniste. Nell’opera si trovano citazioni di quadri e film fra cui una sequenza-omaggio al cinema dei Lumière (La Sortie des usines Lumière) o riferimenti a Persona di Ingmar Bergman. Rientra in un “filone” cinematografico in cui il dramma sovrasta (in eccesso) la storia. In cui ogni immagine viene plasmata seguendo certi canoni estetici che in sostanza ci piacciono ma non ci convincono totalmente proprio per la loro eccessiva cura. Ma sebbene sia esteticamente bello, avremmo voluto che comunicasse di più attraverso lo script, che mostrasse di più quella parte corrotta e putrida della società che ha consentito così tanto orrore…

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3

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