The Legend of Tarzan: recensione del film di David Yates
The Legend of Tarzan porta in scena uno dei personaggi dei film d’animazione più amati e cerca di creare un messaggio che vada oltre la storia che tutti noi conosciamo. Il film diretto da David Yates (Harry Potter) si pone come obiettivo quello di partire dal personaggio del film d’animazione del 1999 e divulgare attraverso di lui dei chiari messaggi contro lo sfruttamento degli esseri umani e a favore dell’ambiente e delle popolazione indigene del Congo. L’intento è nobile, ma la resa scenica non è delle migliori.
Andiamo con ordine: Tarzan, da selvaggio cresciuto nella foresta, è diventato un lord, John Clayton III; viene convocato dal Primo Ministro Inglese per ritornare in Congo in veste di emissario al commercio del Parlamento. Quello che Tarzan non sa è il complotto che si cela dietro questa decisione di riportarlo nella sua terra d’origine, gli amari scambi di favori, lo sfruttamento e la volontà di impadronirsi dei diamanti del Congo per poter pagare i debiti di Stato.
Le reazioni di Tarzan (Alexander Skarsgard) e di Jane (Margot Robbie) all’imminente viaggio che li attende sono diverse: se la donna è entusiasta di poter ritornare nella terra in cui ha vissuto per molti anni, ha fatto amicizie importanti per la sua crescita e ha imparato a vivere a contatto con la natura, Tarzan è di parere opposto. Sono passati più di 8 anni e il senso di appartenenza del nuovo Lord è messo a dura prova. Non si considera più un uomo della giunga, e questo è chiaro già dalle parole pronunciate durante l’assemblea che apre il film “Io non sono Tarzan, sono John Clayton III”. Sarà George Washington Williams (Samuel L. Jackson) a convincere John ad accettare la proposta, per rendersi conto con i propri occhi della mancanza di umanità dei colonizzatori inglesi e belga nel Congo.
The Legend of Tarzan: nonostante i buoni propositi, il film non riesce a decollare
L’idea di inserire un personaggio storico, ovvero George Washington Williams, carica il film di un realismo importante. Ed è proprio qui che David Yates gioca con un’arma a doppio taglio: è sicuramente nobile l’idea di inserire all’interno di The Legend of Tarzan un personaggio iconico, colui che dopo aver invaso il Nuovo Continente e sterminato gli Indiani d’America fa un passo indietro e, divorato dal senso di colpa, torna in Messico per combattere per la sua Rivoluzione. Però, se si fa una scelta del genere, non si può pensare di far finire il film con un classico e fiabesco “Vissero tutti felici e contenti”. Soprattutto perché si andrebbe incontro ad un falso storico, visto lo sfruttamento delle miniere del Congo e la tratta degli schiavi che, purtroppo, non si è potuta appoggiare su un forte e muscoloso Tarzan.
Parlando di Tarzan, quello che emerge è il tentativo di creare un supereroe, un uomo che non solo sfrutta la propria conoscenza della natura, degli animali e del territorio per la sua giusta causa, ma presenta un fisico muscoloso e delle doti fuori da ogni umana concezione. Si capisce la lotta al box office con le Tartarughe Ninja, ma delle qualità più umane avrebbero reso il personaggio più sincero e reale. In questo modo, invece, risulta non tanto diverso dai gorilla computerizzati.
The Legend of Tarzan è un film che parte da buoni propositi, si propone come un vero e proprio sequel, ricreando la magia del film d’animazione attraverso flashback in cui si raccontano parti di storia che tutti noi conosciamo, ma non riesce a fare la differenza. Il film sarà al cinema a partire da giovedì 14 luglio in 2D e in 3D distribuito da Warner Bros. Pictures.