The Hater: recensione del film Netflix di Jan Komasa
Dopo il successo di Corpus Christi, Jan Komasa torna sul grande schermo con The Hater, una riflessione a voce alta su temi attuali e caldi come l’incitamento all’odio razziale, il nazionalismo imperante e l’uso distorto dei social media. Dal 29 luglio su Netflix.
Il premio per il migliore lungometraggio all’ultima edizione del Tribeca Film Festival e l’eco delle critiche positive arrivato da oltreoceano, avranno convinto i responsabili di Netflix ad acquisirne i diritti, facendolo entrare ufficialmente nel catalogo della piattaforma a partire dal 29 luglio. Stiamo parlando di The Hater, l’ultima fatica dietro la macchina da presa di Jan Komasa, conosciuto per avere firmato la regia di Corpus Christi che, oltre avere raccolto consensi e riconoscimenti internazionali, ha avuto l’onore di rappresentare la Polonia nella corsa alla statuetta per il miglior film straniero agli Oscar 2020, entrando nell’ambita cinquina. Purtroppo sulla strada che portava al gradino più alto del podio c’era tra gli altri il pigliatutto di Bong Joon-ho, Parasite, che ha interrotto sul più bello il sogno del cineasta polacco. Questo però non gli ha impedito di attirare su di sé le attenzioni degli addetti ai lavori, accrescendo il numero di estimatori del suo modo di fare cinema. Non a caso eccoci qui a un anno di distanza a parlare della sua nuova opera.
Disinformazione e diffamazione sui social sono le armi improprie nelle mani del protagonista di The Hater
Con il suo quarto film di finzione, Komasa cambia traiettorie narrative e drammaurgiche, ma sopratutto le atmosfere e il tono con i quali colora di tinte più scure e malsane la storia di Tomasz Giemza (Maciej Musialowski), un giovane subdolo che nella Polonia dei giorni nostri prova a uscire dall’anonimato e da una condizione economica svantaggiosa facendosi spazio nel mondo intricato e pericoloso della disinformazione e della diffamazione sui social media. Un percorso che alimenterà un odio virtuale destinato a implodere nella rete per poi avere gravissime e tragiche ripercussioni nella vita reale. Una reazione a catena, questa, che travolgerà il protagonista e coloro che via via penetreranno nella sua sfera, a cominciare dai membri della famiglia Krasucka e della primogenita Gabi (Vanessa Aleksander), per la quale nutre una fortissima attrazione e ossessione. Il tutto sullo sfondo di una Varsavia in pieno tumulto, messa a ferro e fuoco da un’ondata di violenza antisemita che porterà all’estreme conseguenze in un epilogo che riporta alla mente atroci delitti di massa.
The Hater: un film che si pone come uno specchio che riflette senza filtri l’escalation di violenza imperante e il cannibalismo sociale
The Hater si presenta dunque come una riflessione a voce alta che tocca più temi di stretta attualità, che l’autore affronta di petto senza particolari timori. Nel mirino di Komasa finiscono la violazione della privacy, l’incitamento all’odio razziale, il nazionalismo, l’uso distorto dei social e la pratica delle fake news. Tanta carne al fuoco che finisce con il dare origine a una ricca grigliata difficile da digerire, poiché offre allo spettatore di turno più di un’opportunità per rivedere nell’operato del protagonista il lato marcio del singolo e della collettività alla quale appartiene. Insomma, si tratta di un film che si pone come uno specchio che riflette senza filtri l’escalation di violenza imperante e il cannibalismo sociale, dei quali Tomasz impersonifica il portatore immune di un “virus” capace di diffondersi rapidamente e drammaticamente dalla rete alla realtà.
L’eccessiva durata da una parte e l’efficace interpretazione di Maciej Musialowski dall’altra sono rispettivamente il punto debole e di forza di The Hater
Da parte sua Komasa non ha paura ad affondare la lama affilata nella ferita ancora aperta e sanguinante, anche se qualche volta il taglio non è sempre preciso e deciso. Nelle due ore e passa di timeline, a nostro avviso eccessive rispetto alle reali esigenze del racconto, la scrittura tergiversa e accumula situazioni accessorie. Ciò che manca a The Hater infatti è una maggiore dote della sintesi, quella che avrebbe sicuramente giovato alla fruizione di un romanzo di deformazione che ha nella progressione e nella trasformazione malefica del personaggio principale il suo efficace baricentro. Un perno su e intorno al quale ruota l’intera operazione, con un contributo alla causa non indifferente dato dall’interpretazione camaleontica del bravissimo Maciej Musialowski, che consigliamo caldamente di tenere sott’occhio.