Bif&st 2023 – The Kiss: recensione del film di Bille August

La recensione del period-drama che il regista danese ha tratto dal romanzo Beware of Pity dello scrittore austriaco Stefan Zweig, presentato al Bif&st 2023.

È un cinema classico tanto nell’estetica e nella messa in quadro, quanto nell’approccio narrativo e drammaturgico, quello che il veterano regista danese Bille August continua a portare con orgoglio e ostinazione sul grande schermo, viaggiando in direzione opposta e contraria al vento che soffia sul panorama contemporaneo. Un cinema elegante nei modi e approfondito nei contenuti il suo, che a molti potrebbe risultare ridondante ed eccessivamente retrò per non dire datato, stagnante e incapace di rinnovarsi e modernizzarsi. Poi c’è chi come noi ritiene questa scelta una manifestazione di coerenza da parte di un autore che ha voluto proseguire un discorso personale avviato ormai decenni fa e per farlo ha deciso di servirsi di un approccio classico, rivelatosi sempre in sintonia e funzionale alla storia che di volta in volta raccontata. Eccolo allora avvolgere e alimentare di classicismo questo ennesimo viaggio spazio-temporale in un passato che ama raccontare e al quale rivolge spesso lo sguardo. Ha riavvolto le lancette dell’orologio di recente in Pietro il fortunato e in Pagten, così come per la sua nuova fatica dietro la macchina da presa dal titolo The Kiss (Kysset), proiettata tra le “Anteprime Internazionali” della 14esima edizione del Bif&st, dove vale lo stesso discorso, con August che anche in questa occasione non ha fatto nessun passo indietro, restando fermo sulla sua posizione.

È un cinema classico tanto nell’estetica e nella messa in quadro, quanto nell’approccio narrativo e drammaturgico, quello che Bille August ha portato sul grande schermo con The Kiss

The Kiss cinematographe.it

In The Kiss, adattamento del romanzo Beware of Pity del 1939 dello scrittore austriaco Stefan Zweig (lo stesso autore degli scritti dai quali ha attinto Wes Anderson per il suo The Grand Budapest Hotel), il cineasta scandinavo con il medesimo spirito e modus operandi ha messo la propria firma su un dramma d’epoca ambientato allo scoccare della Prima Guerra Mondiale. Guerra che però resta sullo sfondo di un’opera che ha come baricentro tematico una profonda riflessione sui temi dell’amore e della disabilità. Temi che August affronta con la delicatezza, il tatto, l’onestà intellettuale, il garbo, il rispetto e la sensibilità che da sempre caratterizzano il suo modo di approcciarsi alle storie divenute poi tasselli della sua filmografia. Qui si parte dalle vicende sentimentali che legheranno a doppia mandata un ufficiale dell’esercito danese di nome Anton ed  Edith, la figlia di un barone costretta su una sedia a rotelle a causa di un tragico incidente a cavallo. Il film si focalizza proprio sull’evolversi di questa relazione, analizzando i reali sentimenti di un uomo combattuto e incapace di decidere se ciò che prova nei confronti della donna è amore vero o pietà.

In The Kiss, August affronta temi rilevanti senza timori reverenziali, sudditanza e senza abbandonarsi a uno stucchevole pietismo per pilotare le emozioni

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Un tema davvero ostico, ma che August affronta senza timori reverenziali, sudditanza rispetto al politicamente corretto e soprattutto senza abbandonarsi a uno stucchevole pietismo per pilotare le emozioni, guidato e supportato in questo dalla scrittura della matrice letteraria che vi è alla base. In tal senso, il regista danese ha una fiducia incondizionata nella letteratura e tutte le volte che vi ha attinto ha fatto molto affidamento sul romanzo che ha deciso di trasporre, basti pensare al pluripremiato Pelle alla conquista del mondo (basato sul primo dei quattro volumi del saga omonima di Martin Andersen Nexø) o La casa degli spiriti (da Isabel Allende), passando per Il senso di Smilla per la neve (da Peter Høeg) e Treno di notte per Lisbona (da Pascal Mercier). In The Kiss l’apporto di Zweig è fondamentale, poiché rappresenta delle fondamenta solide sulle quali August ha potuto contare per costruire l’architettura del film. Il fatto che della parte più complicata e scivolosa dell’operazione, ossia come maneggiare un tema dal peso specifico così rilevante, se ne sia occupato a suo tempo con carta e penna l’autore del libro, ha facilitato e non poco il lavoro di August. Così facendo quest’ultimo ha potuto muoversi con più disinvoltura tra le maglie di una tela narrativa altrimenti fragilissima da cucire, animata da un tema come il “peso” della disabilità nelle relazioni affettive. E pensare che lo scrittore austriaco lo ha trattato nel lontano 1939, dove il modo di pensare e agire, alla pari dell’apertura mentale delle persone dell’epoca non era di certo quella di oggi.

Per The Kiss il contributo degli interpreti chiamati in causa per vestire i panni delle tre figure chiave del racconto è stato fondamentale

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Trovato l’equilibrio tra forma e contenuto, senza che l’uno fagociti l’altro e che il secondo monopolizzi il discorso, al netto di qualche digressione di troppo nel racconto che lo rendono in certi passaggi ridondante, August ha potuto concentrarsi sullo sviluppo dei singoli personaggi e sulle loro interazioni, che a conti fatti sono le arterie che pompano sangue al cuore dell’opera. Ecco perché il contributo degli interpreti chiamati in causa per vestire i panni delle tre figure chiave del racconto era fondamentale. Dal canto loro Lars Mikkelsen (Barone Løvenskjold), Clara Rosager (Edith) ed Esben Smed (Anton) hanno risposto presente, donando al film con le rispettive performance la giusta misura e intensità.

The Kiss: conclusione e valutazione

Un cinema classico tanto nell’estetica e nella messa in quadro, quanto nell’approccio narrativo e drammaturgico, quello che il veterano regista danese Bille August ha voluto mettere a disposizione di un elegante period-drama molto curato nella ricostruzione storica. Suono, scenografie, costumi e fotografia immergono lo spettatore nelle atmosfere dell’epoca, in quei momenti cruciali che scandiscono lo scoppio della Prima Guerra Mondiale  L’opera, trasposizione di un romanzo del 1939, ha potuto contare su basi narrative solide che hanno alleggerito il carico di lavoro sui contenuti e sulle tematiche rilevanti al centro del racconto. Qualche digressione di troppo rende la timeline ridondante, ma lo sviluppo dei personaggi e le loro interazioni, uniti alle intense interpretazioni degli attori coinvolti, consentono al risultato finale di fare suonare le corde del cuore dello spettatore.    

 

Regia - 4
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Recitazione - 4.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.9