The Haunting in Connecticut: recensione
Perché alle brave persone accadono cose brutte? Eravamo una famiglia normale come le altre, non volevamo questo, non lo meritavamo…
Quando i Campbell si trasferiscono nel Connecticut, apprendono immediatamente che la loro bella casa vittoriana ha una storia inquietante: non solo in passato era una camera mortuaria dove accaddero incredibili fatti, ma scoprono che il figlio chiaroveggente del proprietario – Jonah – si prestava da messaggero demoniaco, fungendo da “ingresso” al passaggio di spiriti sinistri…ma qualcosa di malvagio abita ancora la casa, una presenza non più in vita ma neanche morta.
The Haunting in Connecticut, pellicola poco conosciuta ai più ma sicuramente familiare agli amanti degli horror, segna il ritorno sul grande schermo di uno dei casi più sinistri e inquietanti a cui hanno preso parte i coniugi Warren.
La regia di Peter Cornwell a tratti è di stampo televisivo, nonostante le inquadrature arricchite dai classici clichè di genere (campo/controcampo e ritorno con creatura) facciano comunque sobbalzare sulla sedia. A tratti sembra di guardare l’ennesimo remake di The Amityville Horror ma la particolarità della pellicola è data principalmente dalla storia narrata e dallo stile utilizzato nel raccontarla. Come scritto in precedenza, sebbene ricordi un prodotto a tratti televisivo, The Haunting in Connecticut funziona proprio per questo motivo e la scelta registica è azzeccata illudendo lo spettatore con qualcosa di già visto ma in realtà molto più oscuro.
Il tutto però è da attribuire anche alla sceneggiatura di Adam Simon e Tim Metcalfe: il film è stato promosso con una campagna che ha sottolineato l’assoluta realtà degli eventi narrati nel film e basati sulla “vera storia” di attività paranormali vissuta dalla famiglia di Carmen Reed nel 1980, ma ha comunque reso il finale ed alcuni eventi più appetibili al grande pubblico per rendere la vicenda più cinematografica. In risposta al film, Lorraine Warren dirà più tardi che la realtà dei fatti è stata “molto, ma molto più spaventosa di qualsiasi film si possa realizzare “, e che il film è stato “molto, molto liberamente ispirato” alle loro indagini sulla casa, appunto. Da quanto emerso durante le interviste, Lorraine Warren avrebbe poi precisato che, “nella camera da letto principale c’era una botola, dove venivano fatte passare le bare, e durante la notte si poteva sentire il suono di un paranco che girava, come se una bara venisse ancora trasportata”. Ma quando Ed si recò a verificare cosa producesse il suono trovò due donne che ballavano in cerchio, e quando si avvicinò verso di loro scomparvero, elementi totalmente assenti nella pellicola ma che risultano ancora più agghiaccianti, così come l’aspetto delle entità, rese nel film molto più commerciali rispetto alla inquietante verità.
La fotografia di Adam Swica è orientata sui toni caldi e sul marrone, colore portante di tutta la pellicola che, in alcuni casi, fa sembrare il tutto vicino ad un viraggio seppia rendendo il film molto vicino ad altri prodotti di genere già visti. Scelta probabilmente effettuata per avvicinare la pellicola ai toni vintage di The Amityville Horror.
La recitazione è molto buona, seppur tutta la vicenda sia incentrata principalmente sul rapporto tra madre e figlia portato in scena da Virginia Madsen e Kyle Gallner: gli eventi che accadono attorno ai due e la malattia del protagonista portata in scena in modo estremamente drammatico fa guadagnare decisamente punti alla pellicola.
Un grande elogio va sicuramente fatto alla scenografia di Alicia Keywan che è riuscita a mettere in scena due mondi totalmente distanti tra loro, una linea netta tra passato e presente, dramma e orrore in tutte le ambientazioni presenti all’interno del film.
Le musiche, seppur d’atmosfera, composte da Robert J. Kral non portano nessuna novità entusiasmante al genere, risuonando nele orecchie degli spettatori come un qualcosa di “già sentito”.
The Haunting in Connecticut è sicuramente un film godibile, nonostante il punto di forza rimanga nella sceneggiatura ispirata ad un fatto realmente accaduto ma, nota dolente, il dovere di avvicinare la pellicola ai blockbuster Hollywoodiani (in particolare nel finale) porta il film nel limbo delle opere senza infamia e senza lode. Da vedere almeno una volta per provare qualche brivido.