Venezia 79 – The Hanging Sun: recensione del film di Francesco Carrozzini
La recensione di The Hanging Sun - Sole di mezzanotte, film di Francesco Carrozzini con Alessandro Borghi, presentato a Venezia 79.
Compie il salto dal documentario alla fiction, Francesco Carrozzini, che porta al cinema The Hanging Sun – Sole di mezzanotte, thriller con protagonista Alessandro Borghi, tratto dal romanzo di Jo Nesbø (autore norvegese già adattato al cinema nel 2017 con L’uomo di neve) e scelto per chiudere fuori concorso la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2022. Una co-produzione italo-britannica, si tratta del primo film realizzato per l’Italia da Sky Studios, che figura tra i produttori accanto a Cattleya e Groenlandia. La sceneggiatura è firmata da Stefano Bises, noto per lavori quali Esterno Notte e Il miracolo.
Di ambientazione scandinava, il film si apre con la fuga di John (Borghi), che tradisce la propria famiglia decidendo di non uccidere più per il padre (Peter Mullan), criminale che lo ha accolto in casa sua quando è rimasto orfano. Il fuggitivo si trasferisce in un isolotto sperduto in attesa di soldi e passaporto per lasciarsi completamente alle spalle la propria vita. Qui incontra Lea (Jessica Brown Findlay), moglie di un uomo violento, e fa amicizia con il figlio di lei, Caleb (Raphael Vicas). In questo luogo ameno, John trova una pace che da tempo non provava, ma il fratellastro Michael (Frederick Schmidt) è sulle sue tracce, con l’obiettivo di riportarlo all’ovile.
The Hanging Sun: una storia glaciale che è molta forma e poca sostanzaa
Carrozzini firma un lungometraggio che fa del microcosmo che ospita la storia la propria essenza, luogo isolato dal mondo, percorso da boschi, in cui il sole può non tramontare per mesi. The Hanging Sun si adagia però fin troppo nel dare spazio al malioso panorama norvegese, dimenticando di dare un’effettiva ossatura agli eventi che dovrebbero tenerci in tensione per la sua durata. A parte mostrarci un contemplante John mentre dalla sua capanna assiste a epifaniche visioni di lupi e i suoi saltuari scambi con gli abitanti dell’isola, il film confida nel fatto che basti avere una location suggestiva per dare stile e senso a un racconto; paradossalmente, non usa nemmeno fino in fondo quel sole perpetuo che dà il titolo al progetto, mera decorazione scenografica, che in passato abbiamo invece visto ottimamente adoperato in lavori quali Insomnia di Erik Skjoldbjærg.
Barbuto, dallo sguardo penetrante e con un volto segnato da sofferenze indicibili, Alessandro Borghi è bravo, sì (l’essersi fatto doppiare nella versione originale in inglese non gli impedisce di dimostrare il proprio talento, lavorando di sottrazione con il proprio fisico), ma al servizio di un personaggio che ha ben poco da dire, figlio di quella tradizione di figure maschili silenti e dure con gli altri come con se stesse, capaci forse di liberarsi dai propri demoni solo grazie all’amore. Il passo lento, la costruzione di un’atmosfera glaciale fredda come le persone di cui è dimora conferiscono tinte noir a questo thriller che spera di penetrare nelle ossa dello spettatore come il gelo dei suoi luoghi. Il film pretende tuttavia troppo dal pubblico. Chiede di innamorarsi di personaggi che fanno (e dicono) ben poco e di lasciarsi coinvolgere da inquadrature di paesaggi norvegesi immortalati con gusto (il reparto tecnico fa il suo dovere, anche se la fotografia è sin troppo in linea con le molte produzioni Sky), dimenticandosi però di darcene una ragione.
Alessandro Borghi convince in un thriller che è meno della somma delle sue parti
L’operazione targata Sky è dunque molto meno della somma delle sue componenti. Gli interpreti convincenti, le vedute mozzafiato e un soggetto accattivante per il suo ritratto spietato di figure crudeli si amalgamano raffazzonatamente e il titolo rimane trappola della sua forma. Soprattutto, ispirato dai tanti titoli di origine e ambientazione scandinava, prende di questi l’impronta estetica ma ne ignora il cuore, dimenticando di essere innanzitutto un film di genere. Vincere con una sceneggiatura abbozzata, che gira attorno a se stessa per oltre un’ora (su una storia che tocca appena i 90 minuti), è impresa assai ardua e alla fine della corsa non rimane che la delusione. Aiutato dall’intrigante colonna sonora di Andrea Ferri, all’insegna del senso di alienazione, Carrozzini regala buone immagini da cartolina e qualche momento di interessante descrizione umana, ma non colpisce mai con un affondo e tutto ha il sapore di un’occasione mancata, che uscirà dalla mente del pubblico così come vi è entrata.
In Italia, dopo un passaggio nelle sale dal 12 al 14 settembre supervisionato da Vision Distribution, The Hanging Sun – Sole di mezzanotte arriverà in esclusiva su Sky Cinema e in streaming solo su NOW. Il cast è composto da Alessandro Borghi, Jessica Brown Findlay, Sam Spruell, Frederick Schmidt, Raphael Vicas, Peter Mullan e Charles Dance.