The Host (2013): recensione del film di Andrew Niccol
The Host parte da un’idea vincente, non sviluppandola. Film del 2013 tratto dal romanzo L'ospite di Stephenie Meyer con protagonista Saoirse Ronan.
The Host è girato, principalmente, tra la Louisiana e il New Mexico in cui si è cercato, per creare il mondo del futuro, di sfruttare le particolarità della natura come quella delle paludi di Shreveport o il deserto di Shiprock nel New Mexico. Le Anime, giunte sulla terra, hanno scopi pacifici e hanno conservato il meglio del mondo “umano”. Al mondo minimal degli alieni e alle loro città civilizzate si contrappone il povero e umano deserto, inteso come un ambiente primitivo fatto di grotte sotterranee e tunnel. L’ambiente è stato interamente ricostruito, nei minimi dettagli, all’interno del Celtic Studios Baton Rounge dallo scenografo Andy Nicholson e con l’aiuto del direttore della fotografia Roberto Schaefer.
Nel film la Terra è invasa da una razza aliena detta Anime che hanno preso definitivamente possesso dei corpi terrestri. La specie aliena utilizza il corpo umano come un involucro vuoto capace di togliere qualsiasi barlume di personalità. Il mondo si è così trasformato in un luogo pacifico, sano, pulito dal quale è scomparso ogni sorta di malvagità come crimini o malattie; così come anche la quasi totalità degli esseri umani. I pochi sopravvissuti rimasti, i ribelli, vivono nel deserto in una condizione di clandestinità. Fra di loro spicca Melanie (Saoirse Ronan), che viene catturata e resa schiava da un alieno chiamato Cercatrice (Diane Kruger) celebre per essere stato in grado di sottomettere numerose popolazioni nelle galassie. Melanie, resiste e cerca di non perdere la sua identità, sarà il sentimento d’amore per Jared (Max Irons) e per il fratellino Jamie (Chandler Canterbury) che le permetteranno di vincere su tutto.
The Host: il cast del film
Da sempre a suo agio con le tematiche fantascientifiche il regista di Gattaca, Andrew Niccol, dà vita a due personaggi diversi interpretati dalla giovane attrice irlandese Saoirse Ronan (candidata nel 2007 agli Oscar per il suo ruolo in Espiazione, di nuovo nel 2016 per Brooklyn e nel 2018 per Lady Bird), capace di donare contemporaneamente da un lato azione e resistenza a Melanie, dall’altro lato calma e gentilezza a Viandante/Wanda. Per aiutare a distinguere le due personalità dei diversi personaggi, la Ronan ha lavorato sulla modulazione della voce e sul modo di muoversi. Intorno a Melanie e Viandante si muovono i co-protagonisti Jared e Ian, i due giovani di cui sia la veste umana che quella aliena rispettivamente si innamorano. Jared è interpretato da Max Irons protagonista di Cappuccetto rosso sangue e figlio d’arte del più famoso Jeremy, Ian ha invece il volto di Jake Abel, con cui Saoirse Ronan aveva già fatto coppia in Amabili resti.
L’antagonista è il personaggio della Cercatrice, un’anima che rintraccia i corpi umani da far possedere agli alieni, interpretata da Diane Kruger con il suo primo ruolo da cattiva. Tra i sopravvissuti che si nascondono nel deserto provando a non essere catturati dalla Cercatrice, vi sono gli zii di Melanie, interpretati dal premio Oscar William Hurt e da Frances Fisher, nota per il ruolo della madre di Rose in Titanic, e Jamie il fratellino di 11 anni che ha il volto del piccolo attore Chandler Canterbury già visto in Il curioso caso di Benjamin Button.
The Host si allontana dal genere fantascientifico e si rivela un melodramma
Il film del 2013 è tratto dall’omonimo romanzo di Stephenie Meyer e porta con sé tutte le caratteristiche dell’autrice. Il cinema di Andrew Niccol si muove tra i confini della dicotomia fra umano e alieno, con quella volontà di fare un cinema che vuole denunciare ogni tipo di colonialismo sia esso fisico, mentale, materiale o di frontiera, nella ferma volontà o speranza di combatterlo e sconfiggerlo. Il regista sembra ripetere e reiterare tutto quello che aveva messo in atto nella pellicola di In time (2011) lo si vede soprattutto, da un atteggiamento che tende a rimanere in superficie non scavando a fondo e non approfondendo una storia che avrebbe avuto diversi spunti: l’idea sarebbe stata buona se sviluppata sul piano cinematografico.
La superficialità registica si evince, in special modo, nel non essere stato capace di ricreare l’ambientazione che si rivela un universo completamente inesistente a livello registico, non impegnandosi a costruirlo né sul piano ideologico né tanto meno visivo; facendolo così un elemento del tutto vuoto e inutile. Lo spunto degli alieni all’interno del nostro stesso corpo, capace di sostituirsi alla nostra coscienza umana, poteva rivelarsi davvero suggestiva: peccato però che dura “da Natale a Santo Stefano”. Colpevole la decisione dell’utilizzo del voice over di Melanie che non si rivela un espediente vincente in grado di reggere tutta la durata del film, finendo per diventare poco credibile (se non quasi ridicola). The Host, figlio della penna della creatrice della fortuna saga di Twilight, si trasforma così da fantascienza a melodramma in cui il pericolo del triangolo amoroso (in questo caso sarebbe meglio quadrato) è sempre alle porte: due donne in una che amano due uomini. Nel film il tema del doppio non diventa metafora tra passione e ragione o amore e desideri, ma scade in finti pudori con tanto di terzo incomodo che, per privacy, si ritira “nell’altra stanza” della mente.
La storia è abbastanza prevedibile, ma questo non è necessariamente il difetto più evidente, ma piuttosto è quella degenerazione sentimentale che prende il film quando, senza alcun avviso, da un’ipotetica lotta tra ribelli in fuga e alieni, si trasforma piuttosto in un turbinio di coccole e baci. Una ribellione pensata e subito dimenticata, a discapito di protagonisti impegnati in conversazioni sentimentali e smielate, scoprendo un amore fatto dei più banali luoghi comuni. Sebbene The Host sia sorretto dal punto di vista dell’ impianto narrativo non particolarmente originale, la mano registica di Niccol riesce comunque a renderlo un prodotto interessante soprattutto quando si concentra sulle scene d’inseguimento e, grazie a un’alternanza fra campi lunghi e primi piani, ne fanno un film credibile e godibile al grande pubblico; complice anche una discreta fotografia.
The Host è un film che fa scuotere la testa in un fragoroso “No!”, soprattutto a coloro che auspicavano nel vedere un film sugli alieni finiscono, piuttosto, per ritrovarsi in un mondo romantico alla Baci Perugina: cosa direbbe di tutto ciò Darth Vader?