Berlinale 2018 – The Happy Prince: recensione del film di Rupert Everett
The Happy Prince farà felici i fan di Oscar Wilde, pur lasciando un po’ l’amaro in bocca a qualche intenditore.
È difficile immaginare Oscar Wilde con un volto diverso da quello di Stephen Fry. Molto difficile. All’inizio, infatti, si fa quasi fatica a riconoscere lo scrittore irlandese per quanto il volto dell’altro sia impresso nella memoria quasi sovrapposto a quello reale. Nonostante questo, Rupert Everett è talmente calato nella parte da risultare mano mano, sempre più convincente. Forse troppo. L’attore inglese, infatti, si è calato anima e corpo nel progetto, al punto da esserne non solo attore principale ma anche sceneggiatore e regista. Presentato nella sezione Special della 68esima edizione della Berlinale, The Happy Prince è il film di esordio di Everett in cui il lavoro fatto sul personaggio già ai tempi di The Judas Kiss (opera teatrale di David Hare) raggiunge il suo compimento.
Dopo essere stato condannato a due anni di lavori forzati nel carcere di Reading per il reato di omosessualità, Oscar Wilde (Rupert Everett) è di nuovo uomo libero. Ritiratosi in un esilio forzato in Francia, al fianco dello scrittore e drammaturgo irlandese restano adesso solo il critico Robbie Ross (Edwin Thomas) e il giornalista e scrittore Reggie Turner (Colin Firth). Il desiderio di incontrare di nuovo il suo vecchio amante, Lord Alfred Douglas, detto Bosie (Colin Morgan), è però troppo forte e i due decidono di andare in soggiorno a Napoli prima che il taglio dei fondi da parte della madre di Bosie non porti all’ulteriore e ultima rottura.
The Happy Prince: un protagonista ingombrante negli anni che seguono lo scarceramento
Quando si pensa a Oscar Wilde, si tende a immaginarlo all’apice del successo, signore indiscusso dei salotti londinesi, amato dal pubblico e dalla critica, nonché icona di stile. Quello che più passa inosservato, invece, è il Wilde degli anni dopo la prigionia, un Wilde che aveva necessariamente perso la sua grandeur ed era stato ostracizzato dalla maggior parte dei colleghi e amici. È esattamente questo il Wilde che Everett decide di portare sul grande schermo, presentandoci il ritratto di un grandissimo scrittore che nonostante la caduta di grazia è riuscito a mantenere alta la propria dignità.
Nonostante il film sia tagliato perfettamente sulla figura di Wilde, il ventaglio di personaggi che lo animano è comunque ben nutrito. A un Everett che vive per il ruolo che interpreta toccando pericolosamente quegli stessi vertici di affettazione riscontrabili già nel Branagh di Assassinio sull’Orient Express, vediamo affiancarsi un Colin Firth magari sotto tono per colpa di una parte che sacrifica un po’ le sue doti e un Colin Morgan che, al contrario, convince pienamente nella sua resa di un Bosie viziato e vizioso al tempo stesso.
The Happy Prince: quando sfuggono le redini del gioco
Prendendo a pretesto la favola de Il Principe Felice (che dà anche il titolo al film), Everett costruisce una cornice narrativa per il suo film a cui tornera in modo forse un po’ troppo caotico in vari punti del film. Se, in generale, la storia prosegue in modo piuttosto lineare seguendo gli avvenimenti principali degli ultimi anni di vita di Wilde, le varie analessi sono costrette in confini sempre più labili a scapito quindi di un fruire fluido della trama. Allo stesso tempo però, il film gode di una buona fotografia, che si destreggia tra primi piani serrati e riprese d’interni decadenti.
Il rischio, in casi come questo in cui si decide di assumere troppi ruoli (specie quando si è al primo lavoro), è quello di perdere di vista la misura delle cose. Il risultato, in questo caso, è buono ma i momenti in cui si rischia di cadere nel melò sono tanti. Troppi. L’ammirazione, la passione e il completo annullarsi per rinascere come altro da sé spesso non sono sufficienti, soprattutto quando chi dovrebbe guidarci e, nel caso, riportare nei ranghi certi guizzi istrionici, è la stessa persona che si è persa. Tutto sommato però, The Happy Prince è un film da vedere, un film che farà felici i fan dello scrittore ma che lascerà un po’ l’amaro in bocca a qualche intenditore.